«Morire così… È il modo in cui si muore… per un sogno… perché mia moglie stava realizzando il sogno della sua vita, fare il sindaco per lei era mettere in pratica delle cose, voleva dire fare qualcosa di concreto per la gente… Morire così è assurdo», dice Giuseppe Poliseno, marito di Laura Prati, la sindaca di Cardano al Campo, morta dopo l’aggressione in Comune.
Parla di lei e di quella «passione» che con lei ha condiviso per vent’anni, l’amore e l’amore per la politica, dal matrimonio all’ultimo giorno insieme, fin da quando dovettero rientrare dal viaggio di nozze nel Salento perché a Cardano il Consiglio doveva eleggere il nuovo sindaco e lui, Giuseppe, giovane militante e consigliere prima del Pci poi del Pds non poteva mancare. Era il Novanta. «C’era la possibilità di formare una Giunta insieme ai socialisti, dovevo rientrare, anche se poi la cosa non andò in porto».
Fu in quella occasione che Laura riconobbe la sua vocazione. «Si avvicinò alla sezione. In quel periodo le cose cambiavano in fretta. Il segretario si era dimesso e bisognava eleggerne uno nuovo. Nel partito non sapevano chi scegliere, volevano una donna, ricordo ancora quel momento, ricordo che mi guardò e mi disse di voler provare. E fu eletta».
Cominciò così una lunga carriera «prima nella segreteria provinciale, poi nell’assemblea nazionale, fino alla presidenza della direzione provinciale del Pd. Venne eletta consigliere provinciale, vice sindaco per due mandati, poi volle provare da sola, rompendo l’equilibrio tra le forze di centro e quelle di sinistra. “Anche a Cardano può esserci un sindaco di sinistra”, diceva. E aveva ragione. Vinse le primarie per un solo voto, provocando qualche mal di pancia nel partito, ma andò avanti. Era una battagliera, e d’altra parte se non lo fosse stata non sarebbe mai arrivata dove è arrivata. Laura voleva realizzare un programma di sinistra e lo stava facendo: è stata la prima, almeno in provincia ad istituire il Registro del Testamento biologico, ha inaugurato la residenza per anziani “Paolo VI” e ne ha dedicato tre sale a tre scrittrici impegnate. Per questo è stata criticata dall’opposizione e anche dal bollettino parrocchiale. Ma lei era così: faceva le cose in cui credeva».
Credeva nei diritti, nelle donne, nella cultura. «Era un vulcano. Era sindaco ma era moglie, madre, studente. Si era iscritta all’Università di Ferrara in Archeologia, perché amava la storia antica. A mio figlio dicevo: “Guarda tua madre, fa mille cose e prende anche trenta. Tu ti sei fermato al ventisette…».
Era moglie. «Ripensandoci, sa com’è in questi momenti, forse avrei potuto farle pesare meno il fatto che era sempre molto impegnata. Ogni tanto glielo dicevo. E lei faceva di tutto per essere presente. Quando è stata eletta ha anticipato la riunione di Giunta alle 18, così alle 20,30 o alle 21 riusciva ad essere in famiglia. Alle ultime elezioni politiche, visto che era stata la prima dei non eletti alle regionali, avrebbe avuto la possibilità di candidarsi alla Camera. Ma ragionava sul fatto che andare a Roma avrebbe significato sacrificare noi: “E poi mia figlia quando la rivedo”», diceva.
Era madre. Di Alessia, dodici anni. «Credo che lei non abbia ancora percepito del tutto. Mi si avvicina, mi coccola, non vuole che pianga, gioca con le cugine, le persone che ci sono vicine. Vedremo come reagirà nei prossimi giorni, quando la casa resterà vuota. Massimo ha 21 anni, sta soffrendo moltissimo ma è un uomo. Era contento di come abbiamo trascorso l’ultima notte con Laura. Le abbiamo parlato tantissimo, mi ha detto: “Papà è stata la notte più bella della mia vita, non ho mai parlato tanto con mia madre”. Le abbiamo anche letto un libro bellissimo che aveva cominciato: “Il buio oltre la siepe”».
«I libri erano un’altra delle sue passioni. Li ha inseriti nel suo programma, portando a Cardano la rassegna internazionale “Libreville, la città dei libri”. È stata la sua ultima iniziativa pubblica, prima che succedesse quello che è successo. Amava anche il teatro, il cinema, la storia. Da poco aveva fatto uno stage presso gli scavi di Mont Saint Michel, in Normandia».
Mille impegni, tanti amori e ma poi tornava sempre al suo lavoro, alla passione più grande. «In casa parlavamo spesso di politica, avevamo anche punti di vista differenti. Io per esempio sul partito ero molto critico, lei che ne faceva parte cercava invece di giustificare alcune scelte.
A volte i ruoli si invertivano, le dicevo di non cercare lo scontro con l’opposizione ma lei era sempre molto decisa, convinta di quello che faceva. Puntava molto sui servizi, e ultimamente le pesava di aver dovuto alzare l’Imu per non tagliarli. Per le famiglie ha creato degli spazi laici gestiti dal Comune, che si occupano dei bambini quando i genitori sono al lavoro e le scuole sono chiuse. A Natale, a Pasqua, in estate».
Anche in questa, la sua ultima, condannata dall’odio di un uomo che di Laura Prati ha fatto il simbolo del suo fallimento e su di lei ha scaricato il rancore provato per quelle accuse, per il coinvolgimento in una truffa ai danni del Comune che gli è costata la sospensione dal posto di lavoro per sei mesi. «La sola colpa di Laura è stata di nominare una commissione che ha deciso di prorogare quella sospensione». Per questo, l’ex vigile urbano Giuseppe Pegoraro è tornato in Comune, ha sparato al sindaco e al suo vice, Costantino Iametti. Adesso è accusato di omicidio volontario.
«Non ho mai pensato a lui, in queste settimane ho pensato solo a mia moglie, a starle vicino, occuparmi di lei. Sembrava che stesse guarendo, c’era ottimismo. Poi tutto è precipitato. Di lui non so cosa dire, non so cosa provare, spero solo che sia fatta giustizia, perché ha distrutto un sogno… Mia moglie stava realizzando il sogno della sua vita».
La camera ardente verrà allestita nei prossimi giorni, forse già venerdì i funerali.
L’Unità 24.07.13