“E tu con chi stai?”. È una domanda ricorrente in questi giorni all’interno del PD. Chi non se lo è sentito chiedere tra i militanti e i dirigenti del Partito democratico? Anche io ho provato a sondare, tra amici e compagni, umori e i sentimenti diffusi. Molti aspettano, comprensibilmente, la presentazione delle piattaforme ufficiali dei candidati. Oggi pomeriggio tocca a Franceschini.
Nei giorni scorsi ho partecipato alla bella iniziativa di Fassino a sostegno del segretario del PD. Ma ho seguito anche sul web quella di Bersani. Così come ho letto le interviste di Marino. Mi sono sempre rivolta a voi con trasparenza e schiettezza, e non voglio perdere questa abitudine proprio adesso, nel momento delle scelte.
Ebbene, io sto con il Partito Democratico. Sto con le ragioni fondative del PD, e per come si stanno profilando le candidature, per come si stanno definendo obiettivi e strategie politiche future del partito, per come è stato guidato il nostro partito in questi mesi difficili, per come voglio sia rilanciato e guidato in futuro, io sostengo la candidatura di Dario Franceschini. Le ragioni sono tante e si rifanno a quello che io credo debba essere l’alfabeto del Partito Democratico.
A come avanti. Il PD è nato per il futuro e deve guardare avanti. Le proposte di Bersani, con tutta la stima che nutro per lui, rischiano di riportarci al passato, verso il quale si può anche provare una rassicurante e seduttiva nostalgia, ma politicamente noi ora abbiamo bisogno di speranza e di futuro. Quella stagione che ricorda Bersani si è ormai esaurita (possiamo farci poco, ma è ciò che è accaduto nei partiti fondatori già da tempo), ed è per questa ragione che abbiamo dato vita, tutti assieme, al PD. E noi, per dirla appunto con i classici, dobbiamo evitare che il morto acchiappi il vivo.
B come fattore B. Non nel senso di Berlusconi, ma inteso come berlusconismo. Sebbene il leader della destra sia entrato nella sua parabola discendente (comanda, ma non governa, e anche il suo cesarismo sta ormai esaurendosi in un clima da basso impero), il vero fattore B del nostro Paese è il berlusconismo, ovvero quel mix di egoismo sociale, arroganza politica, estraneità alla democrazia e alle regole, sulla base del quale la destra ha costruito le sue fortune politiche. È questo il fattore B contro il quale il PD deve combattere e fare opposizione con proposte politiche in grado di dare risposte ai problemi quotidiani degli italiani. Che riguardano l’economia e il lavoro, la scuola, il sapere, l’innovazione, il welfare, la sicurezza.
C come coraggio. Il coraggio di Franceschini, che nel momento della responsabilità ha preso in mano il partito nel momento più basso della sua breve vita (con i sondaggi che lo davano al 22%) e lo ha portato fuori dalle sabbie mobili con coerenza e determinazione.
D come debole. È l’Italia che ci riconsegna la destra dopo dieci anni di governo (se si esclude la breve parentesi del centrosinistra). Un paese meno sicuro, con meno lavoro, meno benessere e meno opportunità. Con un sistema scolastico e universitario più fragile e con meno, molte meno, risorse. Le famiglie si sentono, e sono, più abbandonate. Le piccole e medie imprese sono trascurate e sono state indebolite dalle politiche economiche del Governo. C’è meno pluralismo e il nostro sistema democratico è oggettivamente più fragile (si pensi alla concentrazione del potere mediatico). Al di là del momentaneo esito del G8, siamo meno autorevoli sullo scenario internazionale, come purtroppo emerge dalla lettura della stampa estera. D anche come Donne, la cui libertà in ogni ambito della vita pubblica è stata indicata fra gli obiettivi del millennio dall’ONU, che ha anche individuato nella collaborazione fra uomini e donne la strada per ridefinire il valore della famiglia, i ruoli nella società, le responsabilità nella politica e nelle istituzioni. Obiettivi impegnativi, che il Pd deve assumere come propri per la società italiana e per il proprio rinnovamento. Infine D come le nostre divisioni interne, che hanno segnato i mesi passati e che il Congresso deve ricomporre definitivamente, pena il fallimento del nostro progetto; e ancora D come discutere e decidere (anche a maggioranza) sui temi centrali della politica.
E come Europa. La segreteria di Franceschini può rivendicare con orgoglio un risultato importante e non scontato: aver definitivamente ancorato il Partito Democratico al riformismo europeo, contribuendo fattivamente alla nascita del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento europeo. Un gruppo fortemente caratterizzato in senso europeista che sarà il riferimento di quanti credono in un’Europa democratica, coesa e promotrice di uno sviluppo sostenibile.
