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Boldrini: Dare pienezza a Convenzione Istanbul Ratifica è solo primo passo, poi risorse per attuarla

La Convenzione di Istanbul la cui ratifica sarà votata la prossima settimana dal Parlamento italiano è un “passaggio importante” ma bisogna trovare le risorse per darle pienezza; è questo il primo intervento legislativo in materia di tutela delle donne a cui pensa la presidente della Camera Laura Boldrini, intervenuta oggi all’Audit nazionale sulla violenza di genere promosso dalla ministra per le Pari Opportunità Josefa Idem.

“Il 27 e il 28 si approverà la ratifica della Convenzione di Istanbul” ha sottolineato Boldrini parlando con TMNews, “un passaggio importante. Ma per dare pienezza a questa convenzione bisognerà dare seguito con l’implementazione di quello che prevede la convenzione stessa e trovare anche le risorse per metterlo in atto, altrimenti rischia di rimanere una scatola vuota. Io mi auguro che sia il primo passo per arrivare ad aprire questa scatola con tutti i contenuti che sono richiesti dalla Convenzione”.

La Convenzione di Istanbul, che ha bisogno di dieci ratifiche dei paesi firmatari per entrare in vigore, vincola giuridicamente gli Stati in materia di violenza sulle donne e violenza domestica, con misure di prevenzione e definizione di diverse forme di violenza di genere, nonché dando norme sui procedimenti penali per i colpevoli.

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Incontro sulla violenza di genere
Intervento del Presidente Grasso presso la sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Gentili ospiti,

ho accolto con piacere l’invito del Ministro per le Pari Opportunità, che desidero ringraziare per aver organizzato questo incontro e per la sua forte e sincera volontà di contrastare ogni forma di violenza contro le donne.
Quella di oggi è un’occasione preziosa per riflettere su un fenomeno che ha ormai assunto le dimensioni di una vera e propria emergenza sociale: la violenza di genere. Sono pienamente consapevole e preoccupato di questo fenomeno in tutte le sue forme, dal sessismo di certe affermazioni considerate “leggere” alle offese e alle minacce, dall’uso che purtroppo sta diventando frequente anche nel nostro paese dell’acido come forma di sfregio ai troppi casi di femminicidio.

Ho più volte sostenuto che dobbiamo affrontare questa emergenza in maniera globale e sotto ogni aspetto, non solo repressivo ma anche preventivo, con il coinvolgimento di tutti i saperi che possano contribuire a una maggior tutela, per garantire la sicurezza, la vigilanza nelle strade, luoghi di aggregazione sul territorio, un’urbanistica ripensata tenendo conto della sicurezza dei cittadini, ma senza dimenticare l’importanza della reazione sociale, del cambiamento culturale e della piena attuazione delle misure legislative, ove non occorrano nuove norme.
Ogni condotta che mira ad annientare la donna nella sua identità e libertà – non soltanto fisicamente, ma anche nella sua dimensione psicologica, sociale e lavorativa – è una violenza di genere. Lo ripeto perché sia chiaro di cosa stiamo parlando. Le cose vanno chiamate con il loro nome.

Non si tratta solo degli omicidi e delle lesioni gravi da parte di partner o ex partner. Ci sono donne che subiscono quotidianamente maltrattamenti, violenze sessuali e psicologiche, minacce e molestie. Donne alle quali viene negato l’accesso all’istruzione o al mondo del lavoro e che, essendo in condizioni di dipendenza economica, non riescono ad allontanarsi da un contesto relazionale di rischio. Donne che, trovata la forza di uscire da situazioni di questo tipo, non incontrano il sostegno sociale e istituzionale necessario per ricostruire la propria vita.
Non dobbiamo dimenticare che molte delle vittime di omicidio o lesioni gravi avevano già denunciato episodi di violenza o di maltrattamento. Altre, invece, non avevano mai chiesto aiuto, per sfiducia nelle istituzioni, per mancanza di mezzi o per una pericolosa sottovalutazione delle violenze subite.
Per la complessità delle sue ragioni e per la pluralità delle sue manifestazioni, la violenza contro le donne può essere combattuta solo con una strategia condivisa e coordinata. Il tema della violenza verso le donne deve essere inserito tra le priorità dell’agenda politica del Parlamento e dell’azione del Governo. Sono necessari interventi mirati in ambito giudiziario, sanitario e culturale, che vanno definiti e attuati in sinergia con le associazioni e gli enti di volontariato.

Per contrastare efficacemente questa deriva ritengo essenziale garantire alle vittime una protezione efficace sin dai primi atti penalmente rilevanti. Ciò consentirebbe, da un lato, di prevenire offese ulteriori e più gravi, con un crescendo di intensità che spesso culmina nell’omicidio; dall’altro, faciliterebbe l’emersione di sopraffazioni, che in troppi casi vengono tenute nascoste dalle stesse vittime per paura o per vergogna.
Come presidente del Senato ho già assicurato il massimo impegno affinché venga costituita la commissione parlamentare, concordemente richiesta da tutte le forze politiche, al fine di studiare il fenomeno del femminicidio per delineare analisi, interpretazioni e adeguate soluzioni.
Un passo deciso in questa direzione può essere compiuto con un adeguamento del nostro ordinamento giuridico ai più innovativi strumenti di tutela dei diritti delle donne, dobbiamo investire nella prevenzione e nella protezione delle vittime, dobbiamo prevedere misure di sostegno medico, psicologico e legale alle vittime e azioni istituzionali di prevenzione nel settore educativo e dell’informazione.
Perché, se è indifferibile l’approvazione di ogni norma necessaria, occorre nel contempo acquisire la consapevolezza che la violenza contro le donne è socialmente, prima ancora che penalmente, inaccettabile. Di questo dobbiamo parlare, su questo vanno sensibilizzati i ragazzi e le ragazze. Perché maturi una sensibilità diffusa e profonda sul tema della violenza di genere. È necessaria una reazione di condanna forte e chiara. Non esiste tolleranza né giustificazione alcuna per le condotte che ledono i diritti delle donne, e la consapevolezza condivisa della gravità del problema, come spesso succede nel campo dei comportamenti sociali, è il presupposto indispensabile perché davvero, un giorno, cambino le cose.