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Mozione Pd concernente iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne

La Camera, premesso che:
la comunità internazionale già si è mossa da tempo in relazione al tema della violenza sulle donne con la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna del 1979, la dichiarazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne del 1993, la risoluzione del 20 dicembre 1993 sull’eliminazione della violenza nei confronti delle donne, la risoluzione del 19 febbraio 2004 sull’eliminazione della violenza domestica nei confronti delle donne, la risoluzione del 20 dicembre 2004 sulle misure da adottare per eliminare i delitti d’onore commessi contro le donne e la risoluzione del 2 febbraio 1998 sulle misure in materia di prevenzione dei reati e di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne;
    fra le iniziative più importanti, si segnalano anche la piattaforma per l’azione approvata dalla IV conferenza mondiale sulla donna dell’ONU a Pechino nel 1995, la conferenza mondiale di Stoccolma contro lo sfruttamento sessuale dei minori del 1996, la risoluzione dell’Assemblea mondiale della sanità «Prevenzione della violenza: una priorità della sanità pubblica» del 1996, nella quale l’Organizzazione mondiale della sanità riconosce la violenza come problema cruciale per la salute delle donne, la risoluzione (n. 52 del 1986) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla «Prevenzione dei reati e misure di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne», solo per citare le iniziative più importanti;
    il Parlamento europeo si è ripetutamente espresso sul tema con la risoluzione del 2 febbraio 2006 sulla situazione nella lotta alla violenza contro le donne ed eventuali azioni future; la risoluzione del 17 gennaio 2006 sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, vulnerabili allo sfruttamento sessuale; la risoluzione del 24 ottobre 2006 sull’immigrazione femminile: ruolo e condizione delle donne immigrate nell’Unione europea;
    la Commissione europea con la Carta delle donne 2010 ha introdotto, nella strategia di attuazione della parità di genere, anche la lotta e il contrasto alla violenza contro le donne;
    il Consiglio dell’Unione europea nel 2004 ha adottato una direttiva (n. 2004/80/CE) relativa all’indennizzo delle vittime di reato che, al paragrafo 2 dell’articolo 12, stabilisce che: «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime»; nel patto europeo per la parità di genere 2010-2015, inoltre, ha evidenziato la stretta connessione tra la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e la Carta delle donne 2010 della Commissione europea, ribadendo la centralità della lotta alla violenza di genere per un «rafforzamento democratico ed economico dell’Unione»;
    l’Italia ha ratificato fin dal 1985 la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1979, impegnandosi ad adottare «misure adeguate per garantire pari opportunità a donne e uomini in ambito sia pubblico che privato». Le ultime raccomandazioni del Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne al nostro Paese sono state fatte in occasione della quarantanovesima sessione di valutazione, tenutasi nel luglio 2011 presso le Nazioni Unite a New York, e sono state pubblicate il 3 agosto 2011;
    il rapporto ombra elaborato dalla piattaforma «Lavori in corsa: 30 anni CEDAW», presentato il 17 gennaio 2012 alla Camera dei deputati, insieme alle raccomandazioni del Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne, riferisce che la violenza maschile sulle donne è la prima causa di morte per le donne tra i 16 anni e i 44 anni in tutta Europa e nel mondo e, in Italia, più che altrove. Nel nostro continente ogni giorno 7 donne vengono uccise dai propri partner o ex partner;
    il primo rapporto dell’ONU tematico sul femminicidio, presentato il 25 giugno 2012, frutto del lavoro realizzato in Italia dalla special rapporteur Rashida Manjoo, afferma che «Il continuum della violenza nella casa si riflette nel crescente numero di vittime di femminicidio in Italia». Il rapporto sottolinea che, nel nostro Paese, gli stereotipi di genere sono profondamente radicati e predeterminano i ruoli di uomini e donne nella società. Analizzando i dati relativi alla presenza nei media, il 46 per cento delle donne appare associato a temi quali il sesso, la moda e la bellezza e solo il 2 per cento a questioni di impegno sociale e professionale;
