In un Paese normale oggi si discuterebbe soprattutto dei timidi, eppure importanti segnali di ripresa europea: di come rafforzarla – a fronte del rallentamento delle economie emergenti – e di come evitare che la disoccupazione resti una variabile indipendente. In un Paese normale si discuterebbe con serietà di riforme, dopo il fallimento della seconda Repubblica. Altro che presidenzialismo! Dobbiamo ammodernare e rendere efficiente quel sistema parlamentare, che i nostri costituenti ci hanno consegnato e che nell’ultimo ventennio è stato manomesso (mentre nel resto d’Europa funziona bene). Invece, mentre l’Egitto diventa l’epicentro di un Medio oriente destabilizzato e potenzialmente esplosivo, mentre l’Occidente mostra la sua drammatica impotenza, in Italia si parla di Berlusconi che non ha ancora deciso se ribellarsi (?) o accettare la condanna a suo carico. Si parlasse almeno del futuro della destra dopo Berlusconi, dell’ormai inevitabile cambiamento di uomini e di strategie, dell’apporto (o della rinuncia) della destra al governo Letta e a questa breve legislatura, che comunque non potrà spingere le elezioni politiche oltre la primavera del 2015. Invece no. Da noi si favoleggia di trucchi e di strategie degli avvocati del Cavaliere per fare slalom tra un’udienza e un provvedimento giudiziario, tra un processo e un voto in Parlamento. Si continua a polemizzare sulla grazia, a sproposito, anche dopo la nota del Capo dello Stato, che ha rimarcato con forza come ogni atto di clemenza sia obbligatoriamente subordinato da un lato alla legge, alla giurisprudenza e alla «prassi» seguita in precedenza, e dall’altro al rispetto della «sostanza» e della «legittimità» della «sentenza passata in giudicato».
E polemiche contro Napolitano arrivano anche dal fronte opposto, da settori del radicalismo disperati al pensiero che Berlusconi non sia più in campo. Questi colpiscono Napolitano per colpire la continuità costituzionale, per accelerare la crisi di sistema nell’illusione estremista che la fine del Cavaliere azzeri tutto e apra la porta a chissà quale svolta salvifica. Ma chi produce solo macerie, chi vuole solo distruggere, non costruirà mai un bel nulla. La storia nazionale ha già insegnato alla sinistra che il presidio delle istituzioni, come ha scritto Reichlin di recente sul nostro giornale, è parte essenziale della sua battaglia sociale per il cambiamento. Averlo dimenticato in passato, è stato il preludio di sconfitte catastrofiche. l governo Letta è oggi parte di questo presidio. Non vuol dire che debba andare avanti a tutti i costi. Anzi, la sinistra deve essere esigente: il governo può vivere solo se il Pd sarà capace di incalzarlo sui diversi fronti. Ovviamente sul rispetto rigoroso della legalità e della separazione dei poteri. Sull’equità distributiva, a partire dall’Imu. Sull’impegno per le riforme elettorali e istituzionali (almeno la fine del bicameralismo paritario e la sfiducia costruttiva).
Ma è tempo di dirlo con chiarezza: sarebbe un bene per il Paese, e dunque non può che esserlo per la sinistra, che Letta completi il suo percorso fino alla fine del semestre di presidenza italiana dell’Ue. Naturalmente, la destra può rendere impossibile il cammino. Tuttavia sarebbe grave se, per ragioni egoistiche, il congresso del Pd entrasse in rotta di collisione con un governo che comunque è in parte non secondaria espressione della sua classe dirigente.
Dal canto suo, il Pdl è davanti a un bivio. La nota del Capo dello Stato ha reso ancora più chiare le scelte alternative. O Berlusconi si dimette da senatore, e apre la strada a una destra democratica, plurale, contendibile, europea, oppure la destra diventerà, come corpo collettivo, un fattore di destabilizzazione istituzionale. Perché Berlusconi la userà, al pari dei suoi avvocati, come arma di una battaglia disperata per sottrarsi al diritto. Il problema non è la grazia. Il presidente della Repubblica lo ha detto in modo chiaro. Il problema è cosa decidono di fare Berlusconi e il Pdl. La destra italiana non è un fatto criminale. Ha radici politiche nella società e l’Italia ha diritto a una destra rispettosa della Costituzione. Ma, come ha scritto Napolitano, le sentenze definitive si rispettano e si applicano. Senza eccezioni. Se Berlusconi intende usare la sua forza residua per manomettere il diritto, non ci sarà la grazia, né resterà il governo. Ci sarà un conflitto istituzionale globale. Il governo Letta, invece, così come ha garantito neutralità sui processi, può garantire il passaggio a una nuova competizione politica, con una destra finalmente post-berlusconiana. La scelta è questa: se si arriva al 2015, Berlusconi non sarà più in campo. Altrimenti precipiteremo al voto in condizione di pericolo: e sia Berlusconi che Grillo punteranno all’ingovernabilità anche dopo le elezioni.
l’Unità 15.08.13