Dopo l’editoriale di Francesco Giavazzi sull’università (Corriere della Sera del 24 giugno) il Ministro Gelmini è intervenuta sullo stesso quotidiano il 4 luglio (qui)
Il Responsabile del Dipartimento Educazione del PD, on. Giuseppe Fioroni, ha inviato lo stesso giorno una lettera al Direttore del Corriere per rispondere al Ministro, ma il quotidiano ha ritenuto di non pubblicarla.
E’ il terzo caso in pochi giorni. I grandi giornali nazionali, non importa di quale orientamento politico, costringono il maggiore partito di opposizione all’irrilevanza mediatica per quanto riguarda i temi della scuola, dell’università e della ricerca. Il risultato è che l’azione politica del PD scompare nell’opinione pubblica, anche in quella più avvertita.
Noi continuiamo comunque nella nostra battaglia, con i mezzi che abbiamo a disposizione. Chiediamo a tutti di collaborare partecipando alle nostre attività e discutendo liberamente e approfonditamente le nostre idee e proposte.
Segue la lettera (non pubblicata) di Fioroni al Corriere. Per completezza di informazione si segnala che Giavazzi interviene di nuovo sull’università con l’editoriale sul Corriere di oggi 14 luglio (qui)
4 luglio 2009
Al Direttore del Corriere della Sera
Caro Direttore,
l’eguaglianza delle opportunità è un valore fondamentale per il Partito Democratico. In una società giusta ciascuno sa di dover e poter contare sulle proprie capacità, non sulle relazioni sociali della famiglia, del partito politico, della scuola accademica. E’ eguale la linea di partenza, non il traguardo: ciascuno dovrà poter arrivare fin dove lo porteranno l’intelligenza, l’impegno, la qualità dei risultati, non le raccomandazioni. E’ quindi necessario che ovunque, nella scuola come nel lavoro, sia riconosciuto e premiato il merito delle persone, delle imprese, delle istituzioni. La politica italiana ha finora mancato l’obbiettivo di predisporre le condizioni per una vera eguaglianza delle opportunità. Si è piuttosto consolidata la cultura opposta, una sfiducia generalizzata nell’oggettività delle valutazioni e nella terzietà dei valutatori che spinge a ricorrere ad ogni sorta di furbesche scorciatoie pur di battere i concorrenti. Invertire questa cultura è la sfida politica ed etica cruciale per il futuro dell’Italia, da combattere e vincere senza distinzione di appartenenze politiche.
Ha ragione il Ministro Gelmini quando sottolinea l’importanza del merito. Pecca di wishful thinking quando vorrebbe far credere che i provvedimenti ministeriali sull’università – luogo paradigmatico della cultura del merito – abbiano già fatto imboccare la strada giusta. Gli annunci di una legge sul governo degli atenei e sui concorsi si susseguono da mesi; ora apprendiamo che non se ne parlerà più fino all’autunno. L’Agenzia di valutazione della qualità dei risultati delle università, varata dal Governo Prodi nel febbraio 2008, attende ancora di essere istituita; ora apprendiamo che l’iter ricomincerà daccapo il 17 luglio. Siamo a luglio e il fondo 2009 di finanziamento delle università non è stato ancora assegnato (mai successo prima) e con esso i 550 milioni reperiti dal Governo Prodi per premiare il merito degli atenei. Vi è invece un provvedimento, approvato nel primo decreto-legge del Governo Berlusconi, che scatterà nel 2010 come una micidiale ghigliottina: il taglio di metà dei contributi statali alle spese di funzionamento delle università. Come ha scritto Francesco Giavazzi, con questi “drastici” tagli “la maggior parte delle università chiuderebbe”.
Il Partito Democratico ha bruciato i tempi e ha presentato il 22 maggio al Parlamento un suo disegno di legge. Come in ogni democrazia matura e pacata, attendiamo di confrontare il nostro testo con quelli del governo e della maggioranza. Sarebbe stato certamente meglio anticipare questo confronto per darsi più tempo per decidere ponderatamente e, se possibile, anche insieme.
Il merito rappresenta il fil rouge delle nostre proposte. Il 20% del finanziamento statale sarà assegnato alle università solo su base premiale e il 10% per lo sviluppo e per il riequilibrio territoriale. Metà del fondo per gli investimenti in ricerca sarà destinato in forma competitiva alla migliore ricerca pubblica liberamente motivata dalla curiosità dei ricercatori. Gli atenei avranno più autonomia di governo ma sulla base di una diretta responsabilità degli amministratori e di una stringente valutazione dei risultati. Esperti internazionali valuteranno i curricula dei candidati a ricoprire posti di professore nelle università. Non si verificherà mai più che la piramide delle carriere si rovesci a danno dei più giovani. Saranno assunti, in aggiunta al reclutamento ordinario degli atenei, altri tremila nuovi giovani docenti. I migliori dottori di ricerca avranno uno stipendio e un finanziamento per le loro ricerche da utilizzare nell’università che reputano la migliore. Con lo stesso criterio i diecimila migliori neo-maturi appartenenti a famiglie non abbienti riceveranno una borsa di studio che permetta loro di scegliere liberamente l’università dove iscriversi senza preoccupazioni per le spese di mantenimento lontani dalla famiglia.
La nostra sfida è stata lanciata. Ci attendiamo che il Ministro la raccolga, con fatti concreti e non solo con belle parole. Offriamo la massima disponibilità per un dibattito scevro da ideologismi preconcetti ma non dimentico della storica situazione di sottofinanziamento dell’università italiana. Poiché le nozze non si sono mai fatte con i fichi secchi, chiediamo al Governo di dare un primo segno di disponibilità nel prossimo Documento di programmazione economica e finanziaria: si indichi il sistema universitario profondamente riformato come destinatario di interventi di restituzione dei tagli e di nuovi investimenti che premino sempre e solo la qualità. Non lasciamo che vada in pezzi il crogiolo universitario dove il sapere si forma e si diffonde. Andrebbe in pezzi il nostro futuro.
Giuseppe Fioroni
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