attualità, politica italiana

"Giù i redditi Famiglie con l’incubo povertà", di Carlo Buttaroni

Hanno disceso la scala sociale ritrovandosi sulla soglia della povertà. Dall’inizio della crisi, anno dopo anno, i redditi sono diminuiti. -3,5% rispetto al 2008, prima che l’onda d’urto si abbattesse sul nostro Paese. Sono povere le famiglie italiane: solo il 3% può dirsi al sicuro, contro un 47% che vive in condizione di vulnerabilità e un 50% che fa i conti con periodiche difficoltà finanziarie. In termini reali, tra aumento della tassazione e dinamica dei prezzi, nel loro portafoglio mancano quasi 3mila euro. Per la spesa, per curarsi, per investire sul futuro dei figli. Dopo oltre mezzo secolo, persino lo spettro della povertà alimentare ha ripreso ad aggirarsi nel nostro principale aggregato economico e sociale.

Un aggregato composto da 25,3 milioni di famiglie, la grande maggioranza delle quali è costretta a fare i conti con una quotidianità incombente e un futuro minaccioso. Stringere la cinghia è l’istruzione principale del kit di sopravvivenza di cui gli italiani si sono dovuti do- tare. Per 8 famiglie su 10, la strategia di contenimento della spesa si è tradotta in una riduzione della quantità dei generi da mettere nel carrello o nell’acquisto di prodotti di qualità inferiore, fino a consumare addirittura prodotti scaduti.

CAMBIANO LE ABITUDINI

Nel 2012 la spesa media delle famiglie è diminuita del 2,8% rispetto all’anno precedente, in linea con un calo dei redditi del 2,1%. Un nuovo palinsesto della quotidianità che si traduce nell’affannosa ricerca della quadratura del bilancio familiare e in un cambio profondo delle abitudini d’acquisto: sono aumentate le famiglie che scelgono i discount a scapito dei negozi tradizionali.

È diminuita la parte di spesa destinata all’acquisto di arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa, quelle per cinema, teatro, giornali, libri e giocattoli, e anche quella destinata alla cura della salute. In soli due anni è aumentata di quasi dieci punti la percentuale di quanti non possono permettersi un pasto proteico al giorno e non possono riscaldare adeguatamente l’abitazione. Le strategie di contenimento della spesa vedono coinvolte sia le famiglie del nord che quelle del mezzogiorno, con le prime cresciute addirittura più delle seconde.

Nonostante le famiglie (sul fronte dei consumi) e le piccole e medie imprese (sul fronte della produzione) siano i principali attori economici del nostro Paese, per entrambi il prezzo della crisi è stato durissimo, con dinamiche profondamente connesse tra loro. La stragrande maggioranza delle PMI italiane, infatti, produce per il mercato interno e per il quale vale la regola che la spesa di alcuni è il reddito di altri. La crisi e le politiche «lacrime e sangue» hanno prodotto un avvitamento nel nostro sistema economico: giù i consumi e giù la produzione, licenziamenti e cassa integrazione con ulteriore riduzione dei redditi. Una spirale che ha fatto precipitare la fiducia nel futuro.

CASO UNICO

Nel momento più acuto della crisi, in Italia è successo l’opposto di quello che è accaduto nel- le altre grandi economie. Il Pil e i redditi delle famiglie sono diminuiti, rispettivamente, più del 5% e 3%. Nella maggior parte degli altri paesi avanzati, invece, nonostante la contrazione del prodotto interno lordo, il reddito delle famiglie è cresciuto. È stato così in Francia (Pil -3% e redditi familiari +2%), in
Germania e negli Stati Uniti (Pil -4% e redditi delle famiglie +0,5%). Anche nel 2012, il reddito delle famiglie è diminuito (-2,1%), mentre è cresciuto nel Regno Unito (+5%), in Germania (+2%) e Francia (+1%). Un andamento che, in Italia, si riflette nella progressiva contrazione dei consumi, quando persino la corazzata tedesca, contrariamente a quanto si crede, è riuscita ad attraversare la tempesta grazie soprattutto alla tenuta della domanda interna, piuttosto che per i risultati dell’export.

L’onda destrutturante della crisi economica ha impattato sulle fragili paratie delle famiglie italiane, già deboli per il deficit storico delle nostre infrastrutture sociali. Se i dati evidenziano la crescita delle famiglie che non dispongono più di una dotazione sufficiente a coprire i consumi di base, anche sul fronte delle politiche sociali le famiglie italiane stanno peggio rispetto a quelle delle altre economie avanzate europee, dovendosi far carico direttamente della disoccupazione dei figli, della cura dei nipoti e dell’assistenza agli anziani. E con la crisi è successo di più: la famiglia è diventata, al tempo stesso, l’ultima frontiera della tenuta sociale, stante il deficit dei sistemi di protezione. Un cortocircuito che si riflette in nuclei dove i giovani sono sempre più dipendenti dalla famiglia di origine, impossibilitati a passare dalla condizione di figli a quella di genitori, e dove il contributo della pensione dei nonni è condizione necessaria ma spesso non più sufficiente.

ASSENZA DI POLITICHE

Ma le difficoltà in cui versano le famiglie italiane non sono solo il precipitato della crisi economica, bensì hanno origine anche nell’assenza di politiche che ne tutelino il ruolo e ne sostengano le funzioni. Un ritardo accentuato dagli interventi di riequilibrio della finanza pubblica che hanno trasferito, proprio sulle famiglie, il maggior peso di quel sistema di welfare informale che ha storicamente caratterizzato il nostro Paese.

La progettualità, la sostenibilità e il futuro delle famiglie è sempre più condizionato da fattori che, accentuando la fragilità dei nuclei e favorendo il diffondersi di un clima di pessimismo e di sfidu- cia, hanno pesanti ripercussioni sulla quotidianità del «vivere familiare».
Per questo, è quanto mai urgente tornare a riconoscere la centralità economica e sociale della famiglia, come nucleo fondamentale del nostro ecosistema e luogo entro il quale si compone una grande varietà di potenzialità e di bisogni, vecchi e nuovi, che hanno bisogno di trovare risposte in termini di policy e non solo di buoni propositi. Far tornare la famiglia al centro delle politiche economiche può rappresentare il nostro «ritorno al futuro». Perché la crisi non è finita. Non ancora, non qui. Sebbene i dati sembrino annunciare il contrario, le famiglie sanno bene che ancora molta strada deve essere fatta per rivedere la luce e cambiare il piano inclinato che, senza interventi incisivi, sembra condurre a una lenta agonia.

L’Unità 17.02.14