Una distanza siderale tra le tante promesse fatte davanti alle telecamere e la realtà. Ieri a L’Aquila, il leader del Pd Franceschini accusa il governo che pretende il pagamento delle tasse e non finanzia la ricostruzione
Eccolo Massimo Cialente, pronto, assieme agli altri sindaci dei comuni terremotati, a riconsegnare la fascia tricolore in segno di protesta. Il primo cittadinosiede al fianco di Franceschini dentro la tenda bianca del Pd istallata al fianco del camper delle Poste. Il segretario del Pd torna all’Aquila per farsi carico delle delusioni e delle richieste di amministratori e cittadini. Visite in sordina quelle compiute da Franceschini all’indomani del sisma, quando la processione di telecamere dietro altri leader politici suonava irrispettosa e tradiva il buon gusto. Oggi, però, non si può rimanere in silenzio e annebbiare «le distinzioni tra maggioranza e opposizione» indispensabili all’indomani della catastrofe. Adesso è il tempo della denuncia, perché c’è una distanza siderale tra «quello che si racconta e ciò che avviene realmente». Tra la propaganda berlusconiana sulla ricostruzione e le tendopoli bersagliate dall’afa, mentre l’autunno incombe «visto che qui i riscaldamenti si accendono già a metà settembre».
Impegni da mantenere
Il leader Pd incontra Bertolaso, poi parla con giornalisti. «Una parte del nostro compito è controllare che gli impegni vengano mantenuti quando si spengono i riflettori – esordisce Franceschini – Abbiamo avuto un atteggiamento costruttivo e di massima collaborazione», ma nel decreto anticrisi il governo tradisce le promesse. «C’era la richiesta di una zona franca dalle tasse per le i comuni colpiti dal sisma – ricorda il leader Pd, accompagnato dai parlamentari Lusi e Lolli e dal segretario abruzzese Michele Fina – Terremotati di altre regioni hanno avuto la possibilità di pagare il 40% delle imposte dopo 12 anni e hanno avuto 18 mesi di esenzione». All’Aquila, invece, «una norma approvata con la fiducia, in Parlamento, impone di ricominciare a pagare le tasse dovute e gli arretrati dal primo gennaio, con il rientro in 24 mesi del 100%». Questo, mentre la situazione è drammatica. Con «persone che non hanno più lavoro, imprese che non possono riaprire» e che, invece, sono costrette ad autofinaziarsi la ricostruzione, «pagando le tasse con soldi che non hanno». Anche la «new town», più volte magnificata dal presidente del Consiglio, verrà pagata «totalmente» dagli aquilani. E il Dpef stanzia una cifra del tutto insufficiente per la ricostruzione delle abitazioni private: 3 miliardi e 200 milioni.
Modificare il decreto anticrisi, quindi: il Pd «è pronto» anche da subito. Si spera che vengano consegnati i 3500 appartamenti nei tempi stabiliti, ma resta intatto «il problema di altre 30mila persone che rimarranno nelle tende o negli alberghi». Agire subito, allora, perché «le promesse fatte davanti le telecamere non si possono tradire in Parlamento».
da L’Unità
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