attualità, cultura, scuola | formazione

"Scuola. La battaglia dei sessi", di Maria Novella De Luca

Sono i figli e le figlie della famiglia che muta, cambia, implode, si rigenera, si perde e si ritrova. Nei libri di testo nessuno li nomina, e invece nella scuola sono ormai più della metà. Bambini con, bambini senza. Multi-genere, multi-culturale, multi-tutto. C’è Francesca che vive con la madre e la nonna, il padre un tempo c’era, poi chissà. C’è Alioscia, adottato, ha gli occhi azzurri e non riesce a dimenticare il suo “internat” russo. C’è Giovanni che abita soltanto con il papà, e in classe ha una compagna con due madri, ma anche Mirko, albanese, e Yongdong, cinese. Poi i bambini della casa-famiglia che magari ai genitori sono stati tolti, e sognano
forse di trovare un nuovo approdo.

Così ad ogni festa della mamma o del papà qualcuno si sente escluso. Ad ogni rappresentazione di albero genealogico qualcuno è costretto a ricordare il buio delle proprie origini. Perché la famiglia è cambiata, ma i programmi ministeriali no.
E allora maestre coraggiose e prof di frontiera provano a bruciare i tempi. Saltano ricorrenze e riscrivono favole, mutano parole, immagini, rovesciano stereotipi. Cercano parole nuove. Ricorda Silvia Lulli, maestra di scuola primaria
a Ferrara: «Nella mia classe avevo la figlia di una coppia lesbica e diversi bambini senza padre, è stato naturale evitare la ricorrenza della festa del papà, chi si ama si festeggia ogni giorno, ho spiegato ai miei alunni. Oggi le classi sono dei laboratori sociali, ci sono le famiglie tradizionali e quelle gay, ci sono i figli dei separati, gli adottati, credo che ogni insegnante abbia il diritto di modulare i programmi per non escludere nessuno». Eppure non è così facile. A Roma, la scorsa primavera, alla materna “Ugo Bartolomei” la proposta di due maestre di non festeggiare il 19 marzo per rispettare una loro alunna con una famiglia tutta al femminile è stata bocciata da altri genitori e insegnanti accusate di razzismo al contrario.
Come due mondi che non si parlano. Basta guardare i libri di testo e i programmi: nei testi la società è bianca, etero, coniugata e non divorziata, i bimbi hanno le foto della nascita e il braccialetto della culla.
Ma in Italia un figlio su quattro nasce invece fuori dal matrimonio, il 50% delle separazioni riguarda coppie con bambini piccoli, ogni anno quattromila ragazzini adottati entrano nel nostro paese e affollano le scuole elementari. Una ormai vecchia statistica ha calcolato che sarebbero oltre centomila i bambini che crescono con una coppia o un genitore omosessuale, mentre le famiglie arcobaleno sono sempre di più. E i bebè dell’eterologa. Se c’è un tema delicato per l’infanzia del terzo millennio è proprio quello delle origini.
