La mutilazione genitale femminile in Europa è molto più diffusa di quanto si immagini: dall’Austria alla Francia, crescono le pratiche clandestine e diminuiscono le denunce. In Germania sono oltre 24mila le donne-vittime. Terres des femmes lancia l’allarme: “almeno 4mila le bambine a rischio”.Circa 4000 ragazzine in Germania sono considerate dalle autorità e dalle ong competenti a rischio di infibulazione, una pratica a cui vengono sottoposte spesso nel corso di viaggi nei propri paesi d’origine. Nonostante ciò un tribunale ha emesso alcuni giorni fa una sentenza che permette a una famiglia etiope residente in Germania, di mandare la propria figlia in viaggio in Etiopia. Il caso ha diviso l’opinione pubblica e le organizzazioni dei diritti umani.
«Abbiamo cercato di determinare se sussiste il rischio di mutilazione genitale per la ragazzina di 10 anni di Baden», ha spiegato il giudice Klaus Bohem- «il Tribunale è giunto alla conclusione che non c’è alcuna minaccia di lesioni a danno della minore». Con queste parole si sono chiusi martedì, mesi di processo in cui si scontravano l’associazione Task Force fgm («per la protezione effettiva dalla mutilazione genitale») e una famiglia etiope di Bad Säckingen (al confine con la Svizzera).
In agosto la figlia di 10 anni sarebbe dovuta andare a Adis Abeba per visitare i nonni. L’associazione Task Force fgm aveva denunciato che la bambina sarebbe stata a rischio di infibulazione se mandata al proprio paese, e il caso era arrivato di fronte al tribunale locale che a novembre aveva negato alla famiglia il diritto a far viaggiare la figlia.
Questa sentenza teneva conto del fatto che gran parte delle bambine di alcuni paesi africani sono vittime di questa pratica di origini tribali: in Sudan il 90%, in Eritrea l’89%, in Etiopia il 74%, secondo dati dell’Unicef. Spesso genitori legati a queste tradizioni ma residenti in Europa non rinunciano a infliggere la pratica alle figlie e secondo gli esperti si servono di soggiorni nel paese d’origine o di infibulatori clandestini.
Con l’appoggio di alcune organizzazioni dei diritti umani (che difendono le minoranze dai pregiudizi), la famiglia ha però presentato ricorso contro la sentenza, e ha dimostrato che impedire il viaggio sarebbe stata una discriminazione razziale. Un inviato del Tribunale d’appello di Karlsruhe ha infatti documentato che si tratta di genitori, «moderni, colti e simpatici», lui colonnello in pensione e lei insegnante.
I genitori si erano sempre opposti a sottomettere la figlia a controlli medici prima e dopo il viaggio. Ciononostante il tribunale ha tenuto conto del fatto che, dati alla mano, nelle città il rischio è minore e in particolare ad Adis Abeba, dal 2000 al 2005 la percentuale di vittime dell’infibulazione era scesa dal 52 al 38%.
Questo processo ha portato alla luce una realtà sconcertante e muta. «Nel 2005 l’Unicef ha chiesto ai ginecologi tedeschi se fossero a conoscenza di pratiche illegali di mutilazione dei genitali effettuate in Germania e il 10% ha risposto di si», spiega Franziska Gruber dell’associazione Terre des Femmes.
Attualmente in Germania ci sono 24.566 donne che hanno subito questa mutilazione, in particolare provenienti da Egitto ed Etiopia. «Si crede inoltre che circa 4.000 ragazzine siano a rischio per il fatto di avere parenti vicine che sono state infibulate», spiega Gruber, «sono però dati ufficiali, crediamo che nella realtà il numero sia molto più alto».
Un ginecologo egiziano è stato denunciato nel 1999 in Germania per essersi offerto di praticare l’infibulazione per un prezzo di 610 euro. Il medico non sapeva che il presunto padre interessato che era arrivato al suo studio era in realtà un reporter della televisione ARD, con telecamera nascosta. L’imputato fu però prosciolto dall’accusa per insufficienza di prove.
