La Sentenza della Corte Costituzionale è la conferma di una anomalia che l’Italia si porta sulle spalle da un ventennio e che non è mai stata risolta. In sostanza, anche nel caso Mediaset, c’è stato da parte di un premier un uso ad personam del suo ruolo e di quello dei ministri e contemporaneamente la negazione del principio di collaborazione tra i poteri dello Stato che è alla base della democrazia.
Questo vulnus è stato compiuto utilizzando arbitrariamente una delle leggi personali volute da Berlusconi per difendersi dai processi: il legittimo impedimento. Certo, sapevamo già tutto. Per anni abbiamo assistito a rotture istituzionali, forzature politiche, scontri con gli altri organi dello Stato, attacchi al sistema democratico e tentativi di spezzare l’equilibrio costituzionale. Ma leggere le parole con le quali la Corte Costituzionale respinge il conflitto di attribuzione voluto dal leader del Pdl rende tutto più chiaro e più drammatico: Berlusconi ha tentato, maldestramente, di fermare i giudici convocando una riunione di governo proprio nel giorno che egli stesso aveva concordato, sulla base dei propri impegni, per essere ascoltato in udienza. Un comportamento inammissibile e giustamente sanzionato perchè incompatibile con il ruolo di un presidente del consiglio.
L’ingorgo giudiziario di Berlusconi rischia nei prossimi giorni – tra il processo Ruby e quello per la compravendita dei parlamentari – di scaricare tensioni improprie sul sistema politico. Anche se è del tutto evidente l’estraneità del governo di Letta al percorso processuale del Cavaliere, anche se è chiaro, contrariamente a quel che scrivono i fustigatori del «grande inciucio», che nessuno scambio c’è stato, c’è o ci sarà, resta da capire quale sarà il comportamento del leader del Pdl e dei suoi uomini al governo in questo passaggio così delicato. Per il momento, nonostante la tensione evidente ieri anche al termine del Consiglio dei ministri, sia l’uno che gli altri denunciano con durezza il solito «accanimento» dei giudici ma confermano leale sostegno al governo. Se questa linea durerà nel tempo è difficile prevederlo perché le incognite sono troppe e perché il Cavaliere ci ha abituato alla sua imprevedibilità. È difficile però immaginare una rottura contro natura, visto che le performance elettorali del Pdl alle amministrative e le curve dei sondaggi non incoraggiano una prova di forza senza sbocco.
In ogni caso non è detto che una crisi di governo finisca con il voto anticipato perchè il Paese, travolto da una crisi senza precedenti, ha bisogno di altro che una nuova inutile guerra elettorale all’ombra del Porcellum. Deve essere chiaro a tutti.
Questa vicenda, comunque vada a finire, ci dice tuttavia che quell’insostenibile anomalia non può restare come una cappa sul Paese. Intanto è fuori discussione un fatto: se la Cassazione confermerà la condanna di Berlusconi, e quindi anche la sua interdizione dai pubblici uffici, quella sentenza andrà applicata in ogni sua parte. Non sono accettabili trattamenti di favore per nessuno perché la legge è uguale per tutti, ed è uguale anche per Silvio Berlusconi.
Il vero problema però è come intervenire per evitare che questa situazione si ripeta in futuro. Per farlo, diciamolo senza giri di parole, non servono le scappatoie. Quindi, togliamo di mezzo la questione della ineleggibilità che poggia su una vecchia legge del 1957 quando i poteri economici erano altri e non c’erano società private titolari di concessioni pubbliche e che comunque divide i giuristi sull’interpretazione.
Il problema è fare finalmente una nuova legge che regoli il possibile conflitto di interessi e che renda incompatibile con la carica pubblica chi esercita il controllo di un’azienda che opera in concessione. Starà al soggetto in questione, come ha spiegato bene su queste pagine Massimo Mucchetti nei giorni scorsi, decidere se tenersi l’azienda e rinunciare al Parlamento oppure se tenersi il seggio e vendere il pacchetto azionario.
Sarebbe un modo limpido di risolvere l’anomalia del caso Berlusconi ma anche quelle che possono crearsi. È possibile farlo oggi, con questo governo? Pare assai difficile.
Ma questo resta un tema centrale sul quale il centrosinistra deve finalmente misurarsi con coraggio e con coerenza, non rinunciando a dire la sua in questo Parlamento a prescindere dalle tante disavventure giudiziarie del Cavaliere.
L’Unità 20.06.13