attualità

“Così Alfano vuole ridisegnare il Csm”, di Liana Milella e Giovanna Vitale

Non è una riforma costituzionale, ma rivoluzionerà l’assetto del Csm. Sorteggio dei candidati. Collegi sminuzzati. Giudici che votano per i giudici, pm per i pm, magistrati della Cassazione solo per i loro colleghi, una sorta di separazione di fatto delle carriere. Sezione disciplinare fatta di componenti che processano le toghe e basta. Lo scontro tra i magistrati e il Guardasigilli Alfano si preannuncia molto duro. L’Anm è già sul piede di guerra, ma la prospettiva potrebbe essere ben più dirompente: dimissioni degli attuali componenti togati del Csm, in netto anticipo rispetto alla scadenza naturale del giugno 2010, per anticipare la legge del ministro della Giustizia e rinnovare il Consiglio con quella in vigore. Repubblica anticipa il testo, la relazione introduttiva, le slides con cui il governo Berlusconi lancia l’offensiva contro la magistratura su un terreno, l’autogoverno, che rappresenta il baluardo dell’autonomia e dell’indipendenza costituzionale. Il ddl Alfano, per le anticipazioni che ne sono giunte al Quirinale, sta provocando anche lì le prime preoccupazioni.

Ha un’ossessione Alfano, schiacciare le correnti della magistratura. L’ha detto il 10 giugno, in un’intervista al Tg2, che ha provocato le dimissioni di due componenti del Csm, Ezia Maccora e Giuseppe Maria Berruti, poi rientrata grazie all’intervento del capo dello Stato. La sua riforma del Consiglio mira solo, si legge nel testo, a «scompaginare l’ordine correntizio», visto che, a suo dire, la Costituzione non offre «alcuna copertura all’associazionismo dei magistrati, se non il generico diritto di associazione». Se, un mese fa, Alfano aveva parlato di nomine dei capi degli uffici fatte in base a un «planning», per cui «a questa corrente spetta questa procura, a quest’altra corrente quest’altra», l’affondo per motivare la legge diventa ancora più incisivo: «Il dato di maggiore preoccupazione è il consolidarsi di prassi istituzionali che vedono le correnti farsi promotrici esclusive della formazione della rappresentanza e amministratrici di fatto, in forme lottizzatorie, delle carriere di tutti i magistrati in un intreccio che genera inevitabilmente programmazioni improprie, conflitti di interesse, carriere parallele». Si produce «uno snaturamento della genuinità della rappresentanza, non più informata all’interesse generale, ma a quello correntizio». E dunque cosa si propone Alfano? «Rompere il circolo vizioso del monopolio correntizio».

Impraticabile la riforma costituzionale per questioni politiche e di tempo (le Camere non ce la farebbero mai a votarla quattro volte con i due terzi e l’opposizione non ci starebbe), ecco l’escamotage di un ddl che interviene sul sistema elettorale. Il precedente governo Berlusconi l’aveva già fatto nel marzo 2002, ma l’esito oggi non gli basta. Mano più pesante di allora, a cominciare dal sorteggio, cinque rappresentanti per ogni posto al Csm: «Per rendere la funzione del sorteggio ancora più efficace in danno della precostituzione correntizia delle candidature, si è pensato di collocare lo stesso sorteggio non a valle, nell’ambito dei soggetti eletti, bensì a monte, individuando preventivamente la cerchia degli eleggibili». Che succederà? «Si sorteggerà, tra gli elettori del singolo collegio, cinque soggetti eleggibili per ogni rappresentante da eleggere, cinque giudici, cinque pm, quindici magistrati di Cassazione». Così, per Alfano, le correnti perderanno ogni potere perché non potranno più scegliere e candidare i loro iscritti e simpatizzanti. Un sistema che l’Anm, subodorando i progetti del ministro, ha bocciato due giorni fa: «incostituzionale» il sorteggio perché viola l’articolo 104 della Carta che parla di un voto «di tutti i magistrati», «umiliante» per le toghe «considerati incapaci di scelte consapevoli e libere».

Ma Alfano si pone tutt’altro obiettivo, sterilizzare i membri del Csm realizzando anche lì «un apprezzabile corollario del federalismo». Ecco l’aumento di togati e laici, che vanno rispettivamente a venti (dai sedici attuali) e dieci (dagli otto di oggi), ma con un sistema elettorale per i magistrati che passa da un unico collegio uninominale nazionale in cui tutti votano per tutti, a dodici collegi in cui i 6.759 giudici eleggono solo i loro colleghi, cinque in cui i 2.351 pm votano solo per i pm, e un unico collegio trinominale per la Cassazione in cui gli alti magistrati votano per i propri omologhi. L’obiettivo è presto detto: «Depotenziare ulteriormente l’imperio programmatorio delle correnti».

Infine la sezione disciplinare, quella in cui oggi al Csm si “processano” le toghe che sbagliano. Una legge costituzionale l’avrebbe resa autonoma e costituita da alte personalità, una legge ordinaria può solo riformarla ma tenendola all’interno del Consiglio. Due collegi, con quattro laici e otto togati, che però non potranno occuparsi d’altro all’interno del Csm. Questo, a detta del Guardasigilli, garantirà «l’imparzialità, evitando decisioni precedute spesso da accordi o deliberazioni di gruppo che hanno luogo fuori dalla camera di consiglio». Un atto di sfiducia in piena regola verso l’operato dell’attuale Csm.
La Repubblica 11.07.09