Il disastro di Marcinelle, di cui ricorre oggi il 57° anniversario (262 minatori morti, 136 italiani), dovrebbe essere l’occasione per ragionare, senza retorica, sugli italiani all’estero di oggi e sulla politica dell’Italia verso i suoi cittadini nel mondo. Vorrei partire da una doppia ferita che oggi come ieri incide la carne dei nostri migranti: da un lato lo sfruttamento e l’esclusione subiti nei Paesi ospiti, dall’altro l’abbandono da parte della Madrepatria. Ferite mai sanate che segnano le vite di tutti i migranti, come dimostra oggi la condizione degli immigrati in Italia. Certo l’emigrazione cambia nei numeri e nella qualità. Ai vecchi emigrati, operai o pensionati delle miniere e dei cantieri, si sono aggiunti i nuovi: ricercatori, ristoratori, tecnici specializzati e persino imprenditori. Questo mondo – circa 4 milioni mezzo di cittadini e 60 milioni di discendenti – aspetta risposte dallo Stato italiano e dal politica che troppo spesso rivela una totale assenza di strategia quando non un vero e proprio disinteresse nei confronti di questa realtà. La scelta dei tagli lineari, adottata negli ultimi anni, ha fatto in questo come in altri settori danni gravissimi. Un esempio per tutti: le risorse destinate alla diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo sono state incomprensibilmente falcidiate quando questo è un settore strategico quanti altri mai per l’internazionalizzazione dell’Italia e la diffusione dei suoi prodotti sul mercato globale.
In tempi di crisi, poi, come è successo anche in passato, le comunità di emigrati sono un’opportunità economica che l’Italia oggi non sta cogliendo. La lezione di Marcinelle ci parla ancora oggi.
Quella immane tragedia diede all’Europa, che muoveva allora i primi passi, una spinta importante verso l’affermazione dei diritti dei lavoratori a partire dalla sicurezza e che portò alla costruzione di uno Stato sociale inclusivo e avanzato. Così oggi, la memoria di quella vicenda dovrebbe promuovere un dibattito serio e consapevole su una nuova idea di cittadinanza europea.
A Marcinelle a rappresentare l’Italia c’è la Presidente della Camera, Laura Boldrini. È un segnale importante, che – ne siamo certi – saprà andare al di là della sola dimensione celebrativa, legando quella partecipazione a un’agenda di impegni parlamentari che assicurino una riflessione e un rilancio della politica verso gli italiani all’estero e gli immigrati in Italia.
Abbiamo bisogno di incardinare politiche e strategie a livello nazionale ed europeo, capaci di assicurare diritti e dignità ai nuovi immigrati in Italia e a tutti i lavoratori italiani all’estero. Ma anche valorizzare, finalmente nei fatti e non solo nelle enunciazioni di principio, il ruolo delle nostre comunità e delle nostre rappresentanze nel rapporto con l’Italia, a cominciare dai Comites, che vivono da anni una condizione intollerabile di sospensione democratica: nel 2009 è scaduta la legislatura senza che si siano indette nuove elezioni. Confidiamo che la Presidente Boldrini vorrà seguire in Parlamento la discussione sulla riorganizzazione della rete consolare, che dovrebbe segnare un’inversione radicale del senso di marcia seguito negli ultimi anni. L’obiettivo dovrebbe essere la semplificazione della rappresentanza diplomatica (soprattutto nell’Europa unita) a favore di un mantenimento e una riforma dei servizi ai cittadini e alle medie e piccole imprese.
Se si discuterà seriamente di italiani all’estero e di lavoro, il sacrificio dell’8 agosto e la cerimonia di Marcinelle saranno serviti a qualcosa, altrimenti si rimarrà nella routine della celebrazione e, paradossalmente, non si renderà omaggio a quei caduti.
l’Unità 07.08.13