Qualcuno disse che gli italiani partono incendiari e fieri, ma quando arrivano sono tutti pompieri. A Pompei, nell’area archeologica meglio nota e peggio conservata del mondo, gli “incendiari” non hanno lasciato assolutamente buoni ricordi – si veda la stagione decisionista dei commissari di protezione civile, oggi al vaglio dei magistrati – ma i “pompieri”, quelli che smorzano le polemiche e si concedono sempre un po’ di tempo in più prima di prendere una decisione, hanno fatto comunque danni.
Il decreto “Valore Cultura”, l’atto con cui il ministro dei Beni culturali Massimo Bray ha inteso imporre una svolta per il superamento dei problemi del sito, nella sua prima stesura appariva incendiario, con l’istituzione della figura del direttore generale di progetto «stazione appaltante» e «responsabile unico» del Grande progetto da 105 milioni di euro cofinanziato dall’Unione europea. In quella definitiva, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 9 agosto, le funzioni conferite al dg arrivano lui «ferme restando le funzioni, i compiti e le attribuzioni della Soprintendenza competente in ordine alla gestione ordinaria del sito e quale beneficiario finale degli interventi ordinari e straordinari attuati nell’ambito del sito medesimo».
Tre righe che a un livello superficiale potrebbero essere intese come pura formalità tra istituzioni, ma applicate a Pompei rischiano di stemperare le facoltà della nuova figura, fino a proporre il remake di film già visti, come l’epoca dei city manager apertasi nel 1998 o il ben più avventuroso feuilleton dei commissari di protezione civile, culminato al Tribunale di Torre Annunziata. Si rivede insomma all’orizzonte il vecchio problema di convivenza tra la nuova figura dirigenziale e la Soprintendenza che, sempre dal Dl 91 dell’8 agosto 2013, viene scorporata da quella di Napoli, com’era prima del 2008. Fu il problema di convivenza in questione a logorare tutti i city manager degli scavi, con gli archeologi che mal tolleravano l’intraprendenza di uomini esterni agli apparati dei Beni culturali.
Succederà anche stavolta? Per scongiurare il pericolo, si punta tutto su una figura interna al Mibac: «Il Governo non ha ancora affrontato il tema. Di sicuro sarà un professionista con una grande esperienza all’interno del ministero, perché Pompei è davvero il tesoro su cui misureremo la nostra capacità di dare una svolta, di cambiare la politica culturale del Paese» ha detto il ministro Bray.
Le informazioni raccolte dal Sole 24 Ore sembrano portare nella direzione di Gino Famiglietti, attuale direttore generale dei Beni culturali e paesaggistici del Molise con un importante curriculum romano. Per capirci: tra il 2003 e il 2004 è stato vicecapo dell’Ufficio legislativo di via del Collegio Romano, tra i principali artefici del Codice dei Beni culturali. È un giurista dotato di capacità amministrative, profilo in linea con le funzioni manageriali che il decreto attribuisce al direttore. In più, risulta vicino a Salvatore Settis, intellettuale molto stimato dal ministro Bray.
Perde invece quota l’ipotesi circolata nelle scorse settimane della nomina di Giampiero Marchesi, figura, esterna al Mibac, di studioso di economia dei beni culturali, con una lunga esperienza in seno al Dps.
Altra incognita sono i tempi di nomina del dg: la prima versione del Dl fissava l’assegnazione dell’incarico «entro trenta giorni dalla data di conversione in legge», quella definitiva «entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto». Da indiscrezioni di ambienti ministeriali, pare che comunque si attenderà la conversione del testo, così da mettersi a riparo da ulteriori modifiche al testo. Per l’approvazione c’è tempo fino al 9 ottobre, ma aspettare troppo, per individuare la figura che avrà il compito di velocizzare il Grande progetto, sarebbe un controsenso.
Scenario in evoluzione pure in soprintendenza. Lo scorporo da Napoli ridisegnerà il perimetro dell’area archeologica vesuviana che dà lavoro a 468 persone di cui 187 nel sito principale. Teresa Elena Cinquantaquattro, attuale soprintendente, potrebbe spostarsi a Napoli. Da chiarire chi prenderà le redini di Pompei. «Chiunque sia – commenta Antonio Pepe di Cisl Beni culturali – dovrà ricostruire il rapporto con i dipendenti, dopo anni di scarsa disponibilità al dialogo». Trovare in seno al ministero soprintendenti all’altezza di Pompei non si preannuncia affatto un’operazione semplice.
Il Sole 24 Ore 25.08.13