Il ministero progetta di chiedere la restituzione delle somme percepite grazie agli «scatti stipendiali» dal 2013 a oggi. Si sta giocando col fuoco, demotivando una categoria per pochi euro. «Quando una società scialacquatrice ha necessità estrema di denaro lo sottrae anche alle scuole. Questo è uno dei più iniqui delitti dell’umanità e il più assurdo dei suoi errori». Maria Montessori, nei suoi scritti, espresse un giudizio chiaro e durissimo sui tagli alla scuola, lo ricordava l’ultimo numero di «Sette». Chissà quanti insegnanti italiani avranno ricordato quella frase nelle ore in cui il ministero dell’Economia progetta di chiedere la restituzione delle somme percepite grazie agli «scatti stipendiali» da gennaio 2013 a oggi. Vengono in mente altre autorevoli parole, quelle pronunciate dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il 23 settembre 2013 in occasione dell’apertura dell’anno scolastico: «I risultati di varie ricerche ci dicono che più di altri fattori conta l’apporto degli insegnanti. E quindi ci si deve impegnare a investire — in risorse e iniziative — come il governo ha iniziato a fare, perché la già notevole professionalità dei nostri docenti si rafforzi». Anche in questo caso, c’è da chiedersi cosa penseranno gli insegnanti italiani: il presidente della Repubblica ci promette un investimento del governo anche in termini economici, e ora ci richiedono indietro ciò che ci era stato concesso per anzianità dopo anni di attesa, e con tutti gli arretrati.
Non ha affatto torto Matteo Renzi quando afferma che sembra un set di «Scherzi a parte». Il problema è che si sta giocando davvero col fuoco: se un settore delicatissimo per le nostre future generazioni, come la scuola, si dovesse bloccare con uno sciopero (prevedibilmente compattissimo) c’è da immaginare una inevitabile reazione a catena. Anche perché il fermo del mondo dell’istruzione avrebbe una vastissima ripercussione tra milioni e milioni di genitori, anche dal punto di vista semplicemente organizzativo.
Si può benissimo discutere sull’opportunità di sospendere, dal gennaio 2014, il famoso scatto. E non è questa la sede per dibatterne il senso e la giustificazione. Ciò che appare francamente mostruoso e inaccettabile è l’ipotesi della restituzione. Il ministro Saccomanni, dal suo punto di vista tecnico, sostiene che il recupero richiesto nella busta di gennaio 2014 «è un atto dovuto da parte dell’amministrazione perché il Dpr n.122 entrato in vigore il 9 novembre ha esteso il blocco degli scatti a tutto il 2013». Nulla da eccepire, appunto nella tecnicalità della prosa e dell’assunto logico e giuridico. Ma in questo caso una ragione inappuntabile può trasformarsi in una miccia capace di provocare un clamoroso incendio, e proprio in quella scuola che dovrebbe assicurare ai nostri figli una formazione all’altezza delle sfide anche europee. E’ dunque indispensabile individuare un qualsiasi meccanismo economico che eviti questo vero e proprio salasso per stipendi certo non faraonici.
E poi c’è da sottolineare un altro aspetto. Quando si mette mano allo spirito della spending review, ci sono sempre mille resistenze da vincere. Per ogni revisione di spesa, affiora puntualmente una buona ragione per evitarla, individuando un’eccezione che si somma ad altre eccezioni. Come ha raccontato il 28 dicembre Gian Antonio Stella, il governo è riuscito per esempio a nominare 207 prefetti, ovvero il doppio delle prefetture a disposizione. Ma misteriosamente, quando si tratta di amputare gli stipendi degli insegnanti, si trovano sempre autostrade spalancate. Semplicemente perché la categoria è sola nel difendere se stessa. A parte i tesori degli archivi, che ci riportano alla memoria invettive attualissime come quella della grande Maria Montessori, perfetta per questo inizio 2014.
Il Corriere della Sera 08.01.14
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Il pasticcio dei soldi tolti ai prof scontro nel governo sui 150 euro”, di CORRADO ZUNINO
Il pasticcio dei 150 euro chiesti in restituzione agli insegnanti che avrebbero erroneamente percepito gli scatti di anzianità fa litigare il ministro dell’Istruzione Carrozza e quello dell’Economia Saccomanni. E suscita anche le bacchettate di Matteo Renzi che dice: «Se un ministero chiede indietro 150 euro agli insegnanti mi arrabbio perché non è “Scherzi a parte”, è il governo italiano».
