«Oggi è ancora possibile progettare il futuro. Ma solo se questo futuro è declinato in chiave europea. E il futuro da realizzare è quello che punta decisa- mente sugli investimenti per la crescita. Condivido in proposito quanto affermato dal premier italiano. L’unico consiglio che mi sento di dare a Enrico Letta è quello di andare fino in fondo nel mettere in pratica le sue convinzioni in materia di crescita, facendo seguire alla parole i fatti». A sostenerlo è Jean-Paul Fitoussi, Professore emerito all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi e alla Luiss di Roma. È attualmente direttore di ricerca all’Observatoire Francais del Conjonctures Economiques, istituto di ricerca economica e previsione. «L’Europa – rimarca ancora Fitoussi – ha un futuro se si libera dall’ossessione del deficit pubblico».
Professor Fitoussi, la Germania va per la sua strada. No agli Eurobond e al fondo di riscatto. Anche il futuro governo di grande coalizione tedesco, Cdu-Spd, non prevederebbe, secondo indiscrezioni, per il futuro dell’eurozona alcuna condivisione del debito.
«Fa bene ad usare il condizionale e di sottolineare che si tratta di indiscrezioni, perché a me pare invece di vedere qualche apertura di Berlino. Qualcosa cambia. Il presidente della Spd, vuole cambiare le cose. E nella stessa direzione del cambiamento si muovono alcune affermazioni del candidato della “famiglia” socialista europea alla suc-essione di Barroso alla presidenza della Commissione europea, Martin Schulz. Credo che siamo in un contesto in qualcosa sia possibile fare, determinando una discontinuità con il ciclo iperliberista, ma perché ciò accada, per- ché la politica tedesca si sposti il più possibile in questa direzione, molto dipenderà dal coraggio degli altri leader politici dei nostri Paesi, Altrimenti niente succederà».
Parlando al Congresso federale della Spd, il premier italiano, Enrico Letta, ha sottolineato che l’Italia avrà le carte in regola ma ha aggiunto, «serve una svolta nella Ue». Dal suo punto di vista, quali dovrebbero essere le basi di questa svolta? «Questa svolta deve essere una svolta sugli investimenti. E questo in un chiaro orizzonte, politico, progettuale, programmatico, europeista».
Su quali settori strategici puntare?
«A livello europeo, occorrerebbe puntare su grandi investimenti nel campo delle fonti energetiche, sulla “green economy”, così come nelle infrastrutture, nel sapere e nella ricerca. È questo il momento di farlo. Questa sì sarebbe una svolta verso il futuro e non un “svolta” verso il passato, che è poi quel- lo che si continua a fare, pensando che il problema fondamentale siano i conti in ordine. Una Europa che resta prigioniera dell’ossessione del debito pubblico, è una Europa che rinuncia ad avere un futuro. Insisto su questo punto, perché lo ritengo davvero dirimente: per uscire dalla crisi c’è bisogno di un programma europeo d’investimenti e di una strategia chiara per combattere la disoccupazione giovanile. Non sarà l’austerità, invece, a tirarci fuori dalla recessione».
È dunque questo il grande spartiacque tra progressisti e conservatori?
«Direi proprio di sì. Una premessa è d’obbligo, e non ha un valore nominale: spesso si tende a non distinguere tra “spese” e “investimenti”, mettendo tutto nello stesso calderone. Non è così. Una visione progressista, ed europeista, deve saper rimarcare la differenza sostanziale. E proprio perché è in grado di far questo, può legittimamente sostenere che bisogna accettare un disavanzo per “causa investimenti”. E aggiungere, che questo disavanzo deve essere fatto e gestito a livello europeo. L’Europa è il più grande Paese del mondo a non essere indebitato. La Commissione europea non è indebitata. C’è grande spazio per progettare il futuro. L’austerità non conduce da nessuna parte, perché fa abbassare il Pil e dunque non migliora il rapporto debito su Pil. Se c’è bisogno di soldi pubblici per stimolare gli investimenti, non bisogna aver paura del deficit. Se per un anno o due il deficit sfora i limiti di Maastricht, ma intanto l’economia riprende a crescere, alla fine il Pil aumenta e il disavanzo tende a rientrare. Bisogna ritor- nare alla crescita con una manovra espansiva di ampio raggio, che includa anche l’unione bancaria. Ma dev’essere una manovra concordata a livello europeo. Non possono essere i singoli Paesi a farsi carico della ricapitalizzazione delle banche, indebolite dai titoli di Stato che hanno in portafoglio. Bisogna solamente avere delle politiche normali, come fanno negli Stati Uniti e anche in Giappone. Noi andiamo verso almeno un decennio perso e questo significa che andiamo verso una situazione di insostenibilità politica perché la democrazia non è compatibile con la disoccupazione di massa».
L’Italia assumerà la presidenza dell’Ue nel secondo semestre del 2014. Anche in questa chiave, quale consiglio si sentirebbe di dare a Enrico Letta?
«Non credo che il presidente Letta abbia bisogno di consigli perché mi pare ferrato nelle materie che abbiamo trattato. Se proprio devo farlo, beh, il solo consiglio che gli posso dare è di far seguire i fatti alle parole. E dunque di andare fino in fondo alle sue convinzioni».
L’Unità 16.11.3