«A settembre affronteremo i problemi del settore auto, con massima priorità alla Fiat». In un pausa del percorso della ferrata delle trincee sulle Dolomiti, immortalato anche su twitter, il ministro Flavio Zanonato, figlio di un operaio Fiat, annuncia le sue sfide di settembre: dagli investimenti del Lingotto al Piano Italia per internazionalizzare le nostre imprese, dal decreto per ridurre dell’8 per cento la bolletta energetica degli italiani alla soluzione dei tavoli di crisi.
Ministro Zanonato, istituti di statistica e investitori internazionali parlano di un inizio di ripresa per l’Italia che parte pro- prio dall’industria. Come la vede dal suo punto di osservazione?
«Come ci insegna il fondatore del vostro giornale Antonio Gramsci, bisogna operare con l’ottimismo della volontà e il pessimismo dell’intelligenza. Ci sono molti segnali che danno l’idea di una ripresa. Proprio per questo non dobbiamo adagiarci, ma lavorare alacremente per rafforzarla e riportare l’Italia a quei trend di crescita che sono consoni ad un grande Paese».
E come si può agganciare la ripresa velocemente, fare politica industriale e fermare la disoccupazione?
«La nostra politica industriale è riassunta nei due mantra del nostro ministero: tutte le imprese italiane devono godere delle stesse condizioni delle concorrenti europee rispetto a cinque fattori di competitività: fiscalità, burocrazia, costo del lavoro, costo dell’energia, costo del denaro. Il secondo è che non c’è nessuna giustizia sociale senza sviluppo produttivo. Se noi mettiamo le nostre imprese alla pari con le altre, hanno altissime possibilità di competere e battere la concorrenza, come dimostra il successo delle nostre aziende che esportano. Sul mercato interno è più difficile e per questo vogliamo lavorare da subito».
A settembre ha già annunciato un provvedimento per ridurre il costo dell’energia. Ce lo può illustrare?
«Oggi la bolletta energetica italiana è gravata da 12 miliardi di incentivi per le rinnovabili. Vengono utilizzati da mezzo milione di produttori che hanno investito in energia eolica, biomasse e tutte le altre fonti da energia rinnovabile. Le risorse necessarie gravano sulla voce A3 della bolletta e incidono non poco. Per questo stiamo studiando una norma che, senza toccare in nulla il sistema di erogazione degli incentivi, ridurrà in modo significativo per due anni quella voce della bolletta, producendo per tutti gli italiani un risparmio del 7-8 per cento. Ne ho già parlato con Letta e a lui l’idea è piaciuta molto. Si tratta di un’operazione prettamente finanziaria da circa 3 miliardi, che potremmo coprire con obbligazioni o tramite un soggetto finanziario (non la Cassa depositi e prestiti che non può per statuto) che per due anni neutralizzi quella voce. È qualcosa di simile a ristrutturare un mutuo: gli incentivi dureranno 22 anni invece di 20, intanto riusciamo a ridurre subito la bolletta».
Un provvedimento che migliorerà anche la situazione delle imprese? L’energia è un fattore fondamentale per il settore acciaio o chimico, penso all’Alcoa… «Per le aziende cosiddette energivore stiamo studiando una misura ulteriore: una rimodulazione delle voci della bolletta per abbassarla, del valore di circa 100-200 milioni».
A fine settembre scade l’ennesima cassa integrazione a Mirafiori. La fabbrica storica della Fiat è senza investimenti e nuovi modelli. Cosa succederà a Torino? «Come sa io sono figlio di un operaio Fiat, e quindi ho molto a cuore il futuro in Italia di quella azienda. In questo mese d’agosto Enrico Letta ha avuto un incontro positivo con Marchionne ed Elkann. Io stesso ho incontrato Marchionne due volte e recentemente ho visitato Grugliasco, dove la Fiat ha investito un miliardo. Ecco, anche lì Marchionne mi ha ribadito la voglia di investire in Italia, ma chiede di essere messo nelle condizioni di poterlo fare».
La sentenza della Corte costituzionale però impone alla Fiat di riconoscere alla Fiom il diritto di avere rappresentanza. Come se ne esce?
«Condivido la posizione della Corte costituzionale e credo che l’unico modo per risolvere la diatriba tra Fiat e Fiom sia quella di de-ideologizzare la questione ed andare al merito dei problemi. Prima fra tutti il futuro di Mirafiori».
Ecco, lei con Landini a giugno si era detto disponibile a convocare un tavolo Fiat, governo e sindacati…
«Insieme ad Anfia (l’associazione delle industrie automobilistiche, ndr), abbiamo già riattivato il tavolo per affrontare le problematiche industriali dell’intero settore, dove priorità massima sarà data a Fiat». Quindi si impegna a convocare un tavolo prima della fine di settembre? «Senz’altro convocheremo il tavolo automotive agli inizi di settembre. Mi aspetto molto, in questo senso, dall’esperienza maturata da Marchionne. Insieme – istituzioni, imprese, sindacati – dobbiamo riuscire nella sfida difficile di accelerare il recupero di competitività di Fiat e del settore». L’ultima grande vertenza in corso è quella Indesit. A settembre ripartirà il confronto.
Cosa può dire ai lavoratori? È riuscito a parlare con la famiglia Merloni? «L’Indesit e la famiglia Merloni hanno qualche difficoltà perché il mercato degli elettrodomestici si è ristretto a causa dalla crisi e della concorrenza. Sulla gamma bassa la Turchia è molto forte ed è difficile mantenere da noi le produzioni. Come ministero però l’obiettivo primario è quello di non far chiudere le unità produttive nelle Marche e in Campania, e salvaguardare così il più possibile i posti di lavoro. Questa regola vale per tutte le crisi che gestiamo: se una fabbrica chiude poi è difficilissimo farla riaprire. L’esempio dell’Indesit dovrà essere la tedesca Miele o la Samsung: aziende che operano sulla gamma alta, magari con un occhio al prezzo. In questo modo supereremo anche questa crisi».
Per lei la sfida è quindi l’internazionalizzazione delle imprese italiane?
«Sì, questa sarà la nostra sfida per l’autunno. Abbiamo già definito un vero e proprio piano operativo, composto di due iniziative. Con la prima, il Road show, girerò la provincia italiana per convincere gli imprenditori a puntare sull’export. In più porteremo gli imprenditori con noi verso i nuovi mercati: una Road map che punta a intensificare la nostra presenza nei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), in America Latina, Arabia e Africa».
Passando alla politica, come vede l’avvio polemico del dibattito congressuale nel suo Pd?
«Il Pd è l’unico partito che può tenere assieme benessere ed equità sociale. Dobbiamo concentrarci sulle cose da fare: parlare meno delle regole interne e delle primarie e più dei giovani che non trovano lavoro, degli esodati, di quelli che soffrono. Le persone si sono rotte le scatole di sentire polemiche su questioni incredibili».
Ma lei alle primarie chi appoggerà?
«Ho seguito con attenzione le discussioni di questi giorni, e vorrei dire una cosa: il nostro premier, Enrico Letta, sta lavorando benissimo. Proprio per questo non capisco come si possa parlare ora di primarie per il premier: noi un premier lo abbiamo già ed è bravissimo. Io sto con chi, e sono tanti, nel partito appoggia il governo. Sul segretario mi limito a dire che le primarie si possono allargare anche ai simpatizzanti, ma non c’è nazione al mondo dove per eleggere il capo di una associazione si fanno votare anche i nemici: è come se per eleggere il capo degli alpini si facessero votare anche i marinai. Non esiste».
L’Unità 18.07.13