In Italia non scarseggiano gli idioti che esorcizzano le proprie frustrazioni ricorrendo alla violenza verbale – e spesso anche a quella fisica – contro le donne. A nostre spese, noi donne lo sappiamo bene. Ma che un leader politico non solo si comporti così, ma incentivi pubblicamente gli uomini a comportarsi così, questo è una novità. La domanda che la scorsa settimana Grillo dal suo blog ha rivolto ai suoi follower a proposito di Laura Boldrini, offrendo loro per giunta la possibilità dell’anonimato di rete, è ributtante: ripropone l’immagine della donna-preda, della donna-cosa, ma contemporaneamente ha fatto riemergere il tipo dell’uomo viscerale perverso (non voglio definirlo né bestiale, né primordiale, né selvaggio per il sommo rispetto che bestie, esseri umani preistorici e i cosiddetti selvaggi meritano) per il quale il sesso si identifica con il possesso violento. Dopo lo sdoganamento della prostituzione, abbiamo dovuto assistere anche allo sdoganamento dello stupro. Perché su questo punto Laura Boldrini ha ragione: di incitamento allo stupro si tratta.
Per quel che riguarda noi donne, è l’ennesima delusione, ma non una sorpresa. Non da oggi ci tocca fare i conti con il machismo italico (che tale è, anche quando si manifesta in forme solo apparentemente meno violente). Ma, insisto, quando il machismo è praticato o anche solo predicato da chi, per il ruolo che occupa, è inevitabilmente un modello culturale, la questione si allarga: non è più solo violenza sulle donne.
Penso che l’episodio di cui sto parlando sia particolarmente doloroso e pericoloso per i giovani, per le ragazze e i ragazzi che hanno provato a «crederci». Come sappiamo, tanto l’elettorato di Grillo quanto la rappresentanza parlamentare da esso espressa, è composta prevalentemente da persone giovani. A cui va riconosciuto, se si ha il coraggio di farlo, di aver espresso una domanda di rinnovamento, di onestà mentale e morale, di coerenza, di rispetto per la Costituzione, le leggi e le regole. Domanda espressa da un fiume di voti politici che, del tutto inaspettato com’era, lasciò stupiti politici e commentatori. Stupiti o spaventati?
Oggi la questione vera non è, a mio avviso, il destino di Grillo e del suo sodale: la questione vera la pongono i giovani che l’hanno votato. Pessimista come sono, per loro vedo ripetersi un copione che già operò negli anni 70 del secolo scorso e i cui danni sono ancora visibili: di fronte a una domanda giovanile di cambiamento e di innovazione, di fronte a una creatività e a un entusiasmo diffusi che, intemperanti e massimalisti com’erano nelle loro richieste, avrebbero potuto far saltare l’apparato burocratico-politico conservatore, quelli che allora si chiamavano i partiti dell’arco costituzionale si dimostrarono del tutto incapaci di esercitare una qualche forma di egemonia. Cooptarono i più ambiziosi e si impegnarono energicamente nella criminalizzazione dei più intransigenti. Che ovviamente si criminalizzarono, confermando così l’affermazione che erano stati sempre e solo dei criminali. Tutti gli altri, abbandonati a se stessi, si sono lentamente ma sicuramente depoliticizzati.
A distanza di oltre quarant’anni, il copione sembra ripetersi con mutamenti più tragici che farseschi. I giovani sembrano aver perso la capacità di esprimere in proprio sia dei leader che dei progetti politici. È stato un adulto a egemonizzare e organizzare il loro disagio, con il rischio, ovviamente, di strumentalizzarlo. Per contro, oggi i giovani non si trovano di fronte dei conservatori, magari anche ottusi ma comunque impegnati a difendere valori comprensibili anche se non condivisi; si trovano di fronte un ceto politico che, quand’anche alcuni individui che lo compongono non siano corrotti, è diventato comunque incapace di agire con lealtà. Era una furbata, era un trucchetto da pochi (!) soldi anche quella che ha innescato gli episodi che sto discutendo. Era il solito decreto omnibus al riparo da eventuali modifiche in aula grazie al ricatto incorporato: se non fate passare il provvedimento sulla Banca d’Italia, diventerete quelli che obbligano gli italiani a pagare l’Imu.
Certo, le reazioni dei deputati Cinque Stelle sono state esagitate. Maleducate. Eccessive. Ma in quella stessa aula si sono già visti nodi scorsoi, bandiere sventolate per usi indicibili, fette di mortadella e quant’altro: tutte iniziative di “onorevoli” che abbiamo visto poi far parte del governo della Repubblica, senza che nessuno avesse preteso almeno le loro scuse; e nel disporre la nuova legge elettorale, ci si preoccupa di garantir loro la possibilità di una nuova partecipazione ai futuri governi. Otto milioni di voti sono sufficienti per giustificare la convocazione in casa propria di un condannato per truffa (per tacere del resto) e verificare che esiste con lui una profonda intesa. Perché altri otto milioni e passa di voti non bastano per ottenere attenzione e ascolto? Perché sia riconosciuto il diritto a una partecipazione paritaria e trasparente al lavoro istituzionale, senza pretendere in cambio compromissioni, rinunce e scambi? Terribile è l’ira dei giovani onesti. Ma una volta di più la sola risposta di cui si è capaci è la criminalizzazione. Con zelo sospetto anche da parte del Pd. Eppure la posta in gioco è alta, anche questa volta. Non si tratta affatto di «salvare » Grillo o di «accordarsi» con lui. Ci mancherebbe. Si tratta però di sottrarre alcuni milioni di giovani alla sua influenza costruendo, come diceva Gramsci, un’altra egemonia.
L’Unità 10.02.14