Fin dall’inizio era chiaro che la grazia presidenziale non ci sarebbe stata. Nell’idea di certi personaggi vicini a Berlusconi, doveva essere una specie di sconfessione della magistratura da parte del Quirinale. Ma il solo chiederlo era del tutto insensato e infatti nessuno ha avuto questo coraggio, al di là dei furori mediatici. Le sentenze divenute definitive si applicano, dice Giorgio Napolitano. Magari si dissente da quello che la Cassazione ha deciso e anche questo è legittimo; e tuttavia non si butta all’aria il Governo, non si fa pagare al Paese un prezzo inaccettabile. Si accetta il verdetto con rispetto e senso delle istituzioni.
Il presidente della Repubblica è molto chiaro nella sua nota: la più attesa, la più politica, quella da cui può dipendere il futuro di una legislatura cominciata da pochi mesi.
Ma egli non si limita a sottolineare che Berlusconi oggi può solo scontare la sua pena, sentendosi emarginato dalla dialettica democratica. In realtà il capo dello Stato risponde alla domanda di fondo che è arrivata dal Pdl: come consentire a Berlusconi un certo grado di “agibilità politica”, espressione oscura che significa permettere al leader di restare in qualche forma nell’agone politico. Qui la risposta di Napolitano, che si è trovato a interpretare in solitudine quasi un quarto grado di giudizio, è complessa nella forma, ma molto esplicita nella sostanza.
Si riconosce a Berlusconi di essere stato un protagonista innegabile della scena nazionale e di essere ancora il capo incontrastato di una forza “importante”, tanto importante che da essa discende la stabilità del Governo. Quindi il leader del Pdl ha nelle mani un grande responsabilità, al di là dei casi che riguardano la sua persona: egli resterà alla guida del suo partito nelle forme che saranno possibili e opportune. Continuerà a svolgere un ruolo politico, ma commetterebbe un errore imperdonabile se distruggesse l’equilibrio attuale, quello che si riassume nel Governo Letta e che egli stesso ha contribuito a costruire.
Non solo. Fra le righe il presidente sembra suggerire a Berlusconi di accettare l’affidamento ai servizi sociali. Per meglio dire, gli suggerisce di avere fiducia e di avviarsi lungo un percorso virtuoso di riabilitazione per il periodo, circa un anno, in cui dovrà scontare la pena. È l’opposto esatto della linea, pressoché eversiva, di chi ha consigliato all’ex premier condannato di correre l’avventura delle elezioni anticipate. Eppure la storia di Berlusconi è fatta di mosse d’azzardo, ma anche di gesti di forte realismo. Tutto lascia pensare che stavolta, giunto al momento più difficile della sua vita pubblica, egli sceglierà ancora una volta il realismo. Del resto, la nota solenne di Napolitano è il frutto di un lavoro preparatorio e non è certo destinata a cadere nel vuoto delle polemiche. Serve a chiudere la vicenda, per quanto è possibile, salvando il Governo e l’assetto delle larghe intese faticosamente messo in piedi. Non è un caso se il punto politico – la preoccupazione per la sorte del Governo – apre e chiude la nota scritta di suo pugno dal capo dello Stato.
Quanto a Berlusconi, egli può persino vedere la luce in fondo al suo personale tunnel. Non quella che avrebbe desiderato in base a una bizzarra concezione dello Stato di diritto e dei poteri del Quirinale. Ma la luce di un sentiero che potrebbe portarlo in futuro anche alla grazia. Purché, sia chiaro, si seguano tutte le procedure, si lasci al presidente il compito costituzionale di valutare e soprattutto, nel frattempo, si proceda con l’espiazione della pena. Poi, se le circostanze saranno propizie e soprattutto se nessuno avrà scassato l’equilibrio politico per vendetta o ritorsione, si vedrà. Senza alcuna forzatura istituzionale. Questo significa che il leader del Pdl è in grado di costruirsi la propria “agibilità politica”. Immediata per quanto riguarda il destino del Pdl o di Forza Italia, come di nuovo si chiamerà: formazioni di cui egli continuerà a essere il capo. Ma c’è un’agibilità più sostanziale, più idonea a un uomo che è stato per tanti anni presidente del Consiglio di questo Paese: ed è quella che discende dal pagare per i propri errori accettando il verdetto della magistratura, garantendo al tempo stesso la necessaria stabilità.
Il Sole 24 Ore 14.08.13