Una delibera giocata tutta in punta di diritto. E che salva la riforma della scuola targata Gelmini dalla mannaia di una improvvisa quanto sonora bocciatura. La sezione controllo della Corte dei conti, presieduta da Fabrizio Topi, nei giorni scorsi infatti ha certificato il dpr di riforma della scuola primaria (delibera 2 luglio). Scongiurando così il rischio, che dalla lettura del dispositivo appare in tutta la sua consistenza, che la nuova scuola non avesse copertura legislativa. Il tutto quando le novità previste dalla stessa riforma, dagli organici ridotti alla figura del maestro unico, sono state già acquisite dal sistema.
Alla fine, però, i giudici della Corte dei conti hanno ritenuto che un «visto» -nella premessa del decreto su scuola dell’infanzia ed elementare- sia sufficiente a sanare le volontà dei proponenti, in primis del ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini. Il ministro, insieme al collega dell’economia, Giulio Tremonti, infatti non ha mai ufficializzato il piano che programma le operazioni di taglio al personale necessarie a conseguire i risparmi di spesa della manovra estiva (decreto legge 112/2008). Tagli poi attuati dal dpr del 20 marzo 2009, il regolamento sulla scuola primaria portato al vaglio di legittimità della magistratura di controllo. Il piano programmatico, rileva il magistrato istruttore, è stato trasmesso solamente come schema e non come atto definitivo. E in assenza del piano programmatico anche il decreto non si reggerebbe in piede. Tra l’altro, e sono le altre contestazioni al provvedimento, mancano le motivazioni che chiariscano il non accoglimento da parte del ministero delle proposte emendative formulate dalla Conferenza unificata. E poi, nel decreto sono state inserite norme relative alla scuola dell’infanzia, mentre la delega contenuta nell’articolo 64 della legge 133/08 di questo ordine di scuola non parlava affatto.
Dopo un fitto scambio di richieste di chiarimenti e relative risposte tra ministero e Corte dei conti, durato mesi, la magistratura in adunanza plenaria ha accolto le controdeduzioni del governo, in particolare quelle relative all’assenza del piano. L’Istruzione aveva chiesto che fosse esaminato contestualmente al regolamento, operando di fatto una sanatoria dell’atto. La Corte ha concordato che cioè era possibile grazie ai riferimenti normativi contenuti nelle premesse al decreto: «L’undicesimo visto del dpr all’esame fa riferimento al predetto documento datato 4 settembre 2004», ovvero al piano che prevede 42 mila cattedre in meno negli organici 2009/2010, «elevando quindi lo schema di cui sopra al rango di piano programmatico, in conseguenza delle sottoscrizione apposte in calce al regolamento dai due ministri competenti alla predisposizione dello stesso, ponendo quindi in essere il concerto previsto dal 3° comma dell’articolo 64 del decreto legge 112/2008». In tal modo, scrive la Corte, «viene attuata la sanatoria del provvedimento invalido attraverso il riconoscimento, in via di convalida, della sua legittimità». La riforma è salva.
ItaliaOggi 14.07.09