L’ emergenza doveva essere affrontata. Disinnescando la bomba sociale che, tra cassa integrazione in scadenza e lavoratori intrappolati nel limbo degli esodati, rischiava di esplodere tra le mani del governo. E nonostante la coperta decisamente corta a disposizione, alla fine le risorse necessarie sono state trovate. In gran parte con tagli di spesa, per il resto ricorrendo alla leva fiscale sulle imprese operante nel settore dei giochi e delle scommesse. In tutto, 1,2 miliardi rastrellati nelle pieghe del decreto-Imu per la copertura delle misure adottate ieri dal Consiglio dei ministri. A dare un titolo alla giornata ci ha pensato allora il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini: «I più deboli al centro del decreto legge varato dall’esecutivo».
Nel dettaglio, 500 milioni saranno destinati al rifinanziamento della Cig (2,5 miliardi il totale degli stanziamenti nel 2013), altri 700 (spalmati però tra il 2014 e il 2019) daranno respiro agli esodati, quei lavoratori cioè senza più impiego né pensione, prodotto (distorto) della riforma Fornero. Come chiarito dal premier Enrico Letta ne beneficeranno circa 6.500 persone (che andranno ad aggiungersi ai 130mila lavoratori già salvaguardati), per effetto di «una risposta strutturale». Illustrata nei dettagli dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. «Rispetto a quello che avevamo in mente, abbiamo deciso di anticipare la quarta salvaguardia – ha spiegato –. Questo intervento riguarda chi è stato oggetto di una risoluzione unilaterale del rapporto lavorativo tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011», ovvero chi «sarebbe dovuto andare in pensione tra dicembre 2011 e dicembre 2014». Con un intervento da 700 milioni, ribadisce Giovannini, che vanno a sommarsi alle ulteriori risorse già messe a disposizione dal governo negli ultimi mesi: «Complessivamente 3,7 miliardi sul lavoro per il rilancio dell’economia».
Provvedimenti che incassano il placet bipartisan della maggioranza. «Una soluzione equilibrata dal punto di vista sociale e delle emergenze, il governo ha tenuto conto delle situazioni più difficili», assicura il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, promuovendo le misure su Cig ed esodati. Soddisfatto anche il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta: «Le decisioni del governo pongono le basi per una nuova fase economica, che troverà nella Legge di Stabilità 2014-2016 ulteriori misure virtuose, volte alla crescita e allo sviluppo». Ma a frenare gli entusiasmi di governo e maggioranza arriva, in serata, una nota della Cgil all’insegna della cautela.
«Primi atti, sia pur utili e importanti, ma che lasciano irrisolti i temi della cassa integrazione e degli esodati», fanno sapere da Corso d’Italia. Motivo: «I fondi sono totalmente esigui, servono a coprire solo l’immediata emergenza». Insomma per il sindacato guidato da Susanna Camusso, i nodi della Cig e degli esodati sono ancora tutti sul tavolo, sebbene il governo abbia messo in campo misure «importanti» che, tuttavia, «non possono certo risolvere i nodi di Cig in deroga, mobilità in deroga e solidarietà».
E pure sul fronte degli esodati «i fondi sono scarsi e poco significativi». Se «è positivo che sia stato individuato un criterio, quello dei licenziamenti individuali», d’altra parte «vanno al più presto individuati i criteri per coprire tutte le altre categorie che non hanno trovato soluzione». E anche i dati citati dal presidente del Consiglio, concludono dalla Cgil, dimostrano che l’intervento «copre solo l’emergenza più immediata».
La Stampa 29.08.13
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CRISI, NOVE MILIONI IN FORTE DISAGIO
Nove milioni tra disagiati e sofferenti per motivi legati al lavoro: disoccupati, scoraggiati, cassintegrati, precari e part time involontari. Non si era mai arrivato a tanto dall’inizio della crisi. Solo tra gennaio e marzo tre milioni e 276 mila persone sono andate in giro a caccia di un lavoro. Che non c’è. A certificare la disfatta stavolta è l’associazione Bruno Trentin-Isf-Ires, presieduta dall’ex segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni, che ha elaborato gli ultimi dati Istat disponibili.
35ENNE DONNA MERIDIONALE Il quadro che ne viene fuori è triste come la realt à che rappresenta. Per esempio quella dei nuovi disoccupati, che sono soprattutto ex occupati (in crescita più del venti per cento) ed ex inattivi con alle spalle qualche esperienza di lavoro (aumentati di quasi il dieci per cento). Ma anche la squadra di chi è in cerca del primo impiego è sempre più numerosa (più 16,2). Il tasso di disoccupazione è al 12, 8 per cento (più 1,8 dal primo trimestre 2012), l’identikit del disoccupato tratteggia una persona con almeno 35 anni, le donne crescono leggermente di più degli uomini (13,9 per cento contro 1’11,9). E il tutto si moltiplica man mano che si scende verso Sud, dove il binomio giovani-disoccupazione è legato in cordata verso il baratro. Più in generale, il tasso di disoccupazione giovanile (tra 15 e 24 anni) segna un nuovo record balzando al 41.9 per cento dal 35,9 dei primi tre mesi dell’anno scorso. L’analisi suddivide nove milioni di persone in due macro gruppi: quelli che stanno nell’area della sofferenza, ovvero gli oltre cinque milioni di disoccupati, scoraggiati e cassa integrati, e quelli che rientrano nel disagio, che si contano in quattro milioni e 113mila, tra precari e part time involontari. Ma «questi sono solo i dati principali di una ricerca che evidenzia molti altri aspetti del progressivo deterioramento del mercato del lavoro italiano», fa sapere Fammoni, che oltre alla disoccupazione giovanile e all’emergenza Mezzogiorno, fa riferimento all’aumento della disoccupazione di lunga durata (cioè superiore a 12 mesi, passata in un anno dal 48 al 52 per cento) e al permanere di una alta quota di inattività. Non solo. A questo si aggiunge «il part time involontario (cioè quando non si trova un’occupazione a tempo pieno e si è costretti a lavorare meno, ndr) in costante crescita dal 2007 e l’anomalia di una precarietà non solo subita ma che, contrariamente a quanto si afferma, non porta più occupazione nonostante sia la forma di ingresso al lavoro nettamente prevalente».
INATTIVI E SOFFERENTI Seppur con «dinamiche contrastanti», dalla ricerca Trentin-Isf.Ires emerge come in assoluto i cosiddetti inattivi in età da lavoro (15-64 anni) facciano registrare il settimo calo consecutivo (meno 0,8 per cento). Due le ragioni principali: «l’inasprimento dei requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione – che ha impedito a molti lavoratori relat ivamente anziani (soprattutto lavoratrici) di lasciare l’impiego – e la necessità di integrare il reddito familiare, depauperato dalle difficoltà economiche che ancora attanagliano le famiglie italiane». Mentre il fronte dell’area dell sofferenza è in costante aumento (salvo il primo trimestre 2011) da sei anni. Complessivamente, confrontando i primi trimestri degli ultimi anni, dal 2007 l’aumento è del novanta per cento, equivalente a poco più di due milioni e 380 mila persone. Le ultime 650mila si sono aggiunte nell’ultimo anno. «Dati gravi – conclude Fammoni – confermano la drammaticità del problema e la necessità di intervenire».
L’Unità 29.08.13
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