«In Germania non si è mai arrivati a un processo contro un’imputato accusato di aver praticato l’infibulazione, per mancanza di fatti», spiega Gruber. Allo stesso modo, in paesi come Italia, Spagna, Danimarca, Norvegia che hanno leggi specifiche in materia, i processi sono rari se non completamente assenti. «Per quanto riguarda la persecuzione di questi reati», spiega Ines Laufer fondatrice di Task Force fgm, «la Francia è l’unico paese in Europa che fa valere le leggi vigenti e ha condannato un certo numero di responsabili». Per quanto riguarda la prevenzione, «tutti i paesi europei sono messi male: da nessuna parte le ragazzine vengono protette in modo concreto», spiega Laufer.
In Austria, la «Afrikanische Frauenorganization in Wien» (Organizzazione africana di donne di Vienna) ha condotto nel 2000 un sondaggio tra 250 immigrati (130 donne e 120 uomini) originari di paesi in cui si pratica l’infibulazione. Un terzo degli intervistati ha ammesso di aver fatto mutilare la propria figlia. Le vittime sarebbero state 88 ragazzine (35%) delle 250 figlie di famigli intervistate. L’89% erano state sottoposte a questa pratica nel paese d’origine, ma l’11% in Europa (1% in Austria e 10% in Germania).
Secondo l’associazione tedesca Task Force fgm le ragazzine originarie di paesi in cui è viva questa tradizione dovrebbero sottoporsi ogni tre anni a visite mediche, in un programma che l’associazione definisce «preventivo».
Altre organizzazioni che combattono contro questa brutale tradizione, si dicono contrarie ad effettuare controlli su determinate famiglie, come nel caso della famiglia di Bad Säckingen, «non vogliamo stigmatizzare determinate etnie», ha detto Heidi Bessas, attivista dell’organizzazione Forward. «Queste famiglie verrebbero ingiustamente sospettate in pubblico», ha aggiunto.
L’Italia figura tra i Paesi europei con il più alto numero di donne infibulate: secondo gli ultimi dati Istat, si contano 67.988 donne provenienti da Paesi a tradizione escissoria e, quindi, potenzialmente a rischio. Di queste, circa 40.000 hanno già subito l’infibulazione e ogni anno seimila bambine tra i 4 e i 12 anni rischiano di essere sottoposte a questa pratica illegale. Nel 2006 è stata approvata una legge che punisce duramente le mutilazioni genitali femminili, ma di fatto il tema resta nell’ombra.
Indipendentemente da dove lo si osservi, il verdetto del tribunale d’appello tedesco fa emergere una realtà triste: da una parte una famiglia innocente è stata accusata e trascinata in tribunale con l’unica colpa di avere origini etiopi. Dall’altra il verdetto renderà più facile probabilmente i viaggi a scopo d’infibulazione. Un’altra volta l’informazione, il dialogo e l’educazione sembrano essere le sole speranze la dove la Giustizia non può arrivare.
ITALIA: la legge sull’infibulazione esiste dal 2006. L’articolo 583 bis che punisce con la reclusione da quattro a dodici anni chi, senza esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili.
GERMANIA: non esiste un reato specifico per l’infibulazione. Poche settimane fa la mutilazione genitale femminile è stata messa all’ordine del giorno in parlamento. Fino ad ora veniva giudicata come reato di lesione corporale lieve o pericoloso. Ora è lesione aggravata.
FRANCIA: L’infibulazione rientra nelle “lesioni corporali permanenti” ed è punibile con 10 anni di carcere e multe fino a 150.000 euro. Si considerano aggravanti il fatto che la vittima abbia meno di 15 anni e che l’infibulatore sia un famigliare. È l’unico paese in Europa dove si sono registrate condanne per questa pratica.
SPAGNA: nel 2005 il Parlamento ha autorizzato i giudici spagnoli a perseguire chi realizza mutilazioni sessuali di questo tipo anche fuori dal territorio spagnolo.
AUSTRIA: esiste un reato specifico per giudicare l’infibulazione anche se non si conoscono processi in cui sia stato applicato. La “Afrikanische Frauenorganisation” di Vienna ha portato a termine i primi sondaggi non ufficiali sull’incidenza del fenomeno in Europa.
GRAN BRETAGNA: la pratica rientra tra le lesioni corporali e ci sono stati diversi processi anche se in nessun caso si è mai arrivati a una condanna.
L’Unità 03.07.09