F come futuro. L’idea del Partito Democratico di Franceschini è quella più in sintonia con le ragioni che spinsero milioni di italiani e i gruppi dirigenti di Margherita e DS a dare vita ad un partito che guarda al futuro. Ciò non significa naturalmente che non sia necessario, e urgente, rimettere mano al progetto, ripensarlo e rilanciarlo. Ma non lo si deve abbandonare: rischio che si nasconde dietro ad un’idea diversa su ruolo, strategie e alleanze che qualcuno immagina per il PD.
G come giovani. Perché è necessario rinnovare i nostri gruppi dirigenti e puntura sulle giovani generazioni, e solo un partito insediato nei territori, in grado di stare nel presente e guardare al futuro, può essere il luogo accogliente per i giovani che vogliono fare attività politica.
H come Ho. Ho la certezza che Franceschini sia il candidato migliore per dare una prospettiva di futuro al nostro partito e che possa rilanciare il PD, tenendo assieme le anime e le culture politiche che lo hanno fondato, recuperando con la sua determinazione anche coloro che dal PD si sono allontanati.
I come Italia. Perché questo è veramente il PD che serve all’Italia. Un partito che sta a contatto con il Paese, ne raccoglie le istanze, si confronta al suo interno e fa proposte che forniscono risposte ai problemi quotidiani degli italiani e delle italiane.
K come KO, knock-out? Le recenti elezioni europee ed amministrative sono state un destro ben assestato, ma non è stato un KO. L’esito del voto è stato certamente negativo e l’onda d’urto della destra è arrivata anche nei territori dove godiamo di maggiore appoggio da parte degli elettori e ha eroso parti significative del nostro consenso. Si impone pertanto una riflessione seria, a partire dall’astensionismo degli elettori del centrosinistra e dai flussi elettorali. Ma il congresso del PD deve essere l’occasione per ricominciare a parlare del e al Paese, e non si dovrà limitare ad una discussione interna tra noi, che non sarebbe compresa dagli italiani. Per ritornare al centro del ring, dobbiamo infatti proporre idee e programmi, in grado di intercettare le istanze degli italiani, e incalzare duramente un Governo inadempiente, inadeguato e incapace.
L come lavoro. Perché non esiste al mondo un partito di centrosinistra che non abbia come primo punto della sua agenda politica il lavoro in tutte le sue forme. Dobbiamo avere un approccio laburista che dia risposte ai milioni di lavoratori travolti dalla crisi, ai precari privi di protezioni sociali e diritti, ai giovani che non riescono ad entrare nel mercato del lavoro, agli adulti che ne vengono espulsi e sono privi di ammortizzatori sociali moderni in grado di re-immeterli nel mondo del lavoro. Serve un patto generazionale che consegni a una generazione priva di diritti le opportunità e le garanzie che hanno avuto le generazioni precedenti e che non faccia della flessibilità l’anticamera della precarietà. Ma anche L come laicità della politica. Laicità che Franceschini è stato in grado in questi mesi di garantire e difendere davanti ad una destra, travolta da vizi privati, che ha fintamente vantato inesistenti virtù pubbliche per accreditarsi Oltretevere.
M come migranti. Perché l’emigrazione per il nostro Paese non può essere gestita solo come un problema di sicurezza, ma deve essere affrontato anche con politiche di integrazione e accoglienza. Regole e diritti sono i due binari lungo i quali può correre il treno dell’integrazione. Se si rinuncia ad uno dei due, il treno è destinato a deragliare e i problemi non vengono risolti.
N come nessuno. Perché nessuno si deve sentire escluso dal progetto del Partito Democratico. Non perché immagino un partito ecumenico, che risulterebbe bloccato da veti incrociati, ma al contrario perché il PD deve dialogare con tutta la società, articolando proposte chiare e precise. E perché nessuno, come ha affermato Franceschini, uscirà da questo Congresso sconfitto. Il giorno dopo la fine del Congresso, ricominceremo tutti assieme il cammino del Partito Democratico.
O come Obama, il quale ha dimostrato come ciò che appare impossibile possa divenire realtà se si adotta una linea netta e chiara, che in politica premia sempre. Così anche il PD non dovrà più titubare e dovrà darsi una linea politica precisa sui temi dell’agenda politica.
P come paura. La paura che la destra ha cavalcato per vincere le elezioni, ma che poi non è stata in grado di sconfiggere. Con la paura si può anche vincere, ma non si governa. Noi dobbiamo incalzare la destra e segnalare le sue inadempienze e le promesse tradite, ed al contempo dobbiamo sconfiggere la paura. Che non è solo legata al tema della sicurezza, certamente importante. Ma che è anche paura di essere travolti dalla crisi, di precipitare verso il basso, di impoverirsi. Di questo la destra non si preoccupa nemmeno, mentre il PD deve battersi per realizzare politiche solidali.
