Passa il tempo ma una vera strategia antidebito il Comune di Parma stenta a metterla in campo. Un anno dopo la clamorosa vittoria ottenuta alle elezioni municipali, il sindaco grillino Federico Pizzarotti sembra faticare a trovare il bandolo della matassa. Il consigliere d’opposizione Massimo Iotti ha addirittura postato su Twitter un incredibile confronto tra Parma e Detroit, la città americana che ha dichiarato fallimento in questi giorni. Quel che è certo è che il sindaco, con una mossa che ha destato sorpresa, ha autorizzato la società partecipata Stt a emettere un bando per la ricerca di un consulente internazionale che elabori un piano di risanamento e ristrutturazione. Costo dell’operazione: 700 mila euro. A rendere ancor più singolare la mossa di Pizzarotti contribuiscono una serie di precedenti. L’economista Loretta Napoleoni, che avrebbe dovuto illuminarlo a titolo gratuito, «se ne è andata dopo pochi giorni» (parole del sindaco) e l’assessore al Bilancio, Gino Capelli, ha preferito tornare ai suoi incarichi professionali lasciando la giunta sul più bello. In materia di soldi buttati al vento nelle consulenze Parma del resto ha un pedigree assoluto: l’ex sindaco Pietro Vignali aveva fatto le fortune di tutti i guru italiani della comunicazione.
Se dalla cronaca delle consulenze girevoli tentiamo di passare a rintracciare numeri certi il quadro è ancor più sconsolante. Si parte da un debito consolidato (Comune più controllate) di 850 milioni. Pizzarotti sostiene di averlo ridotto di 265 ma in realtà ha semplicemente cancellato quella porzione di debito perché una società (Spip) che lo aveva in pancia è fallita e l’altra (Stu Pasubio) è stata alienata. Il debito si è ridotto ma solo in virtù di una forte perdita patrimoniale. Intanto si continuano a pagare interessi alle banche per 40-50 milioni l’anno e le società controllate, come la Stt e Parma Infrastrutture, accumulano nel frattempo ulteriori perdite di gestione anch’esse valutabili in circa 40 milioni annui. Il risultato è che i parmensi pagano già il massimo delle imposte e il Comune in compenso non ha un soldo da spendere.
Accusato di scarsa competenza amministrativa Pizzarotti però non demorde. La sua forza è l’empatia e così si fa vedere spesso in pubblico, magari per presentare libri. Con il Pd nazionale ha intessuto qualche rapporto che gli ha permesso di entrare nel direttivo dell’Anci e nei giorni scorsi, durante un’intervista pubblica con l’imprenditore Matteo Cambi, incappato in un recente passato in disavventure giudiziarie della sua azienda Guru, ha fatto sapere che sta studiando «un nuovo logo cittadino a forma di cuore». Di sicuro la generosità dei suoi concittadini è elevata visto che la società civile e la Confindustria, tradizionalmente molto forte in città, non gli hanno chiesto ancora il conto dell’anno di rodaggio. Quanto all’inceneritore, che i grillini avrebbe voluto vendere ai cinesi, prima è regolarmente partito e solo successivamente è stato fermato dal Comune con una serie di cavilli burocratici. Si aspetta a fine mese la sentenza del Tar per dirimere il contenzioso, nel frattempo però la società di gestione, la Iren, ha messo in moto il tassametro: chiederà danni per 200 milioni per ogni giorno di procurato fermo. Stando così le cose è facile pensare che tutte queste contraddizioni finiranno per scaricarsi sulle bollette dell’energia. Inceneritore a parte, per quadrare il cerchio e cercare di far partire un vero piano di rientro dal debito ci sarebbe necessità, secondo l’ex assessore Capelli, «di trovare nuova finanza». E forse quei 700 milioni offerti in consulenza servono proprio ad attirare (e garantire) qualche operatore di mercato voglioso di cimentarsi in una sorta di «finanza creativa alla parmigiana».
Il Corriere della Sera 21.07.13