Non deve trarre in inganno il calo di giugno rispetto a maggio (da 12,2 a 12,1%): la disoccupazione su base annua è cresciuta di 1,2 punti. Siamo sempre sopra i tre milioni di senza lavoro. Il tasso di occupazione (55,8%) è al minimo dal 2000. A pagare ancora una volta il prezzo più alto sono i giovani, il cui tasso di disoccupazione è salito di 0,8 punti al 39,1%, vale a dire 4,6 punti in più su base annua.
Ogni volta che escono i dati mensili dell’Istat, la sensazione è quella di partecipare a un incontro di boxe con le mani legate dietro la schiena. In attesa della trasformazione in legge delle misure per l’occupazione, in particolare giovanile, che diventano sempre più urgenti, operatori ed esperti stanno chiedendosi come uscirne, misurando le forze in campo per affrontare la sfida del lavoro. Dalle risorse europee (che nel recente passato siamo riusciti a spendere solo per il 40%), ci si aspetta una boccata di ossigeno per gli under 30, ma anche un salto di qualità nel modo di affrontare la disoccupazione e nell’approccio alla creazione di nuove occasioni occupazionali. Sono due i punti deboli e le palle al piede del nostro mercato del lavoro: la rete dei servizi all’impiego e la formazione. In Italia il mercato del lavoro assomiglia più a un suk che a una rete efficiente di servizi, un supermercato del fai da te con tanti bricoleur che vi si aggirano. E’ necessario mettere in comunicazione la domanda (le imprese) e l’offerta di lavoro (le persone che cercano) con canali più professionali.
Il salto deve essere realizzato in fretta, perché dal primo gennaio 2014 la rete dovrà far funzionare la Garanzia lavoro, senza la quale non avremo diritto alle risorse stanziate (1,5 miliardi). L’impresa è difficile, ma si può fare. Di fronte all’inadeguatezza dei servizi, il lavoro oggi lo si trova grazie ad amici, parenti e conoscenti. All’estero si usano invece canali professionali. Ad usare i centri pubblici nella media dei 27 Paesi Ue è il 53% di chi cerca un lavoro, l’81,2% in Germania, il 57% in Francia, solo il 33,7% in Italia. Sfiducia o incultura? Le agenzie private sono usate ancora meno: dal 23% nella media Ue, dal 13,5% in Germania, dal 29% in Francia, solo dal 19,6% in Italia. Se poi guardiamo non solo gli strumenti usati per la ricerca, ma la loro effettiva efficacia, il panorama è desolante: in Italia solo sei cercatori su cento trovano lavoro con agenzie private e centri pubblici per l’impiego. Come riusciranno in pochi mesi questi servizi a mettere in pratica la sfida dell’occupazione, senza una campagna di rilancio del loro ruolo e una dose massiccia di formazione a tutti gli addetti? Il campo da gioco è immenso.
I giovani tra 15-29 anni, target dei nuovi provvedimenti, sono 9,5 milioni, di cui occupati sono poco più di tre milioni (3070mila), quasi 4 milioni gli studenti, 1040 mila i disoccupati, con un tasso di disoccupazione del 26%. I ragazzi tra 15-24 anni sono 6 milioni, di cui i disoccupati sono 642 mila, con un tasso del 39,1%. Come accompagnare questi nuovi clienti nel cammino dall’assenza di lavoro e dalla precarietà verso una maggiore stabilità? La rete dei servizi dovrà fornire a tutti entro quattro mesi o un’opportunità di lavoro o un’opportunità formativa. Come si aiutano i quasi ventimila dipendenti dei centri pubblici e delle agenzie private ad assolvere un compito a cui non sono abituati? Come riusciranno a cogliere i bisogni delle imprese e dei giovani e a indirizzarli verso efficaci opportunità formative? La legge da sola non basterà. Ma nemmeno la rete sarà sufficiente, se non si metterà mano contemporaneamente a una drastica riforma della formazione.
Il punto di attacco è il superamento dei venti sottosistemi di formazione professionale, gestiti in un delirio solipsistico dalle regioni, che si potrà realizzare solo con la creazione di una cabina di regia nazionale, che promuova l’apprendistato e la nascita della formazione post-diploma di alto livello, che oggi coinvolge poche migliaia di giovani. Senza dimenticare che un’offerta di formazione dovrà in futuro essere rivolta non solo ai ragazzi, ma anche agli adulti, agli over 50 e alle donne, che vogliono rientrare nel mercato del lavoro.
La Stampa 01.08.13