Rendere palese il voto segreto. Non con una nuova legge e la modifica dei regolamenti ma con un trucco. Bastano una mano, la sinistra; un dito, l’indice e un gruppo di fotografi compiacenti. UÒ essere questa la strada scelta dal Partito democratico per affrontare il giorno chiave della legislatura, quando la decadenza di Silvio Berlusconi arriverà nell’aula del Senato e ci sarà il voto decisivo per espellerlo dal Parlamento. L’appuntamento è lontano, preceduto dal voto della giunta mercoledì. Intorno al 10 ottobre secondo i calcoli degli esperti, ma il Pd ha cominciato a discuterne. Perché il clima nelle feste democratiche sparse per l’Italia è «brutto, brutto davvero », rivela Miguel Gotor, ex spin doctor di Bersani e senatore alla prima legislatura. Pesa la maledizione dei 101 franchi tiratori che affossarono Prodi. Un peccato mortale che i militanti non perdonano. Continuano a chiedere ai dirigenti del Pdl i nomi, la testa dei traditori. E temono che la catastrofe possa ripetersi, in termini ancora più drammatici visto che in ballo c’è la sorte dell’avversario ventennale. Il “trucco dell’indice” perciò racconta
la drammaticità del passaggio. Per il Pdl e anche per il Pd.
Sembra un modo per controllare i senatori, una mancanza di fiducia preventiva. Ma la vera paura di Largo del Nazareno non è quella delle serpi in seno. Il gruppo di Palazzo Madama appare compatto. Lo dice anche Felice Casson, ex magistrato, considerato il giustizialista della compagnia. «Mai visti i miei colleghi così uniti — garantisce — . Non spunteranno traditori, la pensiamo tutti allo stesso modo». La legge Severino dice che il condannato decade e la legge va rispettata. No, la grande paura è che Beppe Grillo voglia far saltare il pentolone Pd, suggerendo ai suoi senatori o a una parte di essi di votare a favore del Cavaliere. Nel segreto del voto. Per dare la colpa al partito di Letta e Epifani. «Io lo proporrò all’assemblea dei miei colleghi — annuncia Gotor — . I 108 senatori del Pd devono mettere nella buca dello scranno solo l’indice della mano sinistra. In quel modo è fisicamente impossibile esprimere un voto diverso dal “sì”. Ci mettiamo d’accordo con alcuni fotografi che riprendono la scena, postiamo tutto sui social network ed evitiamo guai». È uno stratagemma già usato dal gruppo alla Camera durante la votazione per l’arresto di Alfonso Papa. Il presidente dei deputati era Dario Franceschini. «Sapevamo che la Lega avrebbe votato contro il carcere per poi addossare la responsabilità a noi. Fummo costretti», ricorda adesso il ministro dei Rapporti con il Parlamento. “Processarono” i democratici per aver violato il segreto, si convocarono riunioni su riunioni. Ma l’onore era salvo, la base soddisfatta.
La replica potrebbe andare in scena a metà ottobre.
È iniziata una guerra dei nervi tra il Pd, pilastro delle larghe intese, e il Movimento 5stelle. La richiesta del voto palese e di una modifica dei regolamenti avanzata dal grillino Morra è il primo atto del conflitto. «Sono sicuro che Grillo dirà a 20 dei suoi di votare per Berlusconi. Vuole sputtanarci, farci esplodere. La Lega fece lo stesso per l’arresto di Craxi. Agitavano il cappio ma organizzarono i voti che salvarono il segretario socialista — spiega Gotor —. La Seconda repubblica crollò e giunse l’ora di Bossi ». Venti senatori non bastano a evitare la decadenza. Ne servono almeno 43. Un numero enorme, difficile da organizzare. Ma sarebbero sufficienti a gettare nel panico il mondo dei democratici. Anche Casson e il capogruppo Luigi Zanda si aspettano le provocazioni dei grillini. Mettono invece la mano sul fuoco per i colleghi Pd. «Qualche scantonamento è fisiologico, anche tra i nostri — dice Casson —. Nulla di decisivo, però. Temo invece i grillini e la Lega». E con i 101 di Prodi, come la mettiamo? «Il Pd al Senato ha già votato l’arresto di Lusi…», risponde Casson.
Zanda para l’affondo dei 5stelle, chiedendo anche lui il voto palese. «Ma basterà la richiesta di 20 del Pdl e verrà autorizzata la votazione segreta. Per cambiare il regolamento ci vogliono mesi, i grillini non sanno di cosa parlano». Eppure con il blog si può creare un alone di sospetto sul Pd. Per questo alcuni, come Gotor, pensano alle misure drastiche, ad aggirare l’ostacolo. Sempre che non sia Berlusconi a farsi da parte prima evitando le forche caudine di Palazzo Madama. «Il timore del Cavaliere — dice un senatore democratico — sono i franchi tiratori della sua parte, quelli che non vogliono mollare la poltrona. Il Pdl sta bollendo da mesi. Berlusconi farebbe bene a guardarsi dai suoi».
La Repubblica 15.09.13