    il legislatore italiano si è attivato dando nuovo impulso alla riforma della normativa in questo settore, approvando, ad esempio, la legge 15 febbraio 1996, n. 66 «Norme contro la violenza sessuale», la legge 3 agosto 1998, n. 269 «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù»; la legge 5 aprile 2001, n. 154 «Misure contro la violenza nelle relazioni familiari»; il decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, la cosiddetta «legge anti-stalking»;
    il 27 settembre 2012, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore, con delega alle pari opportunità, ha firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011 (Convenzione d’Istanbul);
    secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero dell’interno, nel 2011 in Italia ci sono stati 160 omicidi le cui vittime erano donne, di questi 84 compiuti per mano di partner o ex partner. Secondo una stima, sono state 124 le donne uccise nel 2012 e 35 le vittime nei primi mesi del 2013. Per quanto riguarda i dati sulla violenza sulle donne, forniti dalle forze dell’ordine al Ministero dell’interno, essi sono parziali, trattandosi di dati basati sulle denunce. Secondo fonte Istat il 93 per cento di questi fenomeni restano nel sommerso;
    quanto sinora esposto porta a considerare la violenza di genere come un fenomeno di carattere universale, un atto discriminatorio che nega alle donne – o riduce – il semplice godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali; per violenza si devono, pertanto, intendere tutte quelle azioni verbali, fisiche, sessuali, psicologiche, economiche o morali che intendono colpire le donne e ricondurle ad una posizione di inferiorità e dipendenza;
    la violenza contro le donne riguarda tutti i ceti sociali e colpisce donne di tutte le età, etnie, religioni e, in alcuni, casi può assumere il drammatico aspetto di violenza contro bambine;
    alla base della violenza di genere vi è la concezione di impari rapporti di potere fra uomini e donne che minano le basi democratiche della società stessa; per questo un’efficace lotta alla violenza contro le donne non può prescindere dal coinvolgimento degli uomini e da un forte contrasto delle diseguaglianze economiche e sociali tra i generi e una vera e propria rivoluzione culturale sull’eguaglianza;
    nonostante la produzione normativa internazionale, europea e nazionale atta a contrastare la violenza di genere, i fatti di cronaca dimostrano l’incapacità di incidere efficacemente nella regressione del fenomeno,

impegna il Governo:

   nell’ambito delle sue competenze, ad adottare, sostenere ed accelerare ogni iniziativa normativa volta ad adeguare l’ordinamento interno alle prescrizioni contenute nella Convenzione d’Istanbul, nel rispetto dello spirito della stessa, che si fonda sulle linee guida necessarie ad un’efficace lotta alla violenza di genere: prevenzione, protezione, repressione, monitoraggio e integrazione delle singole politiche;
   a provvedere alla formazione specializzata di tutti quegli operatori sociali, sanitari o giudiziari che vengono a contatto e prestano assistenza alle vittime;
   ad assumere iniziative per rendere omogeneo lo sviluppo di servizi idonei all’assistenza alle vittime di violenza sessuale e domestica presso i pronto soccorso ospedalieri come ambito privilegiato per l’apertura di sportelli dedicati in cui sia presente personale specializzato, dedicato alla presa in carico delle vittime di violenza, in stretto collegamento con la rete territoriale e che costituiscano il punto di riferimento nell’emergenza;
   a prevedere l’obbligo per questure e commissariati della presenza, nei propri uffici, di una quota di personale, titolare di una formazione specifica in materia di delitti contro la personalità individuale e la libertà sessuale, competente a ricevere le denunce o querele da parte di donne vittime di tali reati;
   ad individuare programmi di assistenza specifica dei minori che siano stati vittime, anche se indirettamente, di fenomeni di violenza domestica;
   a promuovere l’adozione di un codice di deontologia recante principi e prescrizioni volti a tutelare, nell’esercizio dell’attività giornalistica, nell’ambito della comunicazione pubblicitaria, nella costruzione dei palinsesti televisivi e radiofonici, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile, nonché a prevenire ogni forma di discriminazione di genere e di femminicidio;
   ad individuare tutte le risorse economiche finanziarie atte a ripristinare il fondo contro la violenza alle donne, istituito dall’articolo 2, comma 463, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), finalizzato alla prevenzione, all’informazione e alla sensibilizzazione nei confronti del fenomeno della violenza contro le donne, nonché al sostegno finanziario dei centri antiviolenza e delle case-rifugio;
