Si avvicina un decreto legge per risolvere il pasticcio dell’Iva. Potrebbe essere varato già venerdì in una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri, ed avere molto probabilmente come coperture finanziarie degli interventi per complessivi 3 miliardi di euro dei brutali «tagli lineari» alla spesa alla Giulio Tremonti.
Premono i partiti della «strana maggioranza», premono sindacati e imprenditori. E il governo ha davvero pochi margini di manovra per cercare di evitare che sull’Iva o sullo sforamento del deficit crolli tutto il castello dell’Esecutivo guidato da Enrico Letta. Ieri, al coro di dichiarazioni e di richieste dei politici si sono uniti i leader delle parti sociali. E si fa strada la possibilità che in una riunione ad hoc del Consiglio dei ministri il governo decida di ricorrere allo strumento del decreto legge per risolvere alla bell’e meglio il garbuglio che si è creato in questi giorni.
Il decreto legge di cui parlano i bene informati dovrebbe contenere sostanzialmente una manovra straordinaria per 3 miliardi di euro. La metà di questi soldi, ovvero 1,6 miliardi, servirà per tappare il buco nei conti pubblici già individuato nei giorni scorsi, e permettere di centrare l’obiettivo del 3% nel rapporto deficit/Pil. Circa 1 miliardo verrà usato per congelare fino alla fine dell’anno l’aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 22 per cento. Con altri 4-500 milioni, invece, si potrà adempiere agli impegni presi dall’Italia in materia di missioni militari internazionali. Per trovare queste risorse – anche se i tecnici del ministero del Tesoro sono ancora al lavoro – si punta su un mix di tagli lineari su diverse voci della spesa pubblica (una pratica considerata «rozza», ma certo l’unica veloce ed efficace). Altra ipotesi, una operazione di maquillage dei conti pubblici: si «venderebbero» in cambio di un miliardo alla Cassa Depositi e Prestiti (che è formalmente fuori dal circuito della pubblica amministrazione, pur essendo una longa manus dello Stato) un pacchetto di immobili di proprietà pubblica. Intanto però le parti sociali fanno la voce grossa. Bisogna redistribuire il reddito e ridurre le tasse sul lavoro e sulle pensioni, dice il leader Cgil Susanna Camusso: se la legge di Stabilità non darà risposte in questo senso, «non si potrà che procedere con la mobilitazione unitaria».
Sono le richieste concordate a Genova da sindacati e Confindustria: alleggerire il carico fiscale su lavoro e imprese, riducendo il prelievo (con detrazioni) sui redditi di lavoratori e pensionati da un lato ed eliminando la componente lavoro dalla base imponibile Irap dall’altro. Da tempo le confederazioni hanno chiesto un tavolo di confronto che per il momento non è mai stato avviato. Per Camusso, nessun meccanismo che ragioni di Iva e Imu raggiunge l’obiettivo» di ridistribuire il reddito e ridurre la tassazione su lavoratori dipendenti e pensionati, considerato invece «il punto dirimente». Raffaele Bonanni, Cisl, ribadisce che la sua confederazione è pronta al dialogo con Palazzo Chigi, ma ammonisce: «Il sindacato si mobiliterà per favorire la stabilità politica e per far ripartire l’economia attraverso un taglio drastico delle tasse per lavoratori, pensionati e imprese che investono». «Non resteremo a guardare», avverte Luigi Angeletti, Uil. E per il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, il taglio del cuneo fiscale insieme al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione è «il banco di prova delle buone intenzioni» di questo governo per favorire una ripresa dell’economia. Mentre lo stop dell’aumento dell’Iva da ottobre «non è la cosa prioritaria».
La Stampa 24.09.13