Li hanno emarginati, considerati elementi difficili per le classi, ma gli alunni stranieri iniziano a prendersi la loro rivincita quando si tratta di ragazzi nati in Italia, la cosiddetta seconda generazione. Secondo i dati raccolti dal Miur con la fondazione Ismu le loro performance si avvicinano a quelle degli italiani (in particolare nelle prove di lingua straniera) e sono nettamente migliori di quelle dei loro compagni nati all’estero.
In alcune regioni le differenze tra gli italiani e gli studenti di seconda generazione tendono addirittura ad invertirsi: gli stranieri nati in Italia fin dalla scuola primaria stanno diventando più bravi. E si presentano sempre più in anticipo sui banchi. Quasi cinque alunni su cento (il 4,8%) iniziano la scuola primaria a cinque anni, un dato in aumento e in linea con la tendenza all’anticipo di tutti gli studenti.
Ci sono poi alcune situazioni che hanno stupito gli analisti e che fanno pensare che il processo di rivincita è solo agli inizi. Durante le prove Invalsi in quinta elementare in Campania gli stranieri nati in Italia battono gli italiani di 24 punti in italiano e 8 punti in matematica. Risultati meno eclatanti – ma comunque a favore degli alunni stranieri nati in Italia – in Toscana, Calabria, Sicilia e Sardegna
Durante le prove Invalsi alle medie gli apprendimenti sono allo stesso livello tra italiani e stranieri soprattutto in matematica. E il fenomeno non è limitato ad alcune zone d’Italia: accade in Friuli, in Abruzzo, in Toscana, Calabria e Sicilia
Se, invece, si considerano i risultati raggiunti durante gli esami di Stato terza media e maturità) in matematica brillano i cinesi superando la votazione media degli italiani 7,6 contro 7,5.
Anche nella distribuzione dei voti della maturità le differenze sono abbastanza contenute: più o meno omogenei in quasi tutti i tipi di indirizzo, ad eccezione dei licei dove il 7,4% degli alunni con cittadinanza non italiana esce con un voto superiore al 90/100, contro il 13,7% degli italiani. Sono in crescita anche gli stranieri che, dopo aver preso il diploma in Italia, scelgono di proseguire gli studi all’Università: nell’anno scolastico hanno toccato una punta del 3,1%. Sono, ed è un dato di solito poco conosciuto, la maggioranza degli immatricolati con cittadinanza non italiana presenti nelle facoltà italiane.
La Stampa 20.03.14