Saltano gli steccati della legge sulla fecondazione artificiale, sotto i colpi dei giudici. Un’ordinanza del tribunale di Bologna depositata due giorni fa aggiunge novità e rafforza, con una serie di chiarimenti, la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso marzo che in pratica aveva abbattuto i paletti più invisi alla comunità scientifica.
Le tecniche potranno essere utilizzate anche da coppie non sterili che hanno già avuto bambini concepiti naturalmente, ma che sono nati con gravi patologie di origine genetica. Si afferma che «il divieto di diagnosi preimpianto pare irragionevole e incongruente col sistema normativo se posto in parallelo con la diffusa pratica della diagnosi prenatale, altrettanto invasiva del feto, rischiosa per la gravidanza, ma perfettamente legittima». Questa procedura deve dunque essere ritenuta «ammissibile come il diritto di abbandonare l’embrione malato e di ottenere il solo trasferimento di quello sano».
L’ordinanza dispone inoltre che si proceda «previa diagnosi preimpianto di un numero minimo di 6 embrioni ». Il medico deve eseguire i trattamenti in modo da assicurarne il miglior successo «in considerazione dell’età e del rischio di gravidanze plurigemellari pericolose» e deve provvedere al congelamento «per un futuro impianto degli embrioni risultati idonei che non sia possibile trasferire immediatamente e comunque di quelli con patologia ». L’ordinanza, firmata da Chiara Gamberini, risponde a una coppia fiorentina che si era rivolta al centro Tecnobios di Bologna per avere un secondo figlio dopo aver provato il dolore di un bambino colpito da distrofia di Duchenne, trasmessa dalla madre. Il centro aveva dichiarato di non poter analizzare l’embrione. I genitori lo scorso luglio avevano presentato un ricorso attraverso Gianni Baldini, esperto di biodiritto. Il tribunale si è espresso dopo la Consulta che ha smontato alcuni dei divieti. Secondo Baldini «i giudici bolognesi offrono un contributo decisivo per la corretta interpretazione della legge 40 da parte della Consulta. Dubbi e spiegazioni strumentali vengono spazzati via. Altri non sono stati cancellati. Viene riconosciuto alla coppia non sterile ma che ha già figli il diritto alle tecniche della provetta». La sentenza della Corte aveva lasciato spazio ad alcuni interrogativi. Secondo il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella la diagnosi preimpianto sarebbe rimasta comunque impraticabile mentre la produzione di un numero di embrioni superiori a 3 e congelamento avrebbero avuto limiti stretti.
Il Corriere della Sera, 2 luglio 2009
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