Duecentomila posti di lavoro in più per gli Under 30. Il tasso di disoccupazione giovanile in calo di due punti. Le promesse di Enrico Letta e di Enrico Giovannini sul pacchetto Lavoro varato dal governo sono importanti e impegnative. Pubblicato definitivamente sulla Gazzetta ufficiale, il decreto Lavoro del governo può essere analizzato, sviscerato e soppesato. Come sempre avviene i testi approvati dal Consiglio dei ministri vengono ulteriormente limati e passano il vaglio della Ragioneria dello Stato e del presidente della Repubblica, che prima di mettere la sua firma vaglia con attenzione le norme contenute. Autorevoli commentatori, a partire da Tito Boeri de lavoce.info hanno criticato duramente il provvedimento, sostenendo che servirà solo a pagare alle imprese assunzioni già decise. Prendendo come riferimento gli effetti dei 231 milioni di sgravi decisi dal governo Monti al tempo del Salvaltalia che ebbero come effetto netto pochissime assunzioni. Imprese e sindacati invece, seppur con molti distinguo e per ragioni diverse, apprezzano il decreto. Sia nel merito, la decontribuzione per le nuove assunzioni e le norme sull’autoimprenditorialità; sia per il metodo, entrembe sono state consultate e ascoltate prima di mettere a punto le norme. «Le previsioni sono una cosa, poi bisogna vedere se il risultato è effettivamente quello», ha commentato come al solito in modo pragmatico il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. «Il pacchetto – ha ribadito Squinzi – è un passo nella direzione giusta, c’è qualcosa da mettere a posto. Ci sono cose positive, ma non c’è tutto quello che abbiamo suggerito». Più nello specifico è andata il suo predecessore in Confindustria, Emma Marcegaglia: «Mi sembra che alcune iniziative siano positive, come quelle sui contratti a termine e che ci sia un pò più di liberalizzazione. È stato però al momento stralciato il pacchetto flessibilità per l’Expo che invece credo vada assolutamente rimesso ed è molto importante che questo venga fatto ». Il riferimento è alla possibilità, proprio in vista dell’Expo 2015 a Milano, che i contratti a tempo determinato possano essere rinnovati fino a 48 mesi (4 anni) contro i 3 (e con altre limitazioni) attuali. Anche le piccole imprese rappresentate da Rete Imprese Italia esprimono «un apprezzamento per l’atteggiamento propositivo e il dialogo positivo che ha caratterizzato » il varo del pacchetto. «Le prime misure vanno nella giusta direzione» ma evidenziando, al tempo stesso, «l’importanza, soprattutto in questa fase, di non esitare sulla flessibilità in entrata e sugli interventi che occorrono al mercato del lavoro». Spostandosi ai sindacati, anche per la Cgil il giudizio è positivo ma articolato. «Il rischio di buttare soldi pubblici e di favorire solo le imprese è sempre presente – spiega Claudio Treves, coordinatore del Dipartimento politiche del lavoro della Cgil – ma questa volta mi pare che il decreto sia uno strumento molto migliore e rigoroso rispetto a quelli precedenti. In primo luogo questa volta gli sgravi sono più schermati perché prevedono condizioni aggiuntive per essere utilizzati e anche nel caso degli incentivi per trasformare contratti precari in tempi indeterminati comportano nuove assunzioni che porteranno ad un incremento netto dell’occupazione ». Su quanti posti produrranno, Treves non fa previsioni: «Il mestiere precedente di Giovannini – si limita a dire – mi sa pensare che i numeri da lui dati non siano a casaccio». Nelle 25 pagine di decreto non è poi presente la norma che tutto il sindacato avversava di più: quella che con la scusa dell’Expo 2015 a Milano rendeva possibile prolungare i contratti a tempo determinato a 48 mesi. «È importante che il governo ci abbia ascoltato, sarebbe stato lo stravolgimento di qualunque regola». Ma nelle 25 pagine per la Cgil non mancano anche tante ombre. «Sulla flessibilità in entrata c’è una triplice combinazione molto negativa: sui contratti a termine si rimuove la causale rendendola possibile per contratti fino a 36 mesi, poi c’è l’abolizione della natura occasionale dei voucher che renderà possibile sostituire personale con contratti a tempi indeterminati con personale assunto con voucher fino a 5mila euro. Infine la norma sul lavoro intermittente lo limita a 400 giorni in tre anni, ma significano ben 3 mesi e 10 giorni l’anno e sono sufficienti per tutte le professioni stagionali, allargandone l’uso in modo rilevante». Un ultima norma viene sottolineata da Treves. «Si torna a parlare di articolo 8, la norma voluta da Sacconi e che permette di derogare in sede aziendale ai contratti nazionali. Mentre noi continuiamo a chiederne l’abrogazione, nel decreto all’articolo 9 comma 4 si prevede che le applicazioni dell’articolo 8 siano valide “subordinatamente al loro deposito presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio”. Credo che la ratio sia quella di farli emergere e scoprire quindi quanto l’articolo 8 sia stata usato, ma era certamente meglio cancellarlo». La sintesi della posizione della Cgil è però come sempre legata ad una questione molto più importante. «Il decreto servirà solo se riparte la domanda interna, diversamente gli effetti saranno limitati»,
L’Unità 01.07.13