Carla è una mamma adottiva, oggi felice e serena. Ma all’inizio, dice, l’istituzione è stata per lei e per suo figlio fredda e respingente. «Ricordo ancora la faccia buia di Alioscia quel pomeriggio, all’uscita da scuola. Gli occhi spenti, come nei giorni dell’istituto. E il rifiuto, la mattina dopo, di alzarsi. Poi il racconto: la maestra ci ha detto di portare a scuola qualche foto di noi da neonati, il braccialetto dell’ospedale, un bavaglino. Dobbiamo fare l’albero genealogico. Ma io da piccolo qui non c’ero, tu non c’eri, io non ero nella tua pancia…». Quando un educatore sbaglia tutto. «Sono passati due anni, ma il dolore di Alioscia non posso dimenticarlo», aggiunge Carla.
Assunta Merlo insegna a Trento in una scuola primaria che guarda le montagne. Metodo ispirato agli asili di Reggio Emilia, ma anche all’esperienza Montessori. «Sarà perché nella nostra regione i bambini adottati sono moltissimi, ma qui si viene formati all’accoglienza di ogni diversità. Da tempo abbiamo abbandonato il tema dell’albero genealogico, piuttosto chiediamo ad ogni allievo di raccontarci una storia di sé, collocandola oggi, ieri, purché provi a rispettare l’idea del tempo e dello spazio». Linee verticali, orizzontali, la famiglia è spesso un cespuglio dalle mille ramificazioni. E volte le esperienze più forti possono arrivare dai luoghi più appartati e difficili. Valeria è una maestra elementare di un piccolo paese in provincia di Avellino, Santo Stefano del Sole, ed è stata l’insegnante della figlia della fondatrice delle Famiglie Arcobaleno, Giuseppina La Delfa e della sua compagna (anzi moglie) Raphaelle Hoedts.
«Una bambina meravigliosa e forte — dice Valeria — sicura dei suoi affetti, che mi ha resa migliore come insegnante e come persona. All’inizio non è stato facile, un paesino del Sud, il mito della famiglia patriarcale, la mia inesperienza di fronte ad una situazione così nuova. Mi hanno aiutato le sue due mamme: con il confronto, con testi da leggere, con questa grande apertura verso gli altri, per cui la loro famiglia è stata totalmente accettata dal contesto sociale ». Così a Santo Stefano del Sole, la festa del papà nella classe della maestra Valeria, «è diventata un cerchio più grande, un biglietto da mandare a una persona cara, anche un nonno, uno zio, un amico». Un modo per cambiare senza sconvolgere. E alla “Maisonette” di Roma, scuola privata trilingue, il maestro Giovanni Castagno spiega come proprio la presenza di due bimbi figli di padri gay, «ci ha portato a cambiare le ricorrenze ed istituire la festa di tutte le famiglie».
Esperienza all’avanguardia di tutto questo è l’asilo “Celio Azzurro”, nato sempre a Roma come scuola multiculturale, oggi un vero e proprio osservatorio microsociale dell’infanzia in divenire e ambitissima scuola dell’infanzia. «Qui da noi il problema non esiste», dice il direttore Massimo Guidotti, «perché dalle feste commerciali ci teniamo ben lontani». «Le nostre mille anime sono oggi la normalità, noi partiamo non dalle differenze ma da ciò che unisce, puoi essere immigrato o figlio di coppia gay, di mamma single, di una famiglia mista o tradizionale italiana ricca e benestante. Ogni bambino racconta un’esperienza, ciò che conta sono gli stati d’animo, le emozioni, qui si mangiano piatti di tutto il mondo, ci sono origini di ogni tipo. E questo universo è fortemente educativo, rende aperti, sociali, rispettosi. Bambini sereni insomma».

