Mercoledì scorso, in commissione cultura della Camera, è accaduto un episodio di grande interesse, passato naturalmente sotto silenzio. Maggioranza e opposizione hanno votato contro la decisione del Governo di approfittare del decreto legge sui rifiuti della Campania per creare il nuovo Istituto di ricerca per la protezione ambientale (IRPA), che accorpa l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, l’Istituto nazionale per la fauna selvatica nonché dell’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare. La giustificazione è quella di razionalizzare: bene, ma che c’azzecca con i rifiuti campani? A domanda, legittima, il Governo nella figura del sottosegretario Menia risponde: “che non vi è attinenza diretta tra la norma in questione e il contenuto del decreto-legge all’interno del quale è stata inserita”. Evviva la sincerità e l’incoerenza. Ma che bisogno ha un Governo che gode di un’ampia e solida maggioranza di istituire un nuovo istituto di ricerca (che accorperà funzioni molto diverse e delicate) approfittando di un provvedimento urgente – cioè un decreto legge – che ha come oggetto i rifiuti? Misteri della politica italiana o smania governativa di decidere per vie sbrigative, aggirando l’iter parlamentare? Del resto si sa, il nuovo Esecutivo non ha tempo da perdere, mentre l’inutile e fannullone Parlamento italiano – incidentalmente espressione della volontà popolare – ne rallenta la missione riformatrice del Paese.
Tutti i membri della Commissione, sulla base delle considerazioni dell’on. Barbieri (PDL), relatore del provvedimento, hanno ritenuto che, stante la complessità della materia e la sua incidenza sull’ordinamento in modo generale e non settoriale, sarebbe opportuno definire il riassetto dei predetti enti di ricerca con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e coinvolgere le Commissioni parlamentari competenti nell’espressione del parere di competenza.
È stato quindi votato all’unanimità un parere per la commissione referente (cioè la commissione Ambiente), contrario all’orientamento del Governo. Per la verità non è servito a granché, anzi a nulla. Il parere della Commissione Cultura è stata ritenuta il “frutto di una azione lobbistica” (?) e il Governo ha tirato diritto. L’obiezione della Commissione sarà trasformato in un emendamento, a firma di tutti i capigruppo di maggioranza e opposizione e sarà presentato e discusso in Aula. Come andrà a finire lo sapremo la prossima settimana.
Una cosa è certa: il buon senso può pure prevalere nelle discussioni di merito, ma nulla può nei confronti di un Esecutivo che confonde la funzione di governo con quella di comando (a disprezzo anche della propria maggioranza parlamentare…).
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Pubblicato il 13 Giugno 2008