C’è chi avverte che non si può parlare di reddito minimo, chi sottolinea che si tratta della vecchia social card targata Tremonti-Sacconi (in realtà già superata dal governo Monti con una misura completamente ristrutturata di inclusione sociale). Come stanno davvero le cose sul welfare nell’ultima versione della legge di Stabilità? Lo chiediamo a Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al lavoro con delega alle politiche sociali. Sacconi attacca dicendo che non si tratta di reddito minimo, quindi nessuna novità.
«Qui ci stiamo perdendo sulle definizioni, dimenticando la sostanza. Posso dire che con l’emendamento Pd inserito in Senato le risorse per la lotta alla povertà nel 2014 sfiorano i 500 milioni. Grazie a questo possiamo essere sicuri che entro la fine dell’ anno prossimo avremo a disposizione una misura di contrasto alla povertà su tutto il territorio nazionale. Un passo avanti rispetto alle sperimentazioni avviate finora, relative alle 12 città con oltre 250mila abitanti e alle 8 Regioni del Sud. Il prossimo obiettivo sarà estendere la misura anche agli anni successivi».
A chi si rivolge l’intervento?
«Con la nuova misura potremo raggiungere circa 400mila persone che si trovano sotto la soglia di povertà. Purtroppo si tratta ancora di meno del 10% delle persone povere italiane censite dall’Istat. In ogni caso lo strumento è rivolto alle famiglie con almeno un minore e in cui gli adulti hanno perso il lavoro. Ricordo che gli ultimi dati sulla povertà rilevano il fenomeno in forte crescita tra i nuclei con uno o due minori, la cui incidenza sull’intera platea di poveri è salita dal 5,8% all’11%. Questo ci conferma che dobbiamo agire nelle realtà dove ci sono i bambini».
Perché si insiste sul fatto che non si tratta di un semplice reddito minimo? «Perchè non è automatico. È uno strumento di inclusione sociale, nel senso che al sostegno economico si affiancano misure di accompagnamento: c’è una presa in carico da parte dei servizi sociali che chiede impegni precisi come l’inclusione scolastica dei bambini, le cure sanitarie, corsi di formazione per gli adulti. È chiaro che stiamo parlando di risorse ancora insufficienti per un sostegno universale. In ogni caso questa versione non provoca la cosiddetta trappola della povertà, ma produce inclusione proprio per gli impegni che richiede attraverso un piano personalizzato disegnato sulle esigenze della famiglia presa in carico».
Si può dire che con questa misura si esce dalla «lista nera» dell’Europa, dove siamo gli unici con la Grecia a non avere uno strumento contro la povertà?
«Possiamo dire che è il primo passo, e aggiungo che finalmente la legge di Stabilità non si occupa solo del lavoro, ma anche del disagio sociale. Questa è la novità. Non si tratta solo di assistenza, ma di inclusione attiva. Un nuovo modo di risolvere i problemi sociali».
Come arriva a parlare di 500 milioni?
«Erano già stanziati 250 milioni per la sperimentazione della nuova social card. Poi ci sono 167 milioni per le Regioni del Sud, infine 50 milioni per la sperimentazione nelle 12 città di più di 250mila abitanti, e infine l’emendamento del Senato ha aggiunto 40 milioni per ciascun anno nel triennio 2014-16. La cosa più importante è la programmazione triennale: non ci si ferma al primo anno».
Che altro c’è sul fronte del welfare?
«Molto importante è il rifinanziamento dei fondi per le politiche sociali e per la non autosufficienza. Quest’ultimo è arrivato in Senato con una dote di 250 milioni e ne è uscito con 350 milioni, con una sezione dedicata ai casi gravissimi. Con le Regioni si dovranno decidere gli obiettivi da raggiungere, che dovranno essere monitorati. Tra questi, c’è l’avvio degli aiuti a domicilio per i casi gravi».
Cosa c’è ancora da fare?
«Purtroppo sono rimasti scoperti due aspetti. Il primo riguarda il ripristino del fondo per l’infanzia, che si è fermato a 20 milioni rispetto ai 40 necessari. L’altro capitolo è quello dei minori stranieri non accompagnati, la cui cura è affidata ai Comuni. Ci sono alcune città in cui il problema è molto forte, in altre invece non esiste. Bisogna fare qualcosa per i Comuni più esposti. Alla Camera farò di tutto perché questo avvenga: è un segnale che va dato. Ma il senato ha introdotto anche un’altra misura». Quale?
«Il riconoscimento ai fini della pensione anticipata dei congedi presi per la legge 104».
L’Unità 28.11.13