In questo Paese sospeso, che vive una crisi economico-finanziaria molto pesante, una crisi di rappresentanza evidente e una crisi di fiducia preoccupante, sembra quasi che si sia rinunciato alla politica come strumento- guida di un sistema disorientato. Le elezioni con due sconfitti (Pd e Pdl) e un outsider egoista – M5S – hanno imballato il Parlamento. Il suicidio del Pd nel voto per il Quirinale ha certificato l’impotenza finale del sistema, con la politica che non riesce a dar forma alle istituzioni, nemmeno a quella suprema.
Il governo di necessità che è nato da questo quadro disperato porta con sé tutte le contraddizioni della fase, a partire da una alleanza contronatura tra destra e sinistra che si giustifica solo se fa quattro cose indispensabili per sgombrare la strada ostruita della politica e riportare il Paese al voto: cambiare la legge elettorale, ridurre i costi della politica, negoziare con l’Europa un diverso rapporto tra austerità e crescita, affrontare il dramma del lavoro. Letta sta negoziando seriamente con Bruxelles e Berlino: tutto il resto è invece avvolto dalla nebbia del minimo comun denominatore, unico possibile risultato di un’alleanza tra culture contrapposte. In più il Pd paga da solo – fino all’autolesionismo – il prezzo della responsabilità di governo a cui il Pdl è estraneo, come dimostra la vergogna del caso Alfano.
Perché il sistema ritrovi ossigeno, autonomia e libertà, serve almeno l’abolizione immediata del Porcellum, per rendere agibile il percorso elettorale quando servirà. Come ha scritto Eugenio Scalfari, «la legge elettorale che è stata infilata (non si capisce perché) nella legge costituzionale affidata all’apposita commissione dei 40, va rimessa a disposizione del Parlamento. Non si può infatti correre il rischio che un ritiro della fiducia al governo da parte di un partito avvenga senza l’abolizione del Porcellum. Si tratta di una legge ordinaria ma fondamentale e non può essere sottratta alla libera disponibilità del Parlamento».
Perché il Pd non fa questa scelta, subito? Per una volta guiderebbe l’agenda invece di subirla, farebbe l’interesse del Paese e ritroverebbe persino la sua opinione pubblica, sconcertata dallo scandalo Alfano.
La Repubblica 24.07.13
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