Lo scatto d’anzianità tolto agli insegnanti da Giulio Tremonti, restituito dal governo in carica a settembre e dopo Natale tolto di nuovo (e quindi da rimborsare allo Stato), fa esplodere un fragile equilibrio tra il ministero delle Finanze e quello dell’Istruzione. E in serata fa dire al segretario del Pd, Matteo Renzi: «Lasciate ai docenti quei soldi, mica siamo su “Scherzi a parte”». Gli insegnanti italiani, neopoveri di fatto, lo scorso 27 dicembre hanno scoperto, con una nota del ministero delle Finanze affiancata alla busta paga e scritta in burocratese stretto, l’ultima umiliazione: da qui “fino alla concorrenza del debito” dovranno restituire — ovvero sarà tolto loro dalle successive buste paga — 150 euro lordi ogni mese. I docenti di scuole elementari, medie e superiori più alcun amministrativi che si erano ripresi a settembre lo scatto congelato ora impiegheranno tre buste paga
a restituire la cifra. Ma a chi percepisce lo scatto da gennaio e ha accumulato duemila euro, serviranno tredici mesi per onorare le rate.
Da diversi giorni una platea di novantamila insegnanti, quelli a cui spettava lo scatto d’anzianità del 2012, ha preso d’assedio i sindacati di riferimento: «Ma come, non avevate fatto un accordo? Quelli erano i soldi per l’offerta formativa trasformati in scatti. E quell’accordo non lo aveva sottoscritto anche il ministero delle Finanze?». Di più, su un piano politico-sindacale sarebbe pronto anche la seconda intesa per restituire agli insegnanti lo scatto del 2013: va solo depositato all’Aran, l’agenzia pubblica approdo delle trattative sindacali. Niente, l’accordo 2012 — ha scoperto in un secondo momento il Mef — cozzava contro il decreto del presidente della Repubblica numero 122, quello del 4 settembre che prorogava il blocco dell’anzianità a tutto il 2013. Il segretario della Uil scuola, Massimo Di Menna, rivela: «A decreto firmato il ministero delle Finanze, per chiudere buchi di bilancio, ha messo a punto misure con effetti retroattivi». Aggiunge Rino Di Meglio, segretario della Gilda: «Senza alcuna lungimiranza la burocrazia del Mef ora si riprende quello che presto, con il secondo accordo, dovrà ridare». Un pasticcio imbarazzante.
Al primo giorno di lavoro dopo le ferie invernali, digerite le molte critiche sull’avvio di una grande consultazione sul web per comprendere cosa pensano gli italiani della scuola, registrate
due richieste di dimissioni (il sindacato Anief e la scuola telematica Unicusano), il ministro Maria Chiara Carrozza ha avvistato la marea montante del dissenso sugli scatti da restituire a rate. Pezzi del suo Pd avevano compreso l’effetto della gaffe. Davide Faraone, responsabile Scuola e Welfare, aveva detto: «È stato un errore, quelli sono soldi sacrosanti, promessi ai docenti e firmati in accordi sindacali. Dopo i diritti acquisiti e i diritti offesi siamo
ai diritti restituiti». La senatrice Francesca Puglisi firmava un’interrogazione al Miur: «Impensabile chiedere la restituzione del 2013». La Carrozza allora, ieri a metà pomeriggio, decideva di informare il suo pubblico via twitter: «Ho chiesto al ministro Saccomanni di sospendere la procedura di recupero degli scatti stipendiali per il 2013». Nella lettera inviata al collega, si scoprirà, aveva chiesto una sospensione rapida perché il primo prelievo scatterà tra 19 giorni, con la prossima busta paga.
La replica del ministero delle Finanze, stimolata direttamente dal titolare, è arrivata dopo tre ore: «Il recupero delle somme relative agli scatti degli stipendi del personale della scuola è un atto dovuto. Se il ministero dell’Istruzione, attraverso tagli alle spese, troverà quei soldi, la restituzione potrà essere fermata». La Carrozza decideva di non alzare la tensione: «Nessuno scontro personale », sottolineava. Ma trovava un inaspettato alleato in Matteo Renzi, che dalla Gruber a “Otto e mezzo” diceva: «Se un ministero delle Finanze chiede indietro 150 euro agli insegnanti mi arrabbio perché non è “Scherzi a parte”, è il governo italiano». La Gilda annuncia: «Se in cinque giorni sugli scatti non tornano indietro sarà sciopero generale.
La Repubblica 08.01.14
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