La Repubblica 30.01.14

******

“Il governo francese lancia il programma sperimentale per insegnare la parità in classe I genitori fanno disertare le aule ai figli e i conservatori guidano la rivolta”, di Anais Ginori

Una classe di prima elementare semideserta, centinaia di bambini che improvvisamente spariscono, non vengono a scuola. «Mamma mi ha detto che volevate travestirci in femminucce », racconta poi alla maestra uno dei bambini assenti. È successo lunedì scorso nell’istituto Binet a Meaux, nella banlieue parigina, e così anche in altre città del paese, a Strasburgo, Clermont Ferrand, Metz, Nancy. La “giornata senza scuola” è andata in scena in almeno cento istituti francesi, elementari e asili, con un passaparola allarmista tra genitori, un fenomeno mai verificato prima.

Una protesta nuova e inquietante contro il programma didattico annunciato dal governo socialista per insegnare ai più piccoli l’eguaglianza tra i sessi. Sotto accusa il nuovo “Abc della parità” lanciato in via sperimentale in alcune regioni ma che è già diventato il pretesto per una “guerra dei sessi” dichiarata dai movimenti più conservatori e reazionari, con una confusione tra parità e alcune teorie dei gender studies
venuti dall’America.
“Donna non si nasce, si diventa” aveva scritto Simone de Beauvoir, ricordando la componente culturale dell’identità sessuale. La storica intellettuale femminista francese non voleva certo abolire le differenze né poteva immaginare che mezzo secolo dopo si sarebbe scatenata una battaglia ideologica sulle elaborazioni più estreme intorno al genere, come la teoria queer dell’americana Judith Butler. L’appello a boicottare le scuole ha incominciato a circolare prima sul
web ed è stato preso sul serio da molti genitori. Alla vigilia del primo “sciopero” molte mamme hanno ricevuto sms o volantini con slogan tipo: “Vogliono trasformare tuo figlio in una femmina”. Lanciato da ambienti vicini all’estrema destra, l’appello “Un giorno al mese senza scuola” propone un calendario di assenze programmate in diverse regioni fino al 10 febbraio. Secondo il ministero dell’Istruzione, per la prima giornata di mobilitazione, lunedì scorso, il 30 per cento dei bambini non è andato in classe. Oggi è previsto un nuovo “sciopero” in altre città.
«Non insegniamo la teoria del genere, ma solo l’educazione alla parità e all’uguaglianza che fanno parte dei principi della République» ribatte Vincent Peillon. «È in atto una manipolazione grave ed estremista » ha aggiunto il ministro dell’Istruzione che ha chiesto a tutti i presidi di convocare i genitori che aderiscono alla protesta. «Non si può derogare alla scuola dell’obbligo in nome di false e presunte obiezioni politiche » spiega Peillon, ricordando che ci sono sanzioni previste dalla legge per chi non manda i figli alle elementari. L’iniziatrice del movimento si chiama Farida Belghoul, ex militante delle battaglie antirazziste degli anni Ottanta e ora vicina a gruppi nazionalisti, omofobi e antisemiti, legati anche al controverso comico Dieudonné. È stata Belghoul a indire la prima azione dei genitori nella scuola di Meaux, poi seguita da altre mamme in tutta la Francia. La militante è convinta che l’ Abc della parità, il nuovo programma didattico promosso in 600 istituti dalla ministra per i Diritti delle Donne, Najat Vallaud- Belkacem, sia un progetto «malefico», perché intende «travestire i maschi come femminucce » e «dare voce alle lobby gay». L’ideatrice della protesta è riuscita a convincere alcune famiglie musulmane del fatto che i loro bambini sarebbero stati davvero vestiti da femmine. I cattolici integralisti del movimento lefebvriano Civitas hanno anche diffuso sui social network messaggi allarmistici su un’educazione sessuale precoce, con spiegazioni sulla masturbazione già nella scuola dell’infanzia e associazioni omosessuali o trasgender invitate nelle scuole per spiegare che «non si nasce uomo o donna, ma che il sesso si sceglie da grandi». Sui manifesti comparsi intorno ad alcune scuole c’era scritto: “Domani sarai una donna, figlio mio”.
In realtà, l’Abc della parità è solo un progetto didattico rivolto agli insegnanti per “decostruire” sin dalla più tenera età cliché e stereotipi sessisti. Un invito a evitare pregiudizi come: “I maschi sono più coraggiosi, migliori in matematica”; “La danza è un’attività per femmine ». C’è anche un sito online per aprire un dibattito con insegnanti e genitori. Tutti uguali? «Rispettiamo le differenze sessuali» ha detto Vallaud-Belkacem, accusata dai più tradizionalisti di voler importare dagli Stati Uniti i gender studies nel sistema scolastico nazionale. Finora i controversi studi di genere hanno fatto capolino in alcuni manuali ma solo al liceo, come tendenza intellettuale da studiare. Già il precedente ministro dell’Istruzione del governo di destra, Luc Ferry, aveva chiesto di discutere questo filone accademico sulla costruzione dell’identità sessuale.
Nel programma delle scuole elementari francesi non c’è però nulla di tutto questo. «Vogliamo che bambine e bambini sappiano che non c’è un destino o una vita predeterminata a seconda del sesso» racconta la ministra per i Diritti delle Donne. Il nuovo programma raccomanda ad esempio di variare giochi e colori, non solo rosa e bambole per le bambine, e azzurro e soldatini per i bambini. Bisogna lavorare, spiega il governo, sul loro immaginario, evitando di mostrare nelle favole principesse infelici sempre in cerca di un principe. Si tratta anche di modificare l’idea che ci sia un futuro professionale a seconda se si nasce con cromosoma X o Y. A giugno ci sarà un primo bilancio della sperimentazione. Se sarà positivo, allora il “corso di parità” verrà esteso a tutte le scuole dell’infanzia. Ma c’è un dettaglio che preoccupa il governo: il 90 per cento dei maestri d’asilo e la maggioranza degli insegnanti nelle scuole elementari sono donne. Anche in questo occorrerà fare progressi di parità.

La Repubblica 30.01.14

2 Commenti

I commenti sono chiusi.