Il lavoro su cui la nostra repubblica «è fondata» sta diventando sempre più un obbiettivo difficile da raggiungere, specialmente per i giovani. Su questo, ancora una volta, a poche ore dalla celebrazione del 2 giugno, il presidente della Repubblica ha voluto ripetere il suo allarme, divenuto sempre più acuto man mano che l’uscita dalla crisi economica appare difficile. E la cui immediata conseguenza è quella di allontanare dall’Italia tante fondamentali energie, certamente quei ragazzi che non possono contare su una raccomandazione «un piccolo tassello del problema» ma sempre «una pratica da combattere e sradicare ». «Dobbiamo essere una Repubblica all’altezza dell’articolo 1 della Costituzione » ha detto Il presidente Napolitano, in un colloquio con il direttore del Tg5 Clemente Mimun, evocando il confronto che ci fu in Costituente per arrivare alla stesura finale di quel primo articolo. «Ebbe grande significato, si discusse moltissimo e si scelse questa dizione anziché l’altra “una Repubblica dei lavoratori”. “Fondata sul lavoro” è qualcosa di più, significa che c’è un principio regolatore a cui si devono uniformare tutti gli attori sociali e tutte le rappresentanze politiche».
UNA GENERAZIONE A RISCHIO Il lavoro, dunque. Il lavoro dei giovani, innanzitutto. Altrimenti il rischio è di doversi misurare con la disaffezione e la sfiducia di un’intera generazione che rischia di essere «perduta». «Si deve innanzitutto garantire la massima attenzione da parte delle Istituzioni – Governo, Parlamento e anche Regioni ed Enti locali – per la condizione dei giovani che rischia davvero di essere molto critica: ci si sente privi di prospettive, e si deve reagire anche a questo stato d’animo, a questa deriva psicologica. Certamente non bastano le assicurazioni, ma intanto credo che già solo il mettere l’accento sul problema serva, e poi occorrono decisioni, scelte concrete come quelle di cui proprio in questo momento si sta parlando in Italia e in Europa» poiché la disoccupazione giovanile non è un problema solo italiano. Ha ricordato, infatti, Napolitano che «il più importante settimanale internazionale di economia, The Economist, è uscito con una copertina e un editoriale il cui titolo è “Una generazione senza lavoro”: si parla di 26 milioni di giovani solo nei Paesi del mondo cosiddetto ricco che non sono più nel processo formativo, non stanno facendo addestramento e non hanno lavoro; nell’insieme, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha fatto la cifra di 75 milioni di giovani disoccupati, qualcosa di simile alla popolazione di un grande paese. La verità è che sono cambiate le tecnologie, sono cambiati i termini della competizione, si è colto molto in ritardo il rischio di un dilagare della disoccupazione giovanile sia in Occidente sia anche nei Paesi emergenti o in una parte di essi». Il governo sta lavorando su questo tema ed il presidente, quindi, ha scelto di non entrare nel merito delle prossime decisioni, tra esse la staffetta generazionale, che dovranno avere però un solido fondamento. «È da seguire con grande serietà l’esperienza che si sta facendo in Francia, dove anche il Presidente Hollande ne ha parlato di recente: si dà rilievo ai cosiddetti “contratti di generazione”, il passaggio del testimone da un anziano a un giovane nei luoghi di lavoro. Vedremo se ci sono le condizioni per fare qualcosa di simile anche in Italia, ma lo vedrà l’esecutivo». Intanto molti giovani lasciano l’Italia e vanno all’estero per avere una occupazione. «Una perdita secca» la definisce il presidente che ha aggiunto: «Credo si tratti di una reazione naturale alle difficoltà che si incontrano in Italia, e penso, in modo particolare, a giovani che coltivano campi di ricerca anche dopo la laurea e non hanno possibilità di sbocco qualificato. Naturalmente è una libera scelta quella di cercare all’estero opportunità di lavoro che spesso si trovano davvero in misura maggiore e in modo più semplice che in Italia. La questione è creare le condizioni perché possano tornare, e in questo senso varie norme di legge già sono state approvate: una in particolare per iniziativa di due parlamentari (allora erano semplici parlamentari) degli opposti schieramenti, l’onorevole Enrico Letta, attualmente Presidente del Consiglio, e l’onorevole Maurizio Lupi, attualmente Ministro del governo Letta». Ed ai giovani che si vedono superare da coetanei meno dotati ma più raccomandati cosa si può dire? «Il problema della disoccupazione giovanile ha delle dimensioni tali che non è scalfito se non in misura irrilevante dall’assunzione per raccomandazione. La verità è che ci sono milioni e milioni di giovani che, né con la raccomandazione, né senza raccomandazione, riescono a trovare lavoro».
L’Unità 31.05.13