No al blocco della contrattazione, dei gradoni e dell’indennità di vacanza contrattuale. La scuola è stata utilizzata troppo spesso «come luogo di prelievo forzoso di risorse». E un altro blocco degli incrementi stipendiali finirebbe per aggravare ulteriormente la sofferenza di un comparto, che negli ultimi anni è stato già duramente colpito dai tagli.
Il monito viene dalla VII commissione istruzione del Senato, presieduta dal pd Andrea Marcucci, che lo ha formalizzato in un parere approvato il 29 maggio scorso.
Le osservazioni del collegio senatoriale riguardano lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, recante il regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti. E sono state trasmesse alla commissione affari costituzionale di palazzo Madama. Che esaminerà la bozza di provvedimento oggi dalle 14.30 in poi con eventuale prosieguo domani alla stessa ora.
La commissione istruzione ha fatto presente, inoltre, che il governo dovrebbe riqualificare le spese per tutto il comparto pubblico della conoscenza, tenuto conto che, secondo le conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012, esse sono da considerarsi quali investimenti in capitale umano.
Quanto allo specifico del provvedimento, se l’ipotesi di regolamento andrà in vigore così com’è, l’effetto sarà quello di un’ulteriore perdita del potere d’acquisto degli stipendi dei dipendenti pubblici. In modo particolare per la scuola. Per questo comparto, infatti, oltre al blocco della contrattazione collettiva e degli incrementi dell’indennità di vacanza contrattuale per il 2013 e il 2014, è prevista anche la cancellazione dell’utilità del 2013 ai fini della progressione economica di carriera (i cosiddetti gradoni).
E gli effetti più devastanti si avrebbero soprattutto per quest’ultima previsione. Il perché è presto detto. Il blocco della contrattazione collettiva per altri due anni avrebbe come effetto immediato la preclusione dell’adeguamento delle retribuzioni al costo della vita nel biennio. Ma tale effetto verrebbe, per così dire, «attutito» dall’applicazione dell’indennità di vacanza contrattuale. Che consente di recuperare annualmente circa la metà del tasso di inflazione programmata.
E comunque, eventuali rinnovi contrattuali, per quanto tardivi, non precluderebbero il recupero totale, di fatto, di quanto è andato perduto finora. Perlomeno in via meramente teorica. Anche il blocco del ricalcolo dell’indennità di vacanza contrattuale, in seguito, potrebbe essere comunque sanato.
Non così, invece, per la cancellazione dell’utilità del 2013, che comporterebbe un ulteriore ritardo di un anno nella maturazione della progressione stipendiale. Il tutto con danni strutturali nell’ordine di circa 1000 euro mensili, circa 4mila euro in meno sulla liquidazione ed effetti sull’importo della pensione.
Va detto, inoltre, che sebbene governo e sindacati abbiano già trovato una soluzione per la reintegrazione dell’utilità del 2010 e del 2011, la strada per il recupero del 2012 appare tutta in salita. E la cancellazione del 2013 complicherebbe ulteriormente le cose. Tanto più che saremmo di fronte ad una progressiva decontrattualizzazione dell’unica materia che non era stata rilegificata dal governo Berlusconi con la legge 15/2009 e con il decreto Brunetta.
La cancellazione dell’utilità del quadriennio 2010-2013 ai fini dei gradoni (il triennio 2010-2012 con il decreto legge 78/2010 e il 2013 con il regolamento al vaglio del senato) costituisce, infatti, una vera e propria riduzione dell’importo delle retribuzioni. Perché nel comparto scuola la progressione economica di carriera non corrisponde a mutamenti di qualifica. Quanto, invece, ad una diversa quantificazione degli importi stipendiali diretta a valorizzare l’esperienza accumulata sul campo.
Bloccare i gradoni significa, quindi, ridurre i fondi complessivamente spettanti all’intera categoria e, di conseguenza, ridurre l’importo delle retribuzioni dovute secondo il contratto attualmente in vigore. Il tutto lasciando intatti i fondi destinati all’accessorio. In altre parole, il governo, anziché ridurre i fondi da destinare alla copertura del lavoro straordinario, che per loro natura sono previsti per la copertura finanziaria di prestazioni solo eventuali, ha tagliato e sta per tagliare risorse necessarie ad onorare debiti retribuitivi derivanti dall’erogazione del lavoro ordinario. E cioè derivanti dall’adempimento della prestazione obbligatoria ordinariamente connessa alla realizzazione della funzione.
da ItaliaOggi 04.06.13