Sì, è vero. Lo confesso. Ho il difetto di distinguere il fattibile dal desiderabile. Mi piacciono i collegi uninominali maggioritari a due turni. Ho qualche dubbio, che Sartori non ha, sul semi-presidenzialismo francese, che per altri studiosi è in realtà un iper-presidenzialismo. Ma sulla bontà dei collegi francesi non ho dubbi.
Vorrei che fossero il perno del nuovo sistema elettorale italiano. Purtroppo però sono certo che hic et nunc questo mio desiderio è irrealizzabile.
Lo è per ragioni politiche, non prive di una base empirica, che a Sartori evidentemente sfuggono.
er questo lascio perdere le sue «soluzioni esatte» e preferisco cercare di capire e di suggerire quali modifiche migliorative dello status quo siano realisticamente praticabili oggi e non domani. Perché l’Italia ha bisogno non di proposte su sistemi elettorali «esatti», ma di una riforma che, per quanto imperfetta, sostituisca il proporzionale che ci ha regalato la Consulta con un sistema più funzionale e che allo stesso tempo trovi in Parlamento i voti per essere approvato. In questo sta il mio peccato come consigliere del Principe.
Quanto alla equiparazione tra sistema uninominale di tipo inglese e il premio di maggioranza Italicum torno a quanto già scritto (si veda Il Sole 24 Ore del 28 gennaio) e che Sartori ha banalmente frainteso. Tutti i sistemi maggioritari tendono a trasformare una minoranza di voti in maggioranza di seggi. Come ho già fatto notare Tony Blair con il 35% dei voti ha ottenuto nelle elezioni del 2005 il 55% dei seggi. La differenza tra il maggioritario inglese e quello italiano è che in Gran Bretagna il premio nasce collegio per collegio, mentre da noi con l’Italicum il “first past the post” che piace a Sartori si applica in un collegio solo, quello nazionale. Chi ottiene un voto più degli altri a livello nazionale ha la maggioranza assoluta. In un turno se ha ottenuto almeno il 37% dei voti. In due turni se nessuno arriva a questa soglia. Né si capisce perché questa soglia sia precalcolata sulle previsioni dei sondaggisti. Che c’entrano i sondaggi? Non c’è verso di sapere oggi chi possa arrivare a quella soglia. La soglia serve da una parte ad accontentare la Consulta e dall’altra ad accontentare Berlusconi che spera – con una soglia relativamente bassa – di vincere in un colpo solo. Un sistema simile non esiste in altri paesi? È vero. Ma nemmeno il voto alternativo usato in Australia, che è un ottimo sistema elettorale, esiste altrove.
L’Italicum non è una novità per noi. I sistemi elettorali usati nei comuni, nelle province e nelle regioni sono tutti versioni dell’Italicum. La ragione di questa sua “popolarità” sta nel fatto che questo tipo di sistemi consente di coniugare frammentazione partitica e governabilità. Se superano le varie soglie di sbarramento i partiti hanno seggi ma per far parte delle maggioranze di governo devono allearsi prima del voto e non dopo. La coalizione che ottiene un voto più delle altre governa. Nel caso dell’Italicum occorre aggiungere che assomiglia molto al modello con cui si eleggono i sindaci nei comuni sopra i 15mila abitanti. Non è la stessa cosa, ma è vero che una volta impiantato produrrà una modifica della nostra forma di governo perché gli elettori capiranno che il loro voto servirà a decidere chi guiderà il paese. Soprattutto nel caso di ballottaggio. In tal modo ci sarà un primo ministro eletto “direttamente” dal popolo e un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento. Meglio o peggio del sistema semi-presidenziale o iper-presidenziale di stampo francese che piace a Sartori? Questo merita discutere e non il fatto se Grillo decida lui per i suoi. Altro esempio di “irrealismo sartoriano”.
Duello sulla legge elettorale: “Io idealista? Tu fuori dai modelli dell’Occidente”, di Giovanni Sartori
Da tempo D’Alimonte ed io dissentiamo sui sistemi elettorali. Secondo lui, io sarei un idealista (e pertanto un irrealista) mentre lui sarebbe un realista. Ora, è noto da tempo che io sostengo (in prima scelta) il semi-presidenzialismo fondato sul doppio turno che esiste da tempo in Francia, e che dunque è una realtà. Mentre l’Italicum di Berlusconi si fonda su un premio che trasforma una minoranza in maggioranza; un meccanismo che non esiste (che io sappia) in nessun Paese dell’Europa liberaldemocratica.
Pertanto non convengo sulla distinzione tra idealista (io) e lui (realista).
La distinzione è che io sono uno studioso che cerca di spiegare e di proporre soluzioni esatte (realistiche o no), mentre D’Alimonte bada al fattibile e preferisce fare il consigliere del Principe.
Ma il punto sul quale davvero dissento con D’Alimonte è sulla equiparazione del sistema uninominale diciamo di tipo inglese al premio di maggioranza Italicum. No. Il principio del maggioritario è “first past the post” e cioè che vince chi sorpassa, anche se di un solo voto, gli altri contendenti. E questo non è un premio ma la nozione stessa di maggioranza. In dannatissima ipotesi potrebbe anche accadere, in Inghilterra, che i due maggiori partiti ottengano esattamente lo stesso numero di voti in ciascuna circoscrizione. In tal caso non ci sarebbe nessun premio e si dovrebbero indire nuove elezioni.
Tornando al nostro premio Italicum, quel premio è precalcolato sulle previsioni dei sondaggisti. E siccome io persisto nell’essere, a detta di D’Alimonte, un “idealista” persisto anche nel ritenere che la vituperatissima legge truffa di Ruini non fosse per niente tale, visto che assegnava un premio di maggioranza a chi aveva già ottenuto una maggioranza elettorale; ma che è una «truffa», come si strillò a torto allora, ma che è una truffa (ripeto, ignota in tutti i paesi seri dell’Occidente) quando si trasforma una minoranza precalcolata dai nostri chiromanti in una maggioranza. E nemmeno è vero che solo l’Italicum fa sapere subito chi governerà. Anche negli Stati Uniti, anche in Inghilterra, gli elettori lo sanno subito. E mi fermo qui. A meno che mi venga consentita una divagazione per mia curiosità.
Il Grillismo è senza dubbio un movimento politico. Ma può diventare un partito politico a tutti gli effetti? Sicuramente no. Per l’articolo 67 della nostra Costituzione («ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione e esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»). Mentre Grillo decide lui per i suoi. Segnalai subito il problema ma tutti zitti, nessuno fiatò. Ritenni che i partiti facessero i furbi (o “i realisti”) contando al momento delle elezioni di pappare in quel serbatoio di voti. Mi ha stupito però il silenzio del Capo dello Stato di solito così preciso e attento alla legalità costituzionale. Forse anche per lui vige il “realismo D’alimontiano”?
da Il Sole 24 Ore