Sono 770mila gli italiani che fanno la valigia in cerca di cure, soprattutto di ricoveri, in un’altra regione. Come se tutti gli abitanti della provincia di Cagliari emigrassero per curarsi fuori dalla Sardegna. Un esercito che ha perso pezzi da un anno all’altro (-5%), ma che in dodici mesi ha generato quasi 2 mld di spese nel dare/avere tra regioni. Una spesa cresciuta di oltre 250 mln (+6%), paradosso solo apparente: le cure più gettonate sono infatti sempre più quelle di alta specialità, l’eccellenza, le cure più ricercate e dunque costose. Non a caso il grande buco nero del Sud d’Italia. Perché è proprio da Roma in giù che si continua a lasciare sempre di più la propria città a caccia di cure migliori e più rapide: dalla Campania fuggono 82mila, 59mila abbandonano la Calabria, 58mila la Puglia, 49mila se ne vanno dalla Sicilia. Viceversa la Lombardia “incassa” 143mila italiani da altre regioni, 111mila l’Emilia Romagna, 90mila il Lazio e 70mila la Toscana.
Ecco l’altra (e la solita) faccia dell’Italia delle cure. Mai abbastanza nota, mai abbastanza considerata dalle politiche nazionali e soprattutto locali, a partire dal Sud quasi tutto sotto lo schiaffo dei commissariamenti e dei piani di rientro dai maxi debiti di asl e ospedali. Quei piani “lacrime e sangue”, spesso in ritardo a dispetto dei super ticket e delle maxi addizionali fiscali, che tra l’altro, tagliando l’assistenza, fanno lievitare la mobilità degli assistiti di quelle regioni. L’ultimo check degli italiani in fuga dall’ospedale sotto casa arriva dal mega rapporto sull’attività ospedaliera 2012, appena elaborato dal ministero della Salute (si veda www.24oresanita.com). Una foto di gruppo – 10,2 mln di schede e 461 mln di informazioni elaborate – che però riserva anche note di miglioramento per la sanità pubblica: il calo dei ricoveri ordinari (6,8 mln, -2,9%) e la riduzione di 300mila di ricoveri inappropriati, dunque evitabili. Dunque fonte di spreco. Perfino la riduzione di 39 strutture di ricovero in genere. Anche se poi non mancano le “perle” di quel Far West delle cure nella solita forbice Nord-Sud: il 36,5% di nascite col bisturi sul totale dei parti, dal 61% della Campania al 21% del Friuli; o le 212 infezioni post chirurgiche contratte ogni 100mila dimissioni, dalle 356 della Basilicata alle 54 del Molise. Altro particolare non da poco: il costo medio di ogni ricovero è di 3.500 euro (3.800 per i maschi), ma quelli fuori regione, spesso per prestazioni di alta specialità, valgono oltre 5.200 euro, segnale ulteriore dell’appesantimento finanziario per il Sud, più sguarnito di eccellenze. E che così paga di più.
L’analisi della mobilità sanitaria, intanto, è impietosa. La spunta il Nord fino alla Toscana, perde il Sud. Tra pazienti in uscita e in entrata, la Lombardia ha “guadagnato” 76.367 ingressi extra regione e 555 mln di euro, l’Emilia Romagna 67.194 assistiti e 336 mln, la Toscana 34mila pazienti e 132 mln. All’opposto, nel saldo della mobilità passiva e attiva la Campania (anche se in miglioramento) ha “perso” 55.716 pazienti e 402 mln di euro, la Sicilia ha un risultato negativo di 34mila pazienti e di 189 mln, la Puglia di 32mila assistiti e di 180 mln. Ma attenzione ai risultati di Lazio e Molise: nel primo caso sono condizionati dalla presenza del Bambin Gesù, dove per il Lazio i ricoveri sono considerati in uscita; nell’altro, dalla forte attrazione esercitata nel Molise dall’istituto Neuromed di Isernia. In ogni caso, poco più di 8 ricoveri ordinari per acuti ogni mille abitanti avvengono fuori regione e la mobilità vale il 7,5% di tutti i ricoveri per acuti: 505mila su 6,7 mln.
Numeri che danno l’esatta dimensione della profonda frattura anche sanitaria che spacca l’Italia. E che farebbero passare quasi in secondo piano le note positive elencate nel rapporto ministeriale. I ricoveri per acuti (6,8 mln) sono scesi del 2,9% e le giornate di degenza (46,4 mln) del 3,2%. In forte calo del 10,3% i cicli di hospital (2,5 mln), con le punte minime in Basilicata, Lombardia e Puglia quelle massime tra Campania, Friuli e Lazio. Delle 10,2 milioni di giornate di degenza totali, il 75% sono erogate dagli istituti pubblici, il 25% da quelli privati. I giorni di degenza media dei ricoveri per acuti negli istituti pubblici sono stati 7,2, contro i 5,5 del privato accreditato, con le punte massime nel pubblico del Veneto (8,3 giorni) e della Liguria (8,1) e quelle minime di Umbria (6,2 giorni) e Toscana (6,5).
Ma attenzione: negli ospedali pubblici c’è anche chi paga. I “solventi” nel 2012 sono stati oltre 82mila, più della metà solo in Lombardia. Per non dire dei ricoveri per avere un medico in libera professione intramuraria: sono stati 34mila, di cui 8.100 in Campania. Proprio la Lombardia ha fatto segnare la diminuzione più elevata dei ricoveri totali (-124mila), la Basilicata il crollo in percentuale più forte (-13%). Il Lazio – regione commissariata – ha fatto peggio di tutti: ricoveri pressoché stabili. Chissà se la cura da cavallo post Monti ha cambiato le cose. L’ultima verifica all’economia ha detto che il ritardo resta gravissimo. Ma intanto i cittadini, che pagano addizionali al massimo, vengono respinti dagli ospedali.
Il Sole 24 Ore 16.01.14
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