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“Il branco di Montalto assisterà donne maltrattate”, di Maria Novella De Luca

Rubarono il futuro a Maria in una notte di maggio di sette anni fa nella pineta di Montalto di Castro. Erano in otto, tutti minorenni, e la stuprarono a turno, senza pietà. Ieri per l’intero branco di violentatori, nel frattempo diventati maggiorenni, il tribunale per i minori di Roma ha disposto ancora una volta non la condanna, ma l’affidamento ai servizi sociali. Quella “messa in prova”, prevista dall’ordinamento minorile, già fallita una volta e revocata dalla Cassazione, perché proprio durante quel periodo di affidamento ai servizi sociali, uno dei violentatori era stato denunciato per stalking dalla fidanzata.
Ma l’esito ieri, nonostante le richieste di condanna a quattro anni per ognuno degli otto membri del branco avanzate dal pubblico ministero Carlo Paolella, è stato identico a quello del primo processo. Affidamento ai servizi sociali: i colpevoli, rei confessi di aver stuprato Maria (nome di fantasia) che nel 2007 aveva soltanto 15 anni, per circa un anno e mezzo dovranno “prestare servizio”, presso residenze per anziani e comunità. Ma anche, ed è un paradosso nel paradosso, dovrebbero essere utilizzati nei centri dove si rifugiano le donne maltrattate, le donne violentate, in fuga proprio da uomini che hanno compiuto i reati degli otto del branco. Si conclude cos ì una storia emblematica e triste, un processo infinito mai arrivato ad una sentenza e che adesso, se per i violentatori funzionerà la “messa in prova”, sarà annullato, estinto.
Come se nulla fosse accaduto quella notte, e poi negli anni seguenti, la dura battaglia di Agata, la madre di Maria, insieme ad un coraggioso e tenace gruppo di donne dell’Udi e alla consigliera comunale di Viterbo Daniela Bizzarri. Parla tra le lacrime Agata: «Sono più delusa che mai, non credo più nella giustizia italiana. Ogni giorno vengono violentate donne e ragazze, tutti gridano denunciate denunciate, ma poi per le vittime inizia il calvario mentre gli stupratori restano liberi. I giudici dicono: allora erano ragazzi, bisogna dargli una opportunità. E Maria allora? Non era quasi una bambina anche lei?». Aggiunge Agata: «Come mamma rifarei tutto dall’inizio, ma dopo sette anni di pianti non abbiamo ottenuto niente. Tra pochi mesi per loro sarà finito tutto, per noi la pena non finirà mai». E Agata racconta ancora. «L’avvocato mi ha detto che alcuni di loro andranno a “lavorare” nei centri per le donne maltrattate, come è possibile? ».
Commenta Teresa Manente, avvocato dell’associazione “Differenza donna”. «Stento a credere che un tribunale per i minori abbia pensato di inserire degli stupratori nei nostri centri, dove donne in grave pericolo di vita cercano di ritrovare se stesse…
Probabilmente c’è un equivoco. Ma questa messa in prova, per un delitto così grave come lo stupro di gruppo, paragonabile ad un tentato omicidio, dimostra ancora una volta quanto nei tribunali la violenza sessuale venga sottovalutata ». Di fronte a delitti così atroci, che distruggono e minano per sempre l’integrità di una persona, sottolinea Teresa Manente, «l’attenuante della giovinezza non dovrebbe esistere, oggi poi che gli aggressori sono tutti maggiorenni».
Ed è proprio questo per l’avvocato Giulia Bongiorno, ex presidente della commissione Giustizia della Camera, il vulnus più grave di molte vicende processuali. «In astratto difendo il principio della seconda prova per minorenni che compiono un reato, anche grave. Ma il vero problema è che la lunghezza dei processi, fa sì che la sanzione venga applicata a persone completamente diverse da quando hanno commesso il fatto. La messa in prova che può essere comprensibile per dei minorenni, può apparire incongruente per degli adulti… ». E Giulia Bongiorno ricorda quanto sarebbe importante ripartire dall’educazione, contro il sessismo e gli stereotipi.
Parla di una «decisione indegna », Lorenza Bonaccorsi del Pd, che annuncia una interrogazione parlamentare. Precisa invece l’avvocato Antonio Cardamone, difensore di uno degli otto stupratori: «Il tribunale dei minorenni ha applicato in maniera puntuale quello che è previsto dal processo minorile. Siamo in presenza di ragazzi che all’epoca avevano all’incirca 14 anni e penso che nessuno possa auspicare una detenzione carceraria. Hanno tutti chiesto scusa, hanno tutti dimostrato la loro resipiscenza, di più non si poteva fare». Chissà. Dice Agata: «Mai nessuno ha chiesto scusa, li ho visto soltanto ridere e scherzare». E Daniela Bizzarri, accanto a lei: «Maria doveva fare appello, opporsi, ma non ce la fa più. Dopo questa decisione quante donne rinunceranno a denunciare i loro aguzzini? ».

La Repubblica 12.07.13

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