   a rendere piena e concreta l’attuazione della direttiva 2004/80/CE e, in particolare, dell’articolo 12, paragrafo 2, predisponendo iniziative per l’istituzione di un fondo per l’indennizzo delle vittime dei reati a sfondo sessuale;
   ad istituire in tempi rapidi un osservatorio permanente sulla violenza contro le donne, nel quale convergano flussi stabili di dati sulla violenza, provenienti dai vari Ministeri coinvolti, dall’Istat, dai centri antiviolenza e da soggetti pubblici e privati;
   a predisporre, insieme alle regioni e agli altri enti locali, un piano nazionale contro la violenza di genere sulle donne, di concerto con la Conferenza unificata;
   ad istituire un tavolo interministeriale al fine di affrontare il femminicidio da tutti i punti di vista, approntando anche progetti integrati che garantiscano una maggiore incisività nella prevenzione e nel contrasto al problema della violenza di genere;
   ad approntare una campagna di sensibilizzazione che spinga sempre più donne vittime di violenza a denunciarne gli episodi e a promuovere nell’inserimento nei programmi scolastici l’educazione alla relazione al fine di sensibilizzare gli studenti e prevenire la discriminazione di genere e la violenza;
   ad assumere iniziative normative per estendere la sfera di applicazione del permesso di soggiorno, di cui all’articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, anche alle donne vittime di violenza;
   ad attuare il programma contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani e per la tutela delle vittime;
   a presentare alle Camere con cadenza annuale una relazione sullo stato d’attuazione della normativa in materia di violenza di genere, femminicidio, stalking, e delle iniziative poste in essere da tutti i soggetti coinvolti.
(1-00039)
(Nuova formulazione) «Speranza, De Micheli, Giacomelli, Grassi, Martella, Velo, Bellanova, De Maria, Fregolent, Garavini, Pollastrini, Rosato, Mauri, Roberta Agostini, Amoddio, Antezza, Arlotti, Bazoli, Biffoni, Biondelli, Bonaccorsi, Bonafè, Braga, Paola Bragantini, Brandolin, Campana, Carnevali, Cimbro, Cuperlo, Ermini, Ferranti, Gasparini, Giuliani, Greco, Gribaudo, Gullo, Ghizzoni, Lenzi, Leonori, Madia, Malpezzi, Manfredi, Magorno, Marroni, Marzano, Mazzoli, Miotto, Mogherini, Mongiello, Montroni, Moretti, Mosca, Murer, Nardella, Orfini, Paris, Pes, Petitti, Giorgio Piccolo, Piccoli Nardelli, Picierno, Giuditta Pini, Quartapelle Procopio, Raciti, Rossomando, Sbrollini, Scalfarotto, Scuvera, Sereni, Tartaglione, Tidei, Valeria Valente, Vazio, Verini, Villecco Calipari, Zappulla».

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Intervento di
MICHELA MARZANO. Signora Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, oggi vorrei cominciare con una citazione da Italo Calvino: «L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare, e dargli spazio».
  Nell’inferno delle violenze contro le donne che abitiamo tutti giorni, non possiamo limitarci ad accettarlo diventandone parte fino al punto di non vederlo più. Dobbiamo combatterlo e dobbiamo farlo da un punto di vista non solo personale, ma anche istituzionale. Dobbiamo combatterlo e dobbiamo farlo non solo proteggendo le vittime e punendo i colpevoli ma anche e soprattutto attraverso la cultura e la forza della ragion critica. Quel pensiero critico che, come ci hanno insegnato tra gli altri Theodor Adorno e Hannah Arendt, permette di fare a pezzi i pregiudizi, gli errori, i compromessi, le scuse, l’oscurantismo, i ritardi, le ingiurie, la banalità, in una parola, le radici della violenza. Solo il pensiero critico permette di riconoscere chi e che cosa in mezzo all’inferno – per riprendere Calvino – non è inferno. La violenza non la si può eliminare del tutto, l’ho già detto la settimana scorsa, qui in Aula. Però, la si può contenere e prevenire e per farlo abbiamo uno strumento importantissimo: l’educazione. Educazione, educazione e ancora educazione: dobbiamo far capire a tutti e tutte, fin da piccoli, che il proprio valore è intrinseco e non strumentale, che ogni persona, a differenza delle cose che hanno un prezzo, non ha mai un prezzo, ma una dignità e che la dignità non dipende da quello che gli altri pensano di noi, da quello che gli altri ci dicono, da quello che gli altri ci fanno. Questo è lo spirito critico che dobbiamo far crescere nelle future generazioni. Fino a quando una donna crescerà convinta che il proprio valore dipende dallo sguardo che gli uomini portano su di lei e dai giudizi che piovono sul proprio comportamento, ebbene la donna non saprà che la dipendenza che la lega ad un uomo è la stessa dipendenza che ci lega tutti ai nostri simili e che dipendere non vuol dire assoggettarsi e che l’assoggettamento rende schiavi, e concludo.
