Per una volta che Grillo è coerente, e non è fraintendibile, non sarebbe il caso di non discutere almeno su questo? A leggere i giornali di questi giorni, a metà tra il sogno o i desiderata di qualche editorialista e di alcuni parlamentari, sembrerebbe esistere da qualche parte una qualsiasi dichiarazione di anche minima apertura di Beppe Grillo a qualsiasi forma di collaborazione con il Pd. Persino a me è venuto il dubbio, e vi assicuro, sono andato a cercare, in giro, ovunque. Ma proprio non ho trovato una sola riga di un solo post o di una sua dichiarazione in cui in forma anche lieve, almeno dal 2009, Grillo abbia dimostrato non dico una «apertura politica» ma la minima intenzione di collaborazione parlamentare nell’interesse del Paese. Questa forse è l’unica notizia e novità nel panorama politico italiano, mai nessuno per così tanto tempo è stato tanto coerente e ostinato – anche sbagliando, anche andando contro il proprio elettorato e il buon senso e anche solo l’immagine dell’interesse nazionale – nel dire no a qualsiasi collaborazione, fosse anche un semplice «appoggio esterno». In che lingua dovrebbe scriverlo? Credo che il concetto sia chiaro anche nella traduzione giapponese del suo blog! Certo, continuare a indicare questa collaborazione – mirata e per obiettivi – come la strada maestra per il bene del Paese è una bella scoperta, che però è bene ricordare che su quella linea (costruttiva e politicamente generosa e seria) fu proprio Bersani a rinunciare all’incarico di governo. Se quella volta quel tentativo, tra mille distinguo, fosse andato in porto, è probabile che non parleremo più da mesi né di inciucio, né di compromesso a ribasso, né del ruolo di Berlusconi – che torna centrale e determinante nonostante tutto sulla scena politica nazionale proprio grazie al rifiuto cieco e ostinato di Beppe Grillo. Non bastava quello a chiarire definitivamente due concetti ripetuti fino alla noia? Il primo, che il vero «nemico da abbattere» per Grillo è il Pd, senza se senza ma e senza alcun distinguo. Il secondo, che a Grillo i problemi non interessa affatto risolverli, lui ne ha bisogno. Ha bisogno della tensione sociale, per accreditarsi come il leader che – solo e unico – può tenere a bada le masse inferocite. Ha bisogno di alzare la tensione sociale – che già c’è, esiste ed è concreta – perché altrimenti le sue grida non si sentono sopra le altre. Grillo vive di antipolitica, e la sua abilità è stato dare l’illusione a migliaia di persone che lui – almeno – gli potesse dare voce. Ma proprio per non perdere questa forza, Grillo non può proporre nulla di concreto, né operare in questa direzione. Se poi vogliamo aggiungere un terzo elemento, questo richiamo all’autunno caldo e la spinta ad elezioni tra ottobre e febbraio, è il solo sistema che Grillo ha per evitare che venga cambiata una legge elettorale che per lui è indispensabile: non solo gli consente di nominare lui i suoi parlamentari, ma impedisce un dibattito vero in campagna elettorale e non richiede le preferenze e il confronto tra candidati. Infatti anche se argomento molto popolare nei suoi 20 punti non si parla di riforma elettorale e Grillo dopo le amministrative è ben consapevole di cosa rischia con una autentica partecipazione e selezione dei candidati. Per di più non c’è un solo atto parlamentare del Movimento 5 Stelle che possa anche solo essere interpretato come un’apertura o come forma di collaborazione, e tutte le volte che qualcuno del Pd ha mostrato una certa disponibilità su temi specifici è puntualmente arrivato il «passo indietro» o la smentita di Grillo e di Casaleggio. Certo a meno di non voler vedere un’apertura nella dichiarazione di Morra che disse “se si trasformano nel M5S, ci rendiamo disponibili a realizzare il nostro programma di Governo” o quella confusa di Nuti subito smentita dal blog del leader-padrone. Ora sarà il caldo, la voglia di creare notizie estive, il voler essere stimolo alla proposta politica, ma qui l’unica notizia vera è che Grillo è coerente con se stesso e che l’unico suo obiettivo è vivere sulle spalle (politiche e sociali) del Partito Democratico. Semmai l’effetto unico di parlare di inesistenti aperture e non fare alcun vero affondo sul tema reale: serve davvero al Paese, e ai problemi veri delle persone, un gruppo parlamentare che obbedisce ciecamente, incapace di qualsiasi tipo di mediazione costruttiva e di collaborare ad una qualsiasi alternativa di governo, in cui tornino al centro le questioni della vita quotidiana delle persone e delle imprese?
L’Unità 06.08.13