Come al solito, ha spiazzato più o meno tutti: una manovra «di sinistra» mentre i più, non fidandosi delle anticipazioni, pronosticavano provvedimenti con un segno – lo diciamo così per semplificare – «di destra». Non solo. Una conferenza stampa come non se ne erano mai viste a Palazzo Chigi, pirotecnica, informale, leggera, con foto e disegnini che gli scorrevano alle spalle, ma con un annuncio «pesante», di quelli – appunto – mai sentiti in una conferenza stampa di un premier: se il bicameralismo perfetto non sarà superato – ha infatti annunciato Matteo Renzi – considererò conclusa la mia esperienza politica.
Per il presidente del Consiglio – e non solo per lui – questo 12 marzo è una data da cerchiare in rosso. E non solo perché dopo anni di promesse – e a dispetto e nonostante le fortissime tensioni che l’hanno accompagnato nell’aula di Montecitorio – è arrivato il primo sì alla riforma della legge elettorale; ma soprattutto per l’effetto spiazzante determinato dalle misure economiche annunciate. Il rimescolamento di carte, infatti, è stato totale e sorprendente: come a dire che, di fronte alle prime vere decisioni del premier, molti hanno avvertito la necessità (che sia tattica o genuina poco importa) di rivedere giudizi e posizioni.
La prova, in fondo, l’hanno fornita con i loro primi commenti proprio quanti erano (sono) considerati i maggiori critici – se non proprio avversari – del neo-premier. Due nomi su tutti, per intendersi: Susanna Camusso, già protagonista di espliciti conflitti con Renzi, e Stefano Fassina, che in polemica col suo segretario lasciò addirittura la poltrona di viceministro nel governo Letta. Per la leader della Cgil «oggi si può cominciare a festeggiare» e il premier merita «dieci e lode sul piano della comunicazione»; per l’ex viceministro (e oppositore interno di Renzi) «le misure annunciate vanno nella giusta direzione… Finalmente si allenta la morsa dell’austerità».
Si tratta di novità non da poco, di un possibile cambio di clima, tutto da verificare – naturalmente – una volta che saranno noti dettagli e coperture delle misure annunciate. Eppure novità – quelle che sembrano maturare nel «mondo politico» – che non sapremmo dire quanto siano importanti per un premier che sembra continuare ad avere come bussola non il rapporto con i partiti della maggioranza, con i gruppi parlamentari (e perfino con le forze sociali) quanto il suo filo diretto con chi è a casa e lo ascolta via tv o radio, piuttosto che in streaming.
Di questo particolarissimo aspetto si era già avuta netta sensazione durante il teso faccia a faccia con Beppe Grillo (via streaming…) e ancor di più nell’ormai famoso «discorso con le mani in tasca» svolto al Senato in occasione del voto di fiducia. Ieri, tutto ciò è emerso con ancora maggior chiarezza per il linguaggio usato (la polemica con i «gufi»), per gli esempi utilizzati («un libro o una pizza in più» per chi godrà degli aumenti in busta paga) per i toni amichevoli, confidenziali e tutt’altro che ufficiali con i quali ha condotto la conferenza stampa di ieri.
Si era detto e scritto dell’arrivo di un alieno a Palazzo Chigi. Ieri è arrivata una nuova conferma e, naturalmente, le battute e i sorrisini si sono sprecati. Su Matteo Renzi è piovuto di tutto: un imbonitore, una televendita, piuttosto che un premier, una specie di mago Silvan… Ironie. Che in molti casi, forse, sono servite a coprire una qualche crescente preoccupazione. Tornando a casa, infatti, molti di questi «critici seriosi» si saranno forse posti (riposti) delle domande…
A cominciare da quella che oggi appare la principale: perché sono Berlusconi, Grillo e Renzi (in ordine alfabetico) i leader più popolari e votati dagli italiani? Forse perché avendo lungamente sperimentato – e con i risultati noti – tecnici, professori e professionisti della politica, la maggioranza degli italiani è davvero convinta che occorra «cambiare verso». Se fosse così, ci sarebbe poco da ridere e molto da riflettere, intorno a un Paese che ha già dimostrato evidenti propensioni verso i profili forti e i ventennii… Debolezze – a giudizio di chi scrive – che non si sanano con le ironie ma con la serietà, la coerenza e le necessarie autocritiche.
La Stampa 13.03.14