La piazza della Fiom? Sbagliato dire che il Pd non c’era. C’erano tanti esponenti del nostro partito, da Cofferati a Orfini», spiega Stefano Fassina, viceministro dell’Economia. «In passato, quando eravamo all’opposizione, la nostra presenza in quelle piazze era più significativa, io stesso ci ero andato. Ma oggi le risposte alle domande di quel popolo, che restano fondative per noi, dobbiamo provare a darle dal governo. È questo il banco di prova su cui il nostro popolo e i nostri elettori ci misureranno».
Il tema di quella piazza era il lavoro. Il premier Letta dice che la priorità è il lavoro. Su questo fronte che risposte pensa che potrà questo governo?
«Con il Consiglio dei ministri di venerdì abbiamo mosso i primi passi. Un miliardo per la cassa integrazione in deroga, circa 100 milioni per i contratti di solidarietà che riguarderanno decine di migliaia di persone, il rinnovo dei contratti precari in scadenza nella Pubblica amministrazione che riguardano altre decine di migliaia di persone».
E adesso cosa farete? Quali saranno le priorità di qui a fine state?
«Il nodo del problema è a Bruxelles, dobbiamo correggere la politica macro-economica dell’eurozona. Altrimenti non si inverte la tendenza alla recessione e l’emorragia di posti di lavoro. La principale trincea del lavoro è questa. Nella situazione in cui ci troviamo, le regole del mercato del lavoro e anche gli incentivi sono molto marginali per l’obiettivo di creare nuova occupazione. Bisogna innanzitutto fermare l’austerità che soffocal’economia e fa aumentare il debito pubblico. Non dico che non faremo correzioni alla legge Fornero, ma non è quello il punto principale. Bisogna sostenere la domanda pubblica e privata, altrimenti non c’è ripresa. Questo non vuol dire che lasceremo intatte le riforme Fornero: dobbiamo risolvere la questione degli esodati, regolare i contratti flessibili, modificare i contributi per le partite Iva, gli ammortizzatori sociali e le politiche per la formazione».
Nel dettaglio, quando parla di correzioni di rotta macroeconomiche a cosa si riferisce?
«Si deve arrivare a una completa unione bancaria, ai project bond per finanziare gli investimenti, a una “golden rule” che consenta di non contabilizzare nel deficit le spese per investimenti produttivi. Più che puntare alle agevolazioni fiscali per l’assunzione di giovani, sarebbe più utile un piano di messa in sicurezza di scuole e ospedali, da almeno 10 miliardi. Queste misure anticicliche di tipo keyne- siano devono andare di pari passo con la risoluzione dei nodi che citavo a livello europeo. Le due cose si tengono».
Che tempi vi date?
«Il Consiglio europeo di giugno sarà decisivo, anche per stabilire le politiche nazionali. Sarà quella la sede per capire quali saranno gli spazi di manovra per sostenere l’occupazione, soprattutto quella giovanile. Noi puntiamo in primo luogo alla chiusura della procedure per deficit eccessivo».
Pensa che questo basti a rispondere alle domande pressanti dei vostri elettori? «Abbiamo dato con il decreto di venerdì scorso i primi segnali in controtendenza. Ma siamo di fronte a problemi drammatici che non si risolvono con la bacchetta magica. Da parte di nessun governo. Scorciatoie non ce ne sono».
È giusto concentrarsi sull’Imu? C’è il rischio di togliere risorse al lavoro?
«Noi siamo riusciti a evitare che nella sospensione ci fossero anche le case di lusso. Il Pd aveva già da tempo proposto di innalzare la detrazione sulla prima casa a 400 euro. Si potrebbe lasciare l’Imu per il 15% di immobili di maggior valore.
E con i 2 miliardi di gettito si potrebbe bloccare l’aumento dell’Iva a luglio». Crede davvero che l’aumento dell’Iva si possa ancora bloccare?
«I margini di manovra sono molto stretti, ma ci si può lavorare. Bloccare l’aumento dell’Iva eviterebbe un ulteriore colpo alle famiglie e alle imprese».
Per le altre famiglie l’Imu prima casa sarebbe cancellata?
«Sì, per l’85% delle famiglie sarebbe cancellata».
Lei era stato uno dei più critici rispetto all’ipotesi di un governo col Pdl. È giusto dire che il Pd sta pagando il prezzo più alto per il sostegno a questo governo? «Certamente, nel nostro elettorato c’è grande preoccupazione. La sfida ce la giochiamo tutta sui risultati, non sulla retorica dell’inciucio che porta avanti Grillo, in una chiave reazionaria».
Col Pdl c’è una reale possibilità di intesa sulle politiche da proporre in Europa? «Secondo me sulle sfide europee l’intesa è possibile, soprattutto sulla priorità di una correzione di rotta macroeconomica. Non dimentico che è stato il governo Berlusconi a firmare gli accordi sul pa- reggio di bilancio nel 2013. E tuttavia va preso atto che oggi il Pdl ha cambiato impostazione su questo punto».
Meglio il governo Pd- Pdl che quello dei professori?
«C’è una differenza fondamentale. Questo governo ha una maggiore consapevolezza del fallimento delle politiche di austerità e di svalutazione del lavoro. Lo dico anche a chi nel Pd ha sostenuto che l’agenda Monti dovesse essere l’agenda del Pd, e oggi ripropone per Chiamparino e Renzi le ricette del Lingotto. In quella piattaforma in primo piano c’era la maggiore flessibilità del mercato del lavoro e una prospettiva tutta microeconomica che era inadeguata nel 2007 e oggi lo è ancora di più. Non a caso l’agenda Monti è stata spazzata via dagli elettori». Epifani polemizza con Sel e Fiom. Lei vede margini di ricucitura con Vendola? «Vendola deve capire che il Pd si è assunto la responsabilità di provare a dare risposte. Stare a fianco dei lavoratori che soffrono è necessario ma non basta. Confido che anche sul merito dei provvedimenti economici e sociali si possa coinvolgere tutto il centrosinistra».
L’idea di un cambio di maggioranza e di un governo con Sel e un pezzo di M5S la incuriosisce?
«Mi pare un’ipotesi a oggi del tutto irrealistica».
L’Unità 20.05.13