Il presidente Usa: il mio Paese ha cambiato atteggiamento sui problemi ambientali ma dobbiamo agire tutti insieme
«Lasciatemi fare una sintesi. Abbiamo fatto una buona partenza, ma sono il primo a sapere che su questo tema fare progressi non sarà facile». L’auditorium della caserma di Coppito è pieno, le telecamere sono accese, i giornalisti di ogni parte del mondo sono qui tutti per lui e Barack Obama spiega l’accordo sul clima raggiunto al G8: «E’ la sfida centrale. Ogni nazione di questo pianeta è a rischio e se nessuna nazione da sola è responsabile per il cambio climatico, nessuna può affrontarla da sola».
Una parola in italiano, “buonasera”, i ringraziamenti a Berlusconi che ha fatto da co-presidente al Mef (il forum sul clima) poi il discorso. Ottimista, ma senza nascondere i problemi.
L’accordo raggiunto non si può certo definire eccezionale, la Cina si sfila, l’Onu si lamenta e il presidente americano ne è consapevole. Ma sa anche che dal più potente leader del pianeta tutti si aspettano parole di speranza e l’uomo del “yes, we can” si sbilancia, «qui all’Aquila abbiamo fatto un significativo numero di passi avanti, al G8 c’è stato uno storico consenso su concreti obiettivi per ridurre le emissioni di gas inquinanti».
Critica l’atteggiamento degli Stati Uniti ai tempi di Bush («spesso in passato il mio paese non si è fatto carico delle proprie responsabilità») ma promette che «quei tempi sono finiti, ve lo dico chiaramente». Riconosce le preoccupazioni dei paesi in via di sviluppo – ne aveva discusso nel primo incontro della mattina con il brasiliano Lula – invita i leader del mondo a combattere «le tentazioni del cinismo, a renderci conto che il problema è immenso».
Tra i Grandi c’è già l’accordo per raddoppiare gli investimenti nella tecnologia pulita e nella ricerca entro il 2015, nel corso del forum c’è stata una «franca ed aperta discussione» sulle crescenti minacce del “climate change” e anche se nessuno può pensare di «risolvere questo problema in un meeting o in un vertice» occorre trovare una strada comune. Le nazioni più sviluppate hanno la «responsabilità storica» di guidare il cambiamento e Obama rivendica quello che gli Stati Uniti stanno facendo: miliardi di dollari di investimenti per l’energia pulita, la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro a dimostrazione che «non c’è contraddizione tra una crescita ambientale sostenibile e una robusta crescita economica». «Non siamo avanti come altre nazioni» ed anche qui, nella giornata in cui il G8 è stato allargato ai paesi emergenti è stato chiaro che ogni nazione arriva al tavolo «con diversi bisogni, diverse priorità e diversi livelli di sviluppo». «Non è facile superare» queste divergenze, specie in un periodo di crisi economica come quello attuale, ma adesso c’è l’impegno preso dai 17 leader che hanno partecipato al Mef, pronti a ritrovarsi a dicembre a Copenaghen.
Non c’è stato solo il clima nella seconda giornata di Obama a Coppito. Il problema Iran è sempre tra i primi punti nell’agenda della Casa Bianca e oltre alla questione nucleare l’amministrazione segue con attenzione quanto sta accadendo a Teheran. Se sul primo punto il G8 resta generico ecco che Obama non fa invece mancare la solidarietà al premier britannico Gordon Brown per il fermo dei dipendenti dell’ambasciata di Londra nella capitale iraniana: «E’ inaccettabile».
Con la cena per tutti i leader presenti (con l’aggiunta del presidente Napolitano) arriva anche una stretta di mano che restava in forse. E’ quella tra Obama e il leader libico Gheddafi che incrociano i loro passi mentre premier e presidenti stanno prendendo posto per la tradizionale foto di gruppo. Sono passati 23 anni da quando (Reagan alla Casa Bianca) i caccia dell’Air Force bombardarono Tripoli; adesso a Coppito Gheddafi e Obama si scambiano anche qualche breve parola di saluto.
A chiusura del vertice la tappa in Vaticano, importante per la Casa Bianca perlomeno quanto il G8. Il presidente Usa «è estremamente lieto» di poter incontrare il papa, «da tempo cercava questa opportunità» ed è consapevole che le parole di Benedetto XVI «hanno un profondo effetto in tutto il mondo».
Chiuso il vertice e visto il papa, Obama parte alla volta del Ghana, primo paese del continente dove è nato suo padre a visitare da presidente l’ Africa, con tutto ciò che significa. Così oggi, come ultimo atto pubblico nel quadro del G8 Obama annuncerà l’impegno della Casa Bianca verso i paesi in via di sviluppo: un progetto da 15 miliardi di dollari per investimenti agricoli, mirati ad aiutare i piccoli coltivatori.
La Repubblica 10.07.09