Il referendum di revisione costituzionale che ha vinto ieri in Svizzera mira a limitare l’immigrazione in generale, ma impatterà in specie su quella dei cittadini dell’Ue.
Infatti, non si limita a introdurre la possibilità di programmare i flussi migratori imponendo tetti massimi, ma prevede pure la revisione degli accordi internazionali in contrasto con questa politica: di fatto, quelli con l’Unione Europa, rispetto ai quali vigeva una politica di libera circolazione. Il referendum promosso dal partito di destra Udc ha visto avversi il governo federale e il mondo imprenditoriale.
Il copione classico si ripete: le imprese sono favorevoli all’immigrazione, così come lo sono i governi più ragionevoli, ma una ampia parte della popolazione, non solo in Svizzera, vede l’immigrazione come una minaccia e una somma di problemi. La vittoria non è quindi, nonostante i sondaggi che l’hanno preceduta, una grande sorpresa. Semmai dovrebbe positivamente sorprendere il fatto che si tratta di una vittoria di stretta misura (50,3%). Anche in Paesi membri dell’Unione, in tempi recenti, non sono mancate minacce di restrizione alla libera circolazione: Cameron in Gran Bretagna e la Csu in Germania hanno avanzato con insistenza la proposta di escludere bulgari e romeni, e anche lì ad opporsi sono stati soprattutto gli imprenditori. Ma anche lì, come in Svizzera, sono i lavoratori nazionali a temere la concorrenza al ribasso da parte degli stranieri. E i cittadini in generale non hanno solo paure economiche: conta pure la paura di essere spodestati, di non ritrovare più il proprio panorama urbano, le proprie consuetudini di vita.
Per accrescere queste paure i partiti xenofobi sono pronti a esagerare. Anche in questa campagna svizzera sono ricomparse le immagini di donne musulmane ricoperte dalla testa ai piedi, insieme con fantasiose proiezioni demografiche sul numero di musulmani pronti a islamizzare la Svizzera del futuro prossimo. Le fantasie demografiche usate in campagna elettorale hanno riguardato più in generale gli stranieri, che secondo questi poco attendibili scenari, potrebbero uguagliare gli abitanti svizzeri entro il 2060. Di fatto, anche a causa della crisi economica che non ha risparmiato la Confederazione, il saldo migratorio è sceso nettamente dal 2008 al 2013. Ma la presenza di stranieri in Svizzera è decisamente alta ed è cresciuta anche nel nuovo millennio. Secondo i dati più recenti si tratta del 23,3% della popolazione, nel 2001 si era al 19,9%: perché, se gli ingressi rallentano, non vuol dire che si fermino e i tassi di fertilità degli stranieri sono comunque più alti (1,8) di quelli dei nazionali (1,2).
Tutto sommato, al di là delle esagerazioni dei promotori del referendum, non si può negare che la percentuale di stranieri in Svizzera sia decisamente alta: in Italia si mugugna per un dato che si colloca a meno di un terzo del loro. Va osservato, peraltro, che quando di tratta di opportunità e di diritti degli stranieri, il referendum è un’arma poco leale, perché a tenerla in mano sono soltanto gli altri, i cittadini. Infatti in Svizzera ben tre referendum hanno respinto tutte le proposte di facilitare l’acquisizione della cittadinanza per i minori nati nella confederazione. In generale, il referendum funziona poco quando si tratta di promuovere o tutelare i diritti delle minoranze. Ma di quali minoranze stiamo parlando per questo specifico referendum? Vale la pena di osservare che negli ultimi anni a incrementare le presenze straniere in Svizzera non sono stati gli ingressi di immigrati che si potrebbero considerare culturalmente distanti, alieni.
Secondo dati del 2013 sono infatti altri europei a costituire i due terzi della popolazione straniera, con un peso preponderante anche nei flussi, che hanno visto in testa tedeschi e sud-europei, questi ultimi in netta crescita anche a causa della crisi. Insomma, anche in questo referendum si è brandita la retorica della lotta alla islamizzazione e del rischio di perdita dell’identità culturale, ma sul piano della concorrenza economica lo sguardo degli elettori si è probabilmente posato molto più vicino. Qual è infatti la prima minoranza nazionale oggi residente in Svizzera? Siamo noi, gli italiani. E si noti che la nuova normativa costituzionale approvata con il referendum di ieri prevede pure la possibilità di limitare l’accesso ai frontalieri. Si tratta in gran parte di lombardi e piemontesi. E il cantone in cui il voto ha più entusiasticamente sostenuto il referendum anti-immigrazione è stato il Canton Ticino, con il 68% di favorevoli. A dimostrazione che del fatto che siamo tutti i «terroni» di qualcun altro.
da la Stampa