Docente Facoltà di Psicologia Milano-Bicocca
I comportamenti delle adolescenti di Roma testimoniano in maniera evidente la «grande assenza» paterna. I dialoghi tra madre e figlia spingono a chiedersi dove fosse il padre, che funzione genitoriale svolgesse e perché non intervenisse. La crisi dell’autorità paterna, ormai sancita da decenni, apre importanti questioni. La ricontrattazione familiare ha avuto come esito una ridefinizione della figura materna, divenuta «acrobata» proprio per la straordinaria capacità di integrare funzioni tradizionali con più moderne competenze educative e professionali. Se possibile, per il padre la questione è più complessa. Da quando la crescita del bambino non avviene sotto la regia del modello educativo della colpa e della punizione somministrata per limitare il figlio nell’espressione di sé, il padre è alla ricerca di una nuova identità di ruolo.
I papà talvolta si commuovono nell’incontro precoce con il figlio, prima davanti all’ecografia e dopo in sala parto. Si inginocchiano ad altezza di bambino per adorarlo e per giocare, lo adagiano nella carrozzina o nel seggiolino della bicicletta per una passeggiata metropolitana che dona felicità al loro spirito e sollievo a quello della madre affaticata. L’arrivo dell’epoca della funzione paterna per eccellenza, l’adolescenza, fa tuttavia risuonare il pesante rimbombo dell’assenza dallo scenario educativo. È in questa fase soprattutto che il padre diviene disertore, pallido, debole, marginale, infantile, adolescente a sua volta.
Cosa è successo? La famiglia ha saputo riadattarsi molto bene al nuovo sistema educativo dell’amore verso i figli bambini, meno bene verso i figli adolescenti. L’ambivalenza e la complessità adolescenziale rendono più difficile il percorso di rivisitazione del modo di guardare alle nuove generazioni.
L’adolescenza come seconda nascita spinge i genitori a ricominciare da zero, ma non si può. Improvvisamente viene rispolverato dai padri, a volte su mandato materno, il modello educativo della propria infanzia, fino ad ora contrastato e rifiutato. L’autoritarismo e la punizione vengono promossi come strumenti privilegiati per limitare i comportamenti dei figli. Si tratta di scorciatoie educative inefficaci. Regolamentare in adolescenza bambini precedentemente adorati, sollecitati ad essere espressivi e di successo risulta impossibile. A questo punto il padre perde gli unici riferimenti in suo possesso, stordito dalla confusione di ruolo e dai continui richiami sulla necessità di porre dei limiti, rischia il ritiro, l’abbandono delle scene, proprio quando dovrebbe costituirsi come risorsa fondamentale a sostegno del dolore e della gioia della crescita.
Altre volte, purtroppo, ricorre alla violenza, e allora ci pensa l’adolescente ad eliminarlo definitivamente dalla scena educativa. Altre volte, ancora, i padri non sono mai stati presenti nella mente dei figli e quindi risulta del tutto inefficace una loro improvvisa comparsata educativa in adolescenza. Non sappiamo abbastanza della relazione intrattenuta dai padri con le figlie al centro dei fatti di cronaca di questi giorni. Sappiamo però delle possibili difficoltà che un padre incontra nell’integrare dentro di sé l’immagine femminile della bambina divenuta adolescente, soprattutto quando questa trasformazione è precoce, esibita ed agita nella società dell’immagine e del successo a tutti i costi.
In ogni caso, è fondamentale scongiurare la paralisi del ruolo paterno di fronte ai compiti di sviluppo e alle sperimentazioni dei figli adolescenti. La delega esclusiva della gestione educativa al ruolo materno può talvolta rivelarsi densa di rischi per la crescita dei figli, così come l’angosciante vicenda di Roma sembra testimoniare. I nuovi modelli educativi hanno contribuito a migliorare la relazione tra padri e figli, tuttavia non hanno saputo ancora offrire un chiaro modello di gestione di ruolo nel corso dell’adolescenza e delle sue inevitabili crisi. Il sostegno ai genitori dei nuovi adolescenti potrebbe partire dai corsi pre-parto per meglio valorizzare la funzione paterna, fin dalle origini, non solo nell’ottica di una capacità contenitiva della fatica e dell’angoscia gestazionale e post-parto materna. Potrebbe, ad esempio, essere interessante informare i genitori che il giudizio della madre è un fattore importante nell’orientare la valutazione del figlio o della figlia nei riguardi del proprio padre e che, più che in passato, l’autorità paterna dipende anche dalla presentazione effettuata dalla madre durante la crescita dei figli.
Docente Facoltà di Psicologia Milano-Bicocca
Il Corriere della Sera 13.11.13