Étienne de la Boétie, l’amico di Montaigne, ci ha spiegato i meccanismi della servitù volontaria: ogni essere umano aspira alla libertà, ma che non ha mai conosciuto la libertà come fa a capire che la propria condizione di schiavitù non è frutto della necessità o della natura, ma solo quello della dominazione violenta e ingiustificata altrui ? Non si può combattere la violenza se non si educano le ragazze alla consapevolezza del proprio valore e della propria libertà, esattamente come non si può combattere la violenza se non si educano i ragazzi alla consapevolezza del valore delle libertà altrui.
Educare, educare, ancora educare, modificando i manuali scolastici e formando gli educatori: tutto parte da lì, nonostante il disprezzo attuale per la cultura, ingolfati come siamo in un mondo del fare, che, senza pensiero, è solo un agitarsi cieco e sordo a ciò che ci rende umani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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Intervento di SIMONA FLAVIA MALPEZZI.
Signora Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, mentre noi qui, una settimana fa, votavamo la ratifica della Convenzione di Istanbul e ricordavamo anche la drammatica vicenda di Fabiana, l’ennesima vittima di femminicidio, giovanissima, adolescente, vittima di un altro adolescente, altri adolescenti venivano invece premiati dalla provincia di Milano per il concorso di cortometraggio »Rompere il silenzio. Stop alla violenza di genere«, che ha visto protagonisti i centri di aggregazione giovanili e scuole superiori proprio della provincia.
  Al di là dell’orgoglio personale, perché i primi posti sono stati occupati dalle espressioni educative del territorio da cui provengo, l’Adda Martesana (al primo posto il Centro di aggregazione giovanile »Labirinto« di Cernusco, seguito dal »Nautilus« di Cassina e, a pari merito, il Liceo scientifico »Giordano Bruno« di Melzo e il Centro giovanile »Costellazioni Sirio« di Cologno Monzese), rimane il fatto che questi risultati sono il frutto delle buone politiche rivolte ai giovani, ma che non possono essere semplicemente lasciate alla buona volontà e alla caparbietà degli amministratori locali, che lottano quotidianamente perché non hanno fondi, ma che non tagliano di un euro le politiche giovanili, perché ci credono. Queste non devono essere le eccezioni, ma la norma !
  Ed ecco, noi, anche alla luce della ratifica della Convenzione di Istanbul, dobbiamo farci garanti di questa norma, dobbiamo impegnarci affinché vengano stanziati i finanziamenti per potenziare tutti i percorsi didattici di educazione alla relazione, ma anche di peer education, di quella educazione tra pari, o meglio, di quella prevenzione tra pari, che funziona perché i giovani hanno credibilità tra i giovani, perché queste attività educative mirano a potenziare nei pari le conoscenze, gli atteggiamenti, le competenze che consentono di compiere gesti responsabili e consapevoli.
  Tali progetti, però, funzionano solo se contestualizzati in una rete sociale e politica. Scuola, servizio sanitario, istituzioni locali svolgono un ruolo fondamentale e indispensabile. La pluralità di competenze necessarie diventa insostenibile se ne manca anche una sola e noi non possiamo permetterci che sia proprio lo Stato la parte mancante.
  È anche per questo che chiederò il patrocinio per il video vincitore del CAG »Labirinto« di Cernusco sul Naviglio – che poi è uno spot contro la violenza di genere – e lo chiederò alla Presidenza del Consiglio dei ministri, affinché questo cortometraggio possa circolare: sono i ragazzi che parlano ai ragazzi, sono i coetanei che parlano ai loro coetanei.
  Solo credendoci, investendo e collaborando, riusciremo a realizzare quella rivoluzione culturale che potrà scardinare quei retaggi di subalternità che ancora oggi – e ne abbiamo purtroppo gli esempi – rischiano di mascherare la violenza come gesto d’amore, giustificandola come forma di gelosia e quindi rendendola accettabile.
I ragazzi della CAG » Labirinto« lo dicono chiaro nel loro video:»Chi ti ama, non ti mena«. Grazie (Applausi).

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