attualità, politica italiana

“Non lasciamo impuniti gli evasori fiscali”, di Carlo Troilo

L’evasione fiscale in Italia (dati del Ministero dell’economia) supera i 120 miliardi l’anno. Per avere un’idea di cosa significhi questa cifra, con essa si potrebbero dare oltre 1.000 euro al mese. E a ciascuno degli otto milioni di poveri censiti dall’Istat: si potrebbe, in altre parole, «abolire la povertà». Dopo decenni di inefficaci redditometri e altre misure inefficaci, va detto chiaramente che una lotta vera all’evasione presuppone la chiara affermazione che essa costituisce il più grave dei reati economici, sia dal punto di vista morale sia per il danno economico che provo- ca al Paese; e dunque va severamente punita sul pia- no penale (l’ultimo rapporto Ires ci dice che il 70% degli italiani è a favore della introduzione di uno specifico reato, specie per i «grandi evasori»). Negli Usa l’evasione è quasi inesistente perché ogni anno finiscono in carcere – con condanne sempre superiori ai tre anni – almeno 1.000 evasori.
La corruzione, secondo la Corte dei Conti, pesa sull’economia italiana per 60 miliardi l’anno: le «bustarelle» fanno impennare del 40% il costo delle gran- di opere. Un livello di corruzione che ci pone agli ultimissimi posti nelle graduatorie internazionali e che ha indotto Papa Bergoglio (che essendo argentino di corruzione ne sa qualcosa) a parlare della «dea tan- gente». Anche in questo caso, la severità delle condanne è il solo deterrente efficace.

Il costo della politica ha dimensioni ben note. Limitandosi a due delle misure annunciate più volte da tutti i governi recenti – l’abolizione del livello elettivo delle provincie (con loro i 3.500 consiglieri) e la trasformazione del Senato in «camera delle autonomie locali» – si potrebbero risparmiare almeno dieci miliardi.

Recuperando appena il 25% su evasione e corruzione, a questi 10 miliardi se ne potrebbero aggiungere altri 40.

Solo intervenendo su queste tre voci (ma è noto che vi sono infinite altre aree di sprechi e di privilegi) lo Stato disporrebbe così ogni anno di 50 miliardi di euro per ridurre il debito pubblico e/o investire fortemente nei settori decisivi per una nuova fase di sviluppo economico.

Mi sembrano ottime ragioni per chiedere ai candidati alla segreteria del Pd (il vincitore, oltre che segretario del partito, sarà sperabilmente anche il prossimo presidente del Consiglio) che almeno su questi tre punti dicano con assoluta chiarezza quali sono i loro programmi.

Anche per poter ricominciare a sperare, in un momento in cui il governo si esibisce in una serie di manovre pur di eludere la soluzione delle questioni che ho evocato. Per simmetria, anche in questo caso ne cito solo tre. La prima è la creazione di un groviglio di nuove imposte locali in cui è impossibile districarsi e che in realtà servono a coprire il buco creato con l’improvvida abolizione dell’Imu prima casa. La seconda – anch’essa un gioco delle tre carte – è la finta privatizzazione di parti delle imprese controllate dallo Stato: finta perché l’acquirente, la Cassa Depositi e Prestiti, è a sua volta un ente di proprietà pubblica. La terza è un ulteriore giro di vite sulle «pensioni d’oro», che sarebbe accettabile se non fosse che fra queste il governo include anche pensioni di 2.000 euro, frutto del versamento, per decenni, di consistenti contributi previdenziali: un vero accanimento contro «i soliti noti».

Mi auguro vivamente che i candidati alla segrete- ria del Pd dicano con chiarezza – in attesa di un programma che riguardi anche altri temi non di carattere economico, come le riforme istituzionali e i tanti diritti civili negati agli italiani – cosa intendono fare per porre fine a queste autentiche vergogne nazionali.
PS. Personalmente sono un garantista, favorevole a depenalizzare il maggior numero possibile di reati e ad abolire subito la Fini-Giovanardi. Ma garantismo non vuol dire lasciare impuniti reati odiosi come l’evasione.

L’Unità 20.11.13

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