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“Una legge di civiltà per vincere l’ipocrisia e l’odio”, di Michela Marzano

Quando stavo preparando l’intervento da pronunciare in Aula avevo iniziato con un «finalmente». «Finalmente ci siamo», avevo scritto. Finalmente ci siamo dopo mesi di polemiche e ostruzionismo, finalmente questa proposta di legge contro l’omofobia e transfobia approda alla camera, finalmente anche in Italia si potrà fare un passo avanti su un tema che ovunque in Europa ha smesso di suscitare polemiche. Dopo aver ascoltato alcuni interventi, il «finalmente» mi si è strozzato in gola. Come si può pensare che in Italia la situazione non sia drammatica per le persone omosessuali, transessuali, bisessuali, come ci è stato suggerito dall’onorevole Roccella e ancora dall’onorevole Gigli? Come si può confondere orientamento sessuale e identità di genere con una «patologia qualunque come l’obesità», come ho sentito dire ancora dall’onorevole Roccella? E come si può strumentalizzare una legge necessaria e urgente per motivi strettamente politici di tatticismo, come ho sentito fare dall’onorevole Di Vita?

Certo, anche negli altri paesi europei non tutti sono d’accordo sulla necessità di legiferare sulle unioni civili o sul matrimonio gay, anche in Francia e in Inghilterra, dove pure le coppie omosessuali posso ormai sposarsi, esistono nell’opinione pubblica dubbi e perplessità. In nessun altro paese europeo però esistono dubbi sulla necessità di una legge contro l’omofobia e la transfobia. Come è possibile, allora, che in Italia ci siano ancora tante persone ostili? Perché ancora tanta ipocrisia nel nostro paese? Come si fa a pensare che una legge di questo tipo possa mettere a repentaglio la libertà di opinione, come si è letto in un articolo del Corriere della Sera? Chi si oppone a questa legge in fondo vuole che in Italia non cambi mai niente. Hanno talmente tanta paura che questa legge possa poi aprire la porta ad un dibattito serio sulle unioni civili e sul matrimonio gay, che preferiscono non fare nulla per proteggere chi avrebbe come sola colpa quella di non essere eterosessuale. E allora dicono che, con questa legge, nessuno potrebbe più esprimere opinioni contrarie ai matrimoni gay senza essere punito, che nessuno potrebbe più proclamare ad alta voce il Vangelo dimenticandosi forse che il messaggio del Vangelo è – prima di tutto – un messaggio d’amore, inclusivo e rispettoso di ogni diversità e differenza. O addirittura arrivano a dire che una legge contro l’omofobia violerebbe il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Come si fa a confondere la libertà di opinione con l’utilizzo di quello che tutti conoscono come hate speech, discorso dell’odio?

Quando chi insulta compie atti di violenza. Ugualmente, come si fa a confondere il significato stesso del principio di uguaglianza quando fin dai tempi di Aristotele l’uguaglianza implica dare cose uguali a persone uguali e cose diverse a persone diverse, proprio per garantire a tutti una piena uguaglianza in termini di diritti. Ma, a forza di incaponirsi a difendere posizioni ideologiche, sono in tanti a far finta di non capire che l’uguaglianza non implica l’identità e che, anzi, la vera uguaglianza la si raggiunge solo quando si rispettano e si proteggono tutte le differenze.

«L’omosessualità non è un diritto – scrive Piero Ostellino sul Corriere della Sera – è un dato di fatto, uno spicchio della realtà». In fondo ha ragione. Peccato che invece di concludere affermando che quello spicchio di realtà ha diritto all’esistenza, ci spieghi che una legge contro l’omofobia sarebbe un anacronismo. Lo sarebbe se omosessuali e trans potessero avere il diritto di vivere come tutti gli altri. Lo sarebbe se fossero riconosciuti diversi e uguali. Lo sarebbe se nel nostro paese non esistessero discriminazioni e odio. Ma purtroppo non è ancora così

da Europa Quotidiano 08.08.13