Sei mesi per definire il programma dei lavori per salvare Pompei: la precisione tedesca fissa al giugno 2014 l’avvio del restauro da 10 milioni di euro promosso dalla Tecnische Universität di Monaco di Baviera, dall’Istituto di fisica delle costruzioni del Fraunhofer di Stoccarda e dall’Iccrom, l’ente internazionale di restauro. IL POMPEI Sustainable Preservation Project è già definito e prevede l’arrivo di archeologi e restauratori che si occuperanno di volta in volta di un isolato della città romana: la durata prevista è di 10 anni. I tecnici tedeschi lavoreranno fianco a fianco con persone da formare provenienti da tutto il mondo e con un duplice obiettivo: conservare interi quartieri di Pompei e codificare metodologie di intervento da esportare in altri siti monumentali.
Per far questo, scendono in campo l’università numero uno in Germania, la Tu di Monaco (che nella sua pagina web spiega di volere evitare che Pompei «sia seppellita una seconda volta»), e la più importante struttura di ricerca scientifica tedesca, il Fraunhofer, sede principale in Baviera, ma impegnata con l’Ibp, l’Istituto di fisica delle costruzioni di Stoccarda. Gli istituti collaboreranno con la Soprintendenza per i beni archeologici di Pompei e l’Istituto superiore per la conservazione e il restauro, per far divenire Pompei un centro di ricerca sulla conservazione dell’arte antica. Partner italiano è l’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibam-Cnr) di Catania.
«Non si tratta di un duplicato del Grande Progetto Pompei — spiega l’archeologo Daniele Malfitana, direttore dell’Ibam — ma è un piano di interventi che consentiranno di completare e ampliare quelli già previsti da Italia e Ue, senza alcuna sovrapposizione, anzi con possibili integrazioni con il Grande Progetto da 105 milioni». A guidare il programma scientifico sono Klaus Sedlbauer, direttore del Fraunhofer, e il professor Erwin Emmerling della Tu di Monaco, assieme agli ideatori del progetto, il restauratore Ralf Kilian, l’archeologo della fondazione Henkel Albrecht Matthaei e la collega Anna Anguissola della Ludwig-Maximilians- Universität di Monaco. L’Unione industriali di Napoli ha già espresso apprezzamento per l’iniziativa. Ma c’è chi ricorda come l’arrivo di una équipe francese nel 2011 si sia risolto con un nulla di fatto, tra lungaggini burocratiche e incomprensioni. «Il nostro modello — assicurano Matthaei e Anguissola — è l’Herculaneum Conservation Project della fondazione Packard, a Ercolano». Molte le missioni straniere a Pompei, dal Deutsches Archäologisches Institut alla British School at Rome, dal centro Jean Bérard alla svedese Lund Univerist, dall’università di Augsburg a quella di Helsinki: un interesse permanente che ora potrebbe trovare nel progetto tedesco una nuova occasione di collaborazione internazionale.
La Repubblica 30.08.13
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“Ben vengano gli stranieri se portano qualità e denaro”, di MARIA ELENA VINCENZI
«È una notizia positiva. A differenza di altri casi, a Pompei non c’è l’intervento di un privato: il progetto prevede solo università e istituti di ricerca. E, soprattutto, è stato messo a punto nei dettagli con la Soprintendenza ». Il piano di due università tedesche, la Technische Univesitat di Monaco di Baviera e l’istituto Fraunhofer di Stoccarda, per restaurare Pompei piace a Salvatore Settis, docente di archeologia classica alla Normale di Pisa.
Professore, ancora un volta per salvare il patrimonio culturale italiano servono soldi stranieri?
«Non è così. Il finanziamento tedesco è di 10 milioni, poi ce ne sono altri 105 che sono per la maggioranza italiani, una parte più piccola viene dall’Unione europea. È che a Pompei non basterebbero i miliardi, data la straordinarietà del sito, per cui ben vengano fondi di altri Paesi che, peraltro, non hanno scopo di lucro, ma vogliono solo mettere a disposizione le proprie competenze. Anche nel progetto di Ercolano, ammirevole e perfetto, ci furono i soldi del magnate americano Packard, un privato che lo faceva, però, per passione, senza voler guadagnare un euro. Così anche questo progetto dell’università di Monaco ha il vantaggio di essere aperto a tutti, anche perché le cose da fare a Pompei sono tantissime. Non si finisce mai. Non c’è un altro luogo al mondo in cui sia possibile ricostruire così bene la civiltà antica ».
Ma allora dobbiamo pensare che i tedeschi siano più bravi di noi?
«Voglio precisare che il progetto è stato scritto anche da Anna Anguissola, archeologa italiana che lavora in Germania. Peraltro, tre istituti italiani partecipano al piano e ogni singola decisone è stata presa con la Soprintendenza. Io credo sia virtuoso che quando parte qualcosa di buono gli altri si aggiungano, mettendo a disposizione voglia di fare e conoscenze. La scienza non ha confini. A Pompei, poi, c’è posto per tutti».
Eppure lo slogan tedesco sul sito dell’università è «Sottrarre Pompei al secondo seppellimento », come se fossero loro a salvare gli scavi.
«L’unico scopo di una frase del genere è di fare fundraising, perché i dieci milioni ancora non sono stati trovati: per questo cavalcano l’ondata di preoccupazione dell’opinione pubblica seguita ai crolli. Lo scopo è trovare i fondi per avviare i restauri».
La Repubblica 30.08.14