27 giugno 198o – 27 giugno 2013: sono passati 33 anni da quella tragica notte, quando un aereo civile, che doveva collegare Bologna con Palermo, si inabissò nel mare di Ustica, portando con sé la vita di 81 innocenti cittadini.
Proprio in questo anniversario possiamo finalmente affermare di avere, con lo sforzo di tanti, parenti, avvocati, cittadini, magistrati, scritto quella pagina di verità che era stata fatta sprofondare insieme all’aereo. La sentenza-ordinanza del giudice Priore del 1999, le sentenze del Tribunale civile di Palermo e la più recente sentenza della Corte di Cassazione, ci dicono, in maniera definitiva, che il DC9 è stato abbattuto ed è stata responsabilità dei ministeri dei Trasporti e della Difesa non avere salvaguardato la vita dei cittadini, e poi avere ostacolato in ogni modo il raggiungimento della verità.
Oggi mi tornano alla mente le parole con cui proprio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che va ringraziato per la sua continua attenzione a questa vicenda, si rivolgeva a tutti noi nel 2010: «Intrecci eversivi, forse anche intrighi internazionali, opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato e inefficienza di apparati hanno allontanato la verità sulla strage del Dc9».
È proprio questo lo scenario che dobbiamo definitivamente svelare, passando, come abbiamo anche scritto presentando le iniziative che si terranno a Bologna, dalla verità giudiziaria alla Storia. Questa è la nuova pagina che dobbiamo scrivere, consapevoli fino in fondo che questa è la Storia del nostro Paese, che la Storia non può essere scritta dai parenti delle vittime, e neppure dalla politica, o dai Parlamenti, ma che tutti abbiamo il dovere di ripercorrere la vicenda di Ustica, a cominciare dal contesto internazionale perché certamente un episodio di guerra aerea, come quello che ha travolto i nostri cari, è un episodio che coinvolge gli Stati e le loro politiche.
E allora il compito primo è sentire che quello di Ustica è un grande problema di dignità nazionale, che richiede un ulteriore impegno particolare della magistratura, che deve con rinnovata decisione continuare nelle indagini, ma nel contempo richiede un totale coinvolgimento della politica, del governo e della nostra diplomazia. Il governo deve mostrare grande determinazione nei confronti di Stati amici e alleati, deve avere un comportamento totalmente diverso da quello che ha portato – fino ad ora – alla mancata ratifica del Trattato di collaborazione giudiziaria del maggio 2000, per cui non è stata possibile la collaborazione delle istituzioni europee nella vicenda di Ustica.
C’è da ricostruire un panorama molto complicato, perché, contrariamente a quanto affermato ufficialmente, quella notte erano molto «frequentati» sia il mare che il cielo. Nel Mediterraneo – parlo appunto di mare e cielo – si muovevano mezzi militari di tanti Paesi, alleati e non, seguendo i più vari interessi, frutto di una situazione geopolitica molto complessa e ancora non completamente disvelata. C’è tutta una politica internazionale da scandagliare. E non voglio tacere che il governo e i ministeri sono stati condannati, e ragionevolmente arriveranno altre condanne: per questo possiamo e dobbiamo chiedere di conoscere i loro futuri atteggiamenti.
Pagheranno in silenzio con qualche stralcio di bilancio, mettendo dunque il tutto sulle spalle dei contribuenti ovviamente non responsabili, o chiederanno conto dei comportamenti, dei loro dipendenti? Non credo che questa sia una richiesta motivata da vendetta, ma è soltanto chiedere conto dei comportamenti degli uomini degli apparati dello Stato. O ancor meglio, esigere chiarezza e trasparenza nel rapporto tra istituzioni elettive e apparati dello Stato. In definitiva si tratta di capire cosa è effettivamente avvenuto all’interno degli apparati militari di difesa quella tragica notte creando una situazione per cui, lo dico senza retorica, non sono stati difesi «i sacri confini della Patria» e aerei militari hanno potuto «razzolare» indisturbati fino a colpire un volo civile.
Oggi possiamo salutare con soddisfazione le notizie di una avviata collaborazione francese. Dopo 33 anni c’è la possibilità di interrogare gli avieri di Solenzara: rendiamoci conto però che stiamo cercando di annodare i fili di una tela che è stata colpevolmente stracciata quando la magistratura tenne le indagini circoscritte al triangolo Ponza-Latina-Palerno e l’Aeronautica affermava che il DC9 era caduto per cedimento strutturale.
Queste è la prima grande responsabilità, la fonti di ogni inganno. Oggi è imprescindibile il bisogno di ripercorrere e scandagliare, in ogni anfratto, quanto avvenuto nei primi mesi dopo la tragedia, e quindi diventa obbligatorio un grande lavorio sulle fonti di documentazioni e sulle informazioni di cui disponeva il governo, a partire dale relazioni con i Paesi alleati. E in questo quadro è ineludibile la consultazione e la verifica degli archivi degli apparati, in primis di quelli dei servizi segreti.
Passare dalla verità giudiziaria alla necessità di definire la Storia di quel periodo credo sia il compito che ci attende oggi, per onorare la memoria dei nostri cari, vittime innocenti, ma anche per salvaguardare la dignità dell’intero Paese.
L’Unità 27.06.13