Giugno 2011-maggio 2012. In questo arco di tempo Davide Vannoni e Stamina Foundation riescono a mettere piede negli Spedali Civili di Brescia. Nonostante a Torino fosse già stata avviata un’inchiesta per associazione a delinquere, truffa, somministrazione di farmaci pericolosi per la salute pubblica. Di nessun interesse per chi a Brescia doveva decidere. E così passò un trattamento non brevettato, con il sì del Comitato etico che dal giugno 2011 al maggio 2012 si è occupato dei primi 12 pazienti (4 dei quali legati all’ospedale, tra cui un «potente» dirigente regionale)da ammettere alle cure compassionevoli con il «metodo Stamina». Dopo c’è stato il blocco dell’Agenzia del farmaco (Aifa) e altri 22 pazienti trattati per ordine di giudici del lavoro. Francesco De Ferrari, docente di medicina legale, era presidente di quel Comitato etico. Ieri è stato messo sotto torchio in Commissione sanità del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul caso Stamina. Un’ora e mezza all’angolo, tante domande e tant’altre a cui risponderà per iscritto. Un’ora è mezza difficile. Un’ora e mezza di tensione palpabile per Carmen Terraroli (un congiunto è tra i curati), responsabile della segreteria scientifica dello stesso Comitato etico, il dirigente medico che istruiva i dossier dei pazienti da sottoporre alle infusioni Stamina, mansione che gli è costata, nella primavera 2012, con altri colleghi dei Civili, l’iscrizione nel registro degli indagati della procura di Torino che indaga su Vannoni e la contestata terapia.
Tornando in Commissione sanità del Senato, è emersa una certa pressione da parte dell’azienda ospedaliera perché il Comitato etico accordasse il sì (ma non dovrebbe essere del tutto indipendente?). E’ emerso un nulla osta da parte di un funzionario dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che in realtà non sarebbe mai stato concesso. E’ emersa l’assoluta ignoranza sul metodo proposto da Vannoni (e il consenso informato ai pazienti su che cosa si è basato?). «Dall’azienda ospedaliera ci venne detto che la Stamina era un’organizzazione che aveva sviluppato e brevettato la metodica negli ultimi 5 anni (dal 2006?). Ci siamo fidati della documentazione», dice ai commissari De Ferrari. Ma come? Si crede a un brevetto mai concesso senza chiedere un documento? E di quale documentazione si tratta visto che Stamina non ha mai reso noto nulla?
Il senatore Volpi chiede di eventuali pressioni da parte dell’azienda sul comitato, De Ferrari risponde: «Ciò non è nelle parole, ma nei fatti». Come dire : «Anche se dicevamo no, ci avrebbero imposto un sì». Di ciò dovrà rispondere anche in Regione Lombardia il 26 febbraio.
Altri quesiti. Possono biologi non iscritti all’ordine (come quelli di Stamina) lavorare nel laboratorio di un ospedale pubblico? Possono medici dipendenti del servizio sanitario somministrare farmaci senza conoscerne il contenuto? E se accade qualcosa a un paziente che ha sottoscritto un consenso informato incompleto (non conoscendo nessuno il metodo) chi risarcirà i danni? Stamina, gli Spedali Civili di Brescia, i medici implicati? E attenzione che i danni possono comparire anche dopo anni. L’audizione termina senza convincere i senatori: «Atteggiamento poco chiaro».
De Ferrari non ha convinto nel ricostruire le tappe del rapporto tra il Comitato etico, l’azienda ospedaliera Spedali Civili sul metodo Stamina approdato a Brescia il 9 giugno del 2011, quando con una delibera l’azienda mise le basi per una collaborazione con la Fondazione di Vannoni. La Terraroli chiese a Carlo Tomino dell’Aifa un parere su come procedere con le terapie come cure compassionevoli. Il 27 giugno Tomino rispose che potevano essere fatte solo se le cellule venivano lavorate in laboratori Gmp (Good manufacturing practices ). Dice De Ferrari: «Dopo questa risposta il nostro primo parere, il 5 luglio, fu contrario all’inizio della terapie». Perché un laboratorio Gmp a Brescia non c’era (e non c’è tutt’ora). L’azienda allora chiese a Tomino di esprimersi nuovamente dietro una serie di garanzie, compresa quella che il laboratorio era certificato, il dirigente Aifa rispose che «non vi erano elementi ostativi» e il Comitato etico diede il parere favorevole. Il 5 settembre i primi due pazienti, poi altri 10. Fino al maggio 2012, quando l’Aifa impose lo stop al metodo. Tomino aveva chiesto documenti che l’Aifa non ha mai ricevuto.
Il Corriere della Sera 19.02.14