È un altro mondo quello di Grillo rispetto ai partiti tradizionali o a quel che resta di loro. Negli anni, maledettissimi, della democrazia depressa. È l’altra faccia di un sistema politico impallato e scassato dall’inerzia degli ultimi venti anni. Inutile sperare che la meteora sparisca lasciando solo una piccola scia o che le sconcertanti semplificazioni del comico-politico lascino insoddisfatti cittadini dai gusti raffinati. C’era una folla smisurata ieri ad ascoltare Grillo a Genova, una adunanza gigantesca di persone in carne e ossa (altro che partito virtuale) davanti al corpaccione mobile del leader-conduttore-presentatore. Un po’ concertone del 1° Maggio, un po’ comizione politico, non si poteva sperare di meglio per dare il calcio di inizio alla campagna elettorale per le europee. Grillo usa i temi e il metodo di sempre. Non cambia nulla nel suo messaggio. Ma il contesto della competizione europea gli sarà ancora più favorevole.
La «rivoluzione culturale» da Roma a Bruxelles. Accantonata per un attimo la lotta contro la casta, e messa temporaneamente in naftalina l’armatura del guerriero (solo un timido tut-ti-a-ca-sa intonato dalla folla), Grillo rispolvera i temi classici delle origini, quelli che hanno segnato la nascita del Movimento. Da un lato la lotta contro la moneta unica e l’Europa delle tecno-burocrazie, che opprimono con i loro oscuri bizantinismi i popoli-sovrani; dall’altro la ricerca di un neo-ambientalismo sostenibile. Temi cari alla destra e cari alla sinistra, così che tutti possano stare dentro. Grillo torna a proporre il referendum sull’Euro, l’introduzione dei dazi sui prodotti, la difesa del made in Italy, il cartello dei Paesi del Sud contro la Germania dei ricchi e i Paesi del Nord. Martella poi sulle energie rinnovabili, la bioedilizia e la reinvenzione green del lavoro. Nulla di nuovo, se si pensa ai 20 punti del Febbraio 2013. Stesse convinzioni snocciolate come verità assolute, indiscutibili. Infarcite da grafici banali e citazioni sgangherate. Inutile chiedere al capo dei capi di sviscerare i pro e i contro. E’ tutto molto semplice. «Si va in Europa e si cambia tutto».
Il governo del popolo, dal popolo, per il popolo. Torna l’utopia del Movimento 5 Stelle. L’appello al popolo-sovrano che deve riappropriarsi del potere. I cittadini comuni che scoperchiano il marcio delle istituzioni. «Io non mi sono messo a fare politica. Io facevo l’idrogeno in casa, sono curioso. Il falegname, l’elettricista tutti devono dare una mano». Più che una anti-democrazia quella dei 5 Stelle è una immaginifica democrazia perfetta, che realizza tutte le iniziative dei cittadini, restituendo, con ricette alla portata di tutti, una superiore etica pubblica, giustizia, benessere e libertà. E’ la visione «redentrice» della democrazia che garantisce la salvezza ai cittadini senza l’odiosa intermediazione dei partiti.
E’ un’offerta che oggi in Europa trova diversi pubblici disponibili a comprarla. In tutti i Paesi dell’Unione i movimenti populisti ed euroscettici vedono crescere i loro consensi grazie, più o meno, alle stesse rivendicazioni e utopie. Tuttavia il Movimento 5 Stelle gode di un consenso di gran lunga superiore ai cugini tedeschi, francesi, britannici o olandesi, perché non solo Grillo capitalizza sulla crisi economica (da noi più profonda che altrove) e sulla stanchezza nei confronti di un’Europa considerata opaca e occhiuta mandante di condizioni non più sopportabili. Da noi è la crisi della politica che ancora morde. E l’esistenza di un governo non espressione di un mandato elettorale facilita il gioco dell’accostamento tra un’Europa manovrata da oscure tecnocrazie e una politica domestica, nella narrazione di Grillo, governata dal Quirinale (contro cui non a caso ha rivolto l’ennesimo attacco). La sfiducia nei confronti di partiti arroccati in difesa continua a essere altissima. Grillo è sempre uguale a se stesso; i suoi parlamentari pure. Sono gli altri che devono recuperare terreno. Ma se continuano ad arretrare, intimoriti dal voto e al tempo stesso incapaci di prendere decisioni esemplari, la folla di Genova è destinata a ingrossarsi, fino al possibile epilogo di un risultato sonante alle elezioni europee.
La Stampa 02.12.13