Gentile Direttore,
Se il nostro Paese manca di competitività una delle ragioni è nell`assetto istituzionale superato contro cui si scontra la capacità di reagire e di investire della società. Questo accade in modo vistoso nelle aree in cui si concentrano le migliore energie: le aree urbane. Proprio là dove il Paese ha le maggiori risorse – fintanto che resistono – cioè imprese, università, creatività, popolazione, nodi infrastrutturali, là l`impotenza si sente in modo più amaro.
Con tutta la buona volontà delle istituzioni locali e del virtuoso tessuto sociale italiano, pur avendone le potenzialità Milano non riesce a competere con Francoforte, né Roma con Parigi, e Marsiglia e Lione sembrano su un altro pianeta rispetto alle nostre Genova e Napoli. Sono trent`anni che sí discute della riforma delle città metropolitane e in queste settimane, con il voto al Senato, c`è la possibilità di farla decollare.
In questi ultimi due anni e ultimi mesi i sindaci di Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze e altri ancora hanno costruito con le imprese, le università, le professioni, il mondo del welfare, e insieme a comuni ed enti della province, proposte strategiche per il loro futuro: reti di trasporto integrate e più efficaci, pianificazioni di area vasta a lungo termine, ripensamento del welfare, investimento nell`innovazione.
Queste progettazioni servirebbero a cicatrizzare le ferite profonde della crisi e, insieme alla disponibilità di Programmi operativi nazionali dei Fondi europei nel 2014-2020, a dare slancio a una ripartenza del Paese? Io penso di sì. Penso che dobbiamo, oggi, fare questa scommessa. Ogni giorno che si aspetta, è un giorno di ritardo. Per giocarla, occorre sciogliere i blocchi nevralgici dovuti all`assetto istituzionale.
Via le Province, mantenendo per ora solo minime organizzazioni di area vasta governate da sindaci: sono 86 le Province a statuto ordinario, il destino di quelle nelle regioni a statuto straordinario non dipende dallo Stato. Se non si approva la legge a maggio, 60 di queste andranno al voto. Forte impulso ai sindaci a lavorare insieme, oltre i confini dei comuni, per le aree vaste, con le Regioni.
Nove città metropolitane più Roma Capitale e con il congelamento di Reggio Calabria finché non si risolve il commissariamento del capoluogo e non va a scadenza naturale la provincia. La Città Metropolitana, fatta da capoluogo e comuni, viene governata a titolo gratuito da sindaci e consiglieri: un ente rafforzato, con poteri ben definiti e risorse, e che spezzi la tradizione italiana dei poteri in competizione per i poteri in cooperazione.
Certamente la riforma che abbiamo proposto si basa moltissimo sulle capacità che le autonomie sanno esprimere. Una volta date le chiavi in mano alle Città metropolitane, tocca a loro mettersi in gioco.
Nessuno può vincere un Nobel per legge. In Europa le aree metropolitane sono tutt`altro che poche: sono diverse decine, diversamente da quello che si dice, e la Francia sta approvando per legge 14 nuove aree metropolitane, nove nasceranno in Portogallo. E` questa la direzione verso cui ci si sta muovendo se si guarda avanti. Dare la possibilità di correre ad aree del Paese specificamente votate, con più di un milione di abitanti, e vincolandole a leggi specifiche, è una scelta che il nostro Parlamento valuta.
Ma tutto in una visione ribaltata, nuova: al centro non c`è il potere di veto, bensì l`efficacia e l`efficienza dei servizi, la semplificazione della vita per le imprese, le famiglie – e i cittadini, l`ambizione di stare in Europa con città di altissimo livello sotto tutti gli aspetti.
Questo è l`obiettivo della legge che per conto del governo sto portando avanti, che la Camera ha approvato e che il Senato sta esaminando e può, se vuole, migliorare.
da La Stampa