attualità, politica italiana

“Il lungo pressing della famiglia”, di Francesco Bei

La richiesta di grazia c’è, nonostante la smentita dell’avvocato. È stata sottoscritta da tutti i figli di Berlusconi, in segreto, ma la firma risale ad agosto e non è mai stata presentata in maniera formale al Quirinale. Tecnicamente dunque non esiste. Eppure è vera: è rimasta una chimera, uno dei tanti finali possibili del film berlusconiano. Del resto, al di là delle contrapposte propagande e della guerra per bande in cui si sta dilaniando il Pdl, lo stesso Cavaliere resta ancora indeciso sul da farsi. Nell’inverno del suo travaglio, ieri sera è tornato a rifugiarsi ad Arcore, portando con sé più dubbi che certezze. Interrogativi confidati solo agli intimi, che riflettono l’angoscia vissuta in queste lunghe settimane ora che tutto sembra precipitare verso la conclusione della sua esperienza politica. A Gianni Letta, a Ennio Doris, ai figli, a Confalonieri ripete ad alta voce quello che rimugina ogni notte: «Dopo il voto sulla decadenza sarò arrestato? Come farò a difendermi? Mi conviene sostenere il governo o passare all’opposizione?». Domande a cui i falchi e le colombe hanno dato in questi giorni risposte totalmente opposte, alimentando in questo modo l’irresolutezza dell’interessato. Pure il giallo di ieri sera sull’annuncio di Marcello Dell’Utri riguardo alla grazia in fondo conferma che, intorno al corpo di Berlusconi, si sta combattendo una guerra senza esclusione di colpi. Anzi, è una delle mosse compiute dalla “lobby familiare”. Possibile che un uomo accorto come Dell’Utri sia scivolato su una notizia totalmente inventata? O si è trattato piuttosto di un ennesimo scossone dato dalla cerchia stretta del Cavaliere contro il partito dello sfascio, il partito della crisi, ben rappresentato proprio da Ghedini, sempre più consigliere politico che avvocato?
Berlusconi, con la Famiglia e l’Azienda — le due entità che davvero contano nelle scelte strategiche, ben oltre lo scomposto vociare dei comprimari del Pdl — è apparso di nuovo indeciso. E proprio nel momento in cui sembrava aver stabilito la rottura del patto di larghe intese, è tornato a ragionare. «Se restassi in maggioranza — ha riflettuto con un amico — potrei chiedere un aiuto al governo e al presidente della Repubblica». L’esempio di Giulia Ligresti e della Cancellieri sta lì a dimostrare che l’indulgenza a volte è massima. A spingerlo verso una soluzione di “appeasement” sono i figli, Marina anzitutto. Il coro famigliare, mentre il padre già immaginava di «fare campagna elettorale da fuori il parlamento, come Grillo», gli ha ricordato un fatto basilare: «Se passi all’opposizione diventi vulnerabile. Non solo i magistrati, a quel punto li avrai tutti contro: il governo, Letta, Alfano, Renzi, il Quirinale. Non ci sarà scampo». Il nuovo governo di emergenza nazionale, creato con il sostegno di una trentina di senatori alfaniani, andrà avanti come un bulldozer, approvando anche una legge elettorale a doppio turno per emarginare definitivamente Forza Italia. Uno scenario da incubo per Berlusconi e per le aziende.
Per questo, nei rovelli di queste ore, è tornata un’idea capace di lasciare tutti di stucco. Un colpo a sorpresa: Berlusconi non avrebbe nemmeno escluso di rimandare il Consiglio nazionale già convocato. Per evitare di imboccare una strada senza vie d’uscita.

La Repubblica 09.11.13

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