Q come quale partito noi vogliamo. Voglio essere esplicita. Noi vogliamo un partito radicato, in grado di stare tra la gente, di captarne gli umori e i sentimenti, di ascoltarne la voce. Insomma, un partito popolare e di massa. Con tanti iscritti che discutono e decidono. Non ho nostalgie delle bocciofile richiamate in una recente intervista da Pierluigi Bersani. Ho nostalgia però di quella rete di rapporti sociali e prepolitici che esisteva nelle bocciofile, così come esisteva nelle sezioni di partito, nei circoli parrocchiali, nelle associazioni di volontariato. Il PD deve riprendere quel sentimento diffuso che trasformava un gruppo di iscritti in una comunità in grado di farsi carico dei problemi di tutti. Non erano i contenitori a determinare il radicamento del partito, ma i contenuti. E noi faremo un partito ricco di contenuti, con molti e veri circoli nei territori. Tenendo però sempre presente che alle elezioni votano gli elettori, e non solo gli iscritti. E dunque le primarie rappresentano ancora l’unico strumento (certamente migliorabile) per coinvolgere tutta la società nella nostra attività politica.
R come riformismo. Questo è e sarà il tratto distintivo del Partito Democratico. Noi faremo, dall’opposizione, e speriamo al più presto dalla maggioranza, una politica riformista in grado di affrontare i problemi del Paese. Il riformismo può essere anche radicale. Anzi, a volte è necessario che sia più radicale del massimalismo, se vuole cambiare le cose.
S come saperi. Perché è questa la scommessa vera per il futuro del nostro Paese. Solo investendo sulla ricerca, sulla scuola, sull’università, sulla formazione, noi avremo cittadini consapevoli e più preparati ad affrontare le sfide del XXI secolo e un Paese più competitivo sullo scenario globale e in grado di garantire maggiore prosperità economica e sociale.
T come trattino. Quel trattino che una volta separava il centro-sinistra e che con il PD abbiamo definitivamente cancellato. Dovremo evitare che rientri dalla porta congressuale un trattino che buttammo finalmente fuori dalla finestra, mescolando culture e storie politiche per dare vita non a un nuovo partito, ma, come si disse allora, ad un partito nuovo.
U come Ulivo. Perché lì stanno le radici delle tradizioni politiche che hanno costituito il Partito Democratico, il naturale proseguimento e l’incarnazione del progetto ulivista. Ma insieme alle radici, che nessuno vuole sradicare, dobbiamo anche mettere le ali al nostro progetto. E questo lo possiamo fare solo costruendo il Partito del nuovo secolo.
V come vocazione maggioritaria. Che non significa vocazione suicida, all’isolamento o all’autoreferenzialità. Il tema delle alleanze non appartiene solo ad un candidato. L’alternativa alla destra la si costruisce insieme alle altre forze di opposizione, perché è fuori dall’ordine del possibile che il PD raggiunga nei prossimi anni il 51% dei consensi. Ma vocazione maggioritaria significa che il PD vuole essere il punto di riferimento di un blocco sociale ampio, complesso e articolato, e che non punta a rappresentare una sola componente identitaria o sociale, anzi, si pone l’obiettivo di conquistare nel Paese i consensi necessari a portare avanti un programma di governo, profondamente riformatore, in grado di parlare a tutta la società.
W come welfare. Perché il Partito Democratico non vuole lasciare indietro nessuno e si pone la sfida di riformare il welfare per renderlo realmente inclusivo e in grado di garantire diritti e opportunità ai più deboli.
X come xenofobia, ovvero quel sentimento che le politiche del Governo rischiano di alimentare nel Paese, fornendo a problemi veri risposte sbagliate. La destra agita lo spauracchio della crescente immigrazione, ma si dimentica che la legge vigente è ancora la Bossi-Fini, responsabile dell’incremento dell’immigrazione clandestina.
Y come yes-man. Ciò di cui non abbiamo bisogno nel PD, che dovrà invece investire in donne e uomini competenti, appassionati, capaci e generosi, e non dovrà utilizzare meccanismi cooptativi per i quali conta più la fedeltà alle correnti che la reale competenza da mettere al servizio del Partito.
Z come zaino, che dobbiamo riempire dell’esperienza di questi ultimi due anni, correggendo anche gli errori che sono stati fatti (non pochi), e caricarci sulle spalle per ricominciare il cammino avviato con la nascita del Partito Democratico.
Tutti assieme…
Manuela Ghizzoni
Per le ragioni che ho elencato nel mio Alfabeto democratico, ti invito a partecipare all’incontro, aperto a tutti, che faremo presso la sede del Partito Democratico della provincia di Modena (via Divisione Acqui 127) venerdì 17 alle ore 17 (non siamo evidentemente scaramantici). Sarà l’occasione per discutere delle nostre idee per il PD.
P.S. Chi vuole partecipare al processo congressuale sin dalla prima fase si ricordi che, se non l’ha già fatto, deve iscriversi al Pd entro il 21 di luglio!
dalla news letter n. 10 di Manuela Ghizzoni, 16